Roghi nel Salento e narrazioni tossiche – Continua l’analisi

Segue dalla prima parte.

In quest’articolo vediamo di analizzare un aspetto significativo per comprendere il fenomeno dell’aumento dei roghi nel Salento, in particolare di ulivi: la comunicazione mediatica, la quale usa sovente tecniche per eludere la critica, confondere cause e condizioni,  far passare certi concetti. Tuttavia tanto va la gatta al lardo, prima o poi lo zampino ce lo lascia e dalla narrazione mediatica (dominante) emergono i rapporti di forza che influenzano ciò che ho definito la “scientificità dei roghi”. Nel prossimo articolo ci concentreremo sull’analisi delle casistiche degli incendi, per poi guardarle dall’interno, una ad una, e cercare di comprendere i motivi dell’aumento del numero di roghi nel Salento.

Prima di passare all’analisi delle ultime cronache in fatto di incendi di ulivi (e roghi nel Salento, più in generale) concentriamoci un attimo per provare ad abbozzare una definizione del concetto di scientificità dei roghi, che ho mancato di definire nel primo articolo. La definizione ci tornerà utile per comprendere l’analisi dominante che, a quanto pare, sta dando i suoi frutti nel confondere le idee.

Definizione di rogo scientifico

I roghi boschivi (o nelle campagne) sono detti scientifici quando seguono un metodo e/o criteri rigorosi ed esatti, all’interno di due assi: quelli del tempo e dello spazio. Ossia caratterizzati da frequenza temporale in uno specifico territorio (nel caso concreto: la provincia di Lecce) e non altri. Infine, quando, sulla base anche di sommarie analisi del nesso di causalità, considerando lo stato dei luoghi, nonché sulla base dell’analisi dei racconti dei fatti, prevale l’elemento del dolo su quello della colpa e/o accidentalità.

Dunque, per capirci, un rogo è scientifico se è doloso, si concentra su una determinata zona, che viene colpita quotidianamente, palmo palmo, concentrandosi specificatamente su determinate piante, in particolare sugli ulivi. Che, a volte, vengono bruciati anche singolarmente.

Teniamo a mente la definizione (o, quantomeno, una sua bozza), che ci tornerà utile nel comprendere meglio sia la cronaca locale sia i fatti che racconterò nel prosieguo di quest’articolo.

Spiegazione del contesto

Come accennato nella prima parte, i roghi nel Salento ci sono sempre stati. Per un motivo o per un altro (motivi che vedremo nel prossimo articolo) l’estate è sempre stata caratterizzata da incendi. Solo non sono mai stati scientifici. Il fenomeno dell’abbandono delle campagne è vecchio.  Saranno ormai 20 anni e passa che molte campagne sono state abbandonate e, quindi, l’erba cresceva e poi, con i caldi, seccava.

Solo non bruciava tutto.

A dirla tutta, anche gli ulivi sono secchi da diverso tempo. In misura maggiore o minore in base alle zone dove hanno iniziato a seccare prima. Nel gallipolino, per esempio, gli alberi di ulivo hanno iniziato a seccare, gradualmente, tra il 2005 e il 2013, anno in cui il fenomeno era più evidente. A macchia di leopardo, i disseccamenti degli ulivi si sono verificati, dal 2014 in poi, a Sternatia, Caprarica, Trepuzzi, Casarano, Ruffano, per poi, tra il 2017 e il 2018, verificarsi nelle zone di Veglie, Porto Cesareo, Salice Sal.no, nel basso brindisino, ecc.

Quindi i disseccamenti sono storia piuttosto vecchia. E l’abbandono, ancora più vecchia.

Però non bruciava tutto.

Gli incendi c’erano, sì, ma non degli ulivi. Non delle campagne (specie quelle altrui). Quando si sono verificati (raramente) incendi di ulivi, si è subito scoperto che la causa era da rinvenirsi nei roghi controllati che scappavano di mano. Quindi nessun mistero dietro i roghi degli ulivi. Nessun incendio quotidiano, massiccio. Nessuna cronaca di migliaia di ulivi bruciati in una sola botta. Insomma, niente di ciò che, invece, caratterizza il 2021 (e, in misura molto minore, il 2020).

Eppure i media a chi danno la colpa? All’abbandono e all’incuria.

Un cenno sui roghi controllati

Anticipo un aspetto che tratterò nel prossimo articolo, giusto per restare in tema e capire meglio il contesto. Una vecchia pratica agricola vuole che, dopo le potature, si brucino sul loco i residui: rami, rametti, di ulivi e alberi da frutto.

La pratica è stata più volte regolamentata. Prima con divieti, poi con deroghe, poi con altri divieti, sia in ambito regionale che nazionale. Perché se da un lato è ottima per ridurre i costi e ottenere fertilizzante (la cenere è un ottimo concime… se usata con cautela e in quantità accettabili), dall’altra è una pratica che, in mano a cretini e criminali, può diventare dannosa.

Già, perché gli incendi scappati di mano, che hanno provocato danni a persone, animali, piante, anche dei fondi attigui, sono stati diversi. Così come è stata abusata la pratica di bruciare i residui per metterci di tutto: rifiuti domestici e pericolosi, plastiche, oli combustibili esausti.

Tanto brucia tutto, dicevano certi anziani un po’ ignoranti in fatto di diossina e IPA.

I roghi inquinanti e che, specie d’estate, scappavano di mano, provocando danni, hanno persuaso i pubblici poteri a vietare di appiccare roghi dal 15 giugno fino ai primi, metà o addirittura fine settembre (a seconda del regolamento comunale, che a sua volta si basa su direttive regionali).

Ma tanto, a dirla tutta, le potature si fanno quando la pianta è in riposo vegetativo. Quindi sostanzialmente in inverno e fino agli inizi della primavera. Dunque il divieto ci sta tutto.

Il grosso dei roghi controllati ed estivi riguarda l’insana pratica di bruciare l’erba per evitare gli incendi. Chi, per motivi economici o di svogliatezza, vuole evitare lo sfalcio meccanico o arature e fresature, brucia l’erba così come sta, controllando il rogo. A volte, però, scappa di mano, complice anche vento e caldo.

Elenco della cronaca locale

Roghi nel Salento - ulivo incendiato a Copertino 24 giugno 2021
Roghi nel Salento – ulivo incendiato a Copertino, 24 giugno 2021. Ph (anche di copertina): Veronica Andrea Sauchelli

Dagli inizi di maggio ad oggi le cronache sui roghi sono un dato quotidiano. Sarebbe impossibile elencarle e descriverle tutte in un unico articolo. Quindi faccio prima a linkare le principali notizie, con una brevissima descrizione. Dopodiché ne isoleremo alcune e le analizzeremo nei paragrafi seguenti.

8 maggio: Incendio cesine

13 maggio: Incendio litorale leccese

16 maggio: incendio ulivi a Copertino

25 maggio: incendio tra Lecce e Torre Chianca

29 maggio: diversi incendi di ulivi e altri roghi tra il Nord Salento, passando per Gallipoli e Taviano, dove le fiamme hanno lambito un’azienda

6 giugno: 2000 alberi di ulivi bruciati nella Tenuta Monacelli

11 giugno: incendio sulla Alezio-Taviano

13 giugno: incendi a Casarano, Trepuzzi e Novoli

14 giugno: incendi a S. Cesarea Terme, Tricase, Torre Chianca, Parco di Rauccio, Boncore, Alliste e Felline

14 giugno: l’ansa aggiunge anche un incendio tra Torre Vado e Pescoluse

14 giugno: incendio a Nardò, sulla SP per Avetrana

15 giugno: incendi a Villa Convento, Baia Verde, Maglie, Nardò

16 giugno: incendio a Ruffano, che colpisce un’azienda agricola

17 giugno: 300 ettari di uliveto in fiamme a Ugento. Altri incendi a Veglie, Ruffano, Casarano, Copertuno, Gallipoli e quasi in tutta la Provincia di Lecce

17 giugno: un altro sito web precisa ed estende: incendi a Veglie, Ugento, Lecce, Maglie, Carmiano, Casarano e Novoli

18 giugno: incendio a Soleto

18 giugno: incendio tra Surbo e Torre Rinalda, dove perde la vita un uomo

22 giugno: incendio a Torre dell’Orso, San Foca e Abbazia di Cerrate

24 giugno: incendio a Maglie

24 giugno: incendio a Sternatia. Fermato il piromane (notizia di 2 giorni dopo)

25 giugno: incendio ad Andrano

25 giugno: incendi al Parco di Rauccio e Matino

26 giugno: imponente incendio a Casarano

28 giugno: incendi a Nardò e Tricase

30 giugno: incendi a Maglie, Torre dell’Orso e Cannole

1 luglio: incendio a Nardò

3 luglio: incendio tra Castro e Santa Cesarea Terme

4 luglio: incendio a Giorgilorio (Lecce)

5 luglio: incendio di 200 balle di fieno (Nardò), a Galatina, Soleto e Lequile (4 roghi)

8 luglio: incendio tra Botrugno e San Cassiano (Parco dei Paduli)

9 luglio: incendio di ulivi sulla Copertino-Monteroni e Copertino-San Pietro in Lama

9 luglio: incendio tra Poggiardo e Spongano, strage di conigli e galline. Incendio anche sulla Lecce-Brindisi

9 luglio: incendio a San Donato di Lecce e sulla provinciale Trepuzzi-Novoli

10 luglio: San Donato di Lecce, andati a fuoco 100 ettari (precisa l’articolo precedente che non quantificava il danno)

10 luglio: ennesimo incendio al Parco dei Paduli (prima 50 ettari, poi decine di ulivi)

La cronaca non racconta tutto

Non sempre la cronaca racconta tutti gli incendi che si verificano quotidianamente nel Salento. Sono tanti – troppi – gli incendi che non sono stati riportati dalla cronaca locale.

Anche i dati degli interventi dei Vigili del Fuoco sono parziali, in questo senso. Per carenza di mezzi e personale, troppi interventi, più incendi in zone distanti, che li fanno zompare da un punto all’altro come mosche, non sempre hanno potuto intervenire.

Elenco solo alcuni incendi (di cui abbiamo foto e video) che non sono stati raccontati dalle cronache o che non sono stati domati dai VVFF: incendio di numerosi ulivi a Tuglie (5 giugno); incendio al parco dei Paduli nell’area di competenza di Nociglia (15 giugno); incendio di 1000 ulivi a Copertino (24 giugno); ripetuti incendi di ulivi nelle campagne tra Veglie e Porto Cesareo (più volte, da fine maggio ad oggi); ripetuti incendi tra Casarano e Matino; ecc.

Analisi della cronaca locale

Arriviamo ora al punto focale dell’analisi. La cronaca locale, in fatto di roghi nel Salento, quest’anno, è stata caratterizzata da due aspetti che basta aprire un paio di link sopra riportati e ci si fa un’idea.

Il primo riguarda il concetto di inversione di cause e condizioni. Il secondo, il dare massiccia voce alle associazioni di categoria in ambito agricolo (Coldiretti, CIA, DAJS, in particolare), che hanno spinto tanto sul concetto di “estirpiamo gli ulivi colpiti da Xylella e reimpiantiamo subito. Vogliamo soldi pubblici”.

Entrambi gli aspetti sono caratterizzati dalla ripetitività.

Che poi è scientificamente dimostrato, tramite test di laboratorio (ufficiali) che ci sono ulivi secchi e privi del batterio di Xylella fastidiosa e ulivi verdi che hanno il batterio (v. questo ebook per approfondire). Sicché non è assolutamente vero che la Xylella causa i disseccamenti. O almeno non è la causa principale. E’ una concausa (nel 2013 si parlava di CoDiRo, Complesso del disseccamento rapido dell’Olivo, poi gradualmente si è parlato solo di Xylella).

Ma quest’associazione Xylella = disseccamenti è diventata sentire comune proprio grazie alle martellanti campagne approntate dai media. Gli stessi che, come stiamo per vedere, creano l’associazione incuria = roghi.

Prima di passare all’analisi della stampa, va specificato che i media non hanno tutti le stesse responsabilità. Ci sono media che iniziano, impostano e portano avanti una campagna e altri che si accodano, vuoi perché rilanciano una notizia con il copia/incolla, vuoi perché seguono acriticamente una data linea senza approfondire. Tuttavia, volenti o no, contribuiscono a martellare l’opinione pubblica e instillare una certa convinzione, che non è aderente alla realtà.

Nell’analizzare la rassegna stampa, ho individuato due testate che hanno lanciato la campagna e la portano avanti quotidianamente, seguendo la medesima logica: Lecce Prima (gruppo City news S.p.a.) e Nuovo Quotidiano di Puglia (gruppo Caltagirone).

Incuria e alberi secchi = roghi

Ormai i media principali parlano dei roghi associandoli a tre cause: xylella; incuria (abbandono) e caldo.

Lecce Prima, riportando le parole di Uilpa (Unione italiana lavoratori pubblica amministrazione), scrive: “le cause di aumento degli incendi sono da imputare principalmente allo stato di abbandono e non curanza di privati e pubblici terreni, invasi da arbusti ed erbacce di ogni genere, che mettono a repentaglio la sicurezza dei cittadini“.

Ancora Lecce Prima, in un appassionato articolo a firma del direttore, scrive che: “(…) La verità è un’altra. La conoscono tutti. Qui da noi esiste l’ossessione della pulizia con il fuoco, cui si aggiunge, di tanto in tanto, qualche piromane perditempo che non ha alcun movente“.

Nello stesso articolo, rincara la dose: “Bisogna cambiare passo e iniziare ad agire con fermezza. In primis, sui proprietari dei terreni lasciati incolti, per le loro condotte omissive”.

Piazza Salento scrive “Sotto accusa i proprietari dei fondi e gli Enti proprietari delle strade (in questo caso la Provincia) in ritardo con le operazioni di falciatura”.

Ansa: “a favorire gli incendi è anche il contesto di abbandono in Salento colpito dalla Xylella (…), evidenzia l’associazione” (Coldiretti Puglia, ndr).

Noi Notizie: “sono troppi gli ettari di uliveto ormai improduttivi da anni, a causa dei ritardi negli espianti e reimpianti che hanno aggravato una situazione già critica, con la burocrazia che arreca più danni della Xylella. L’abbandono era inevitabile e va invertita la rotta senza perdere altro tempo”.

Il Nuovo Quotidiano di Puglia: “Le elevate temperature registrate in questi giorni e l’incuria di alcune aree verdi hanno provocato moltissimi incendi in questi primi giorni di caldo afoso, anticipo dell’estate”.

La Gazzetta del Mezzogiorno riporta le parole di Coldiretti Puglia: gli incendi spesso sono di origine dolosa ma anche causati dall’incuria e dalla disattenzione.

La Gazzetta del Mezzogiorno scrive, riportando sempre le parole di Coldiretti: “In Salento il 70% degli incendi interessa gli ulivi che si seccano a causa della xylella fastidiosa”.

Proprio oggi, LecceNews24 scrive: “Tanti gli incendi che divampano a causa delle temperature elevate”.

Analisi 1: La narrazione che inverte vittima e carnefice

Se ci vengono ripetute continuamente le parole chiave “abbandono”, “xylella”, “disattenzione”, “caldo”, associamo i roghi a questi concetti. Se, in particolare, l’enfasi è messa sull’abbandono, automaticamente il nostro cervello (che, com’è noto, strutturalmente è incline a semplificare), assocerà l’abbandono ai roghi.

Tuttavia questa narrazione non convince affatto. Genera un’inversione: una condizione (l’abbandono, l’incuria, il caldo, gli ulivi secchi) diventa una causa.

Ma la causa è ben altra: è l’agire umano (raramente, quello naturale, ancor più raramente quello meccanico/elettrico) che provoca il rogo. Nell’agire umano, poi, va indagato l’elemento soggettivo della colpa o del dolo. Ma a questo ci arriveremo.

Questa inversione tra causa e condizione ricorda esattamente la narrazione maschilista, patriarcale e bacchettona per cui si invita la ragazza a non uscire con “vestiti corti” perché sennò provoca il maschio alpha che, così, è indotto a stuprarla.

foto_stupro_vestiti_corti

Dunque anziché mettere sotto accusa il lurido stupratore e le sue insane voglie (la causa dello stupro) si danno le responsabilità alla vittima (la ragazza che provoca).

Ecco, questo stereotipo è applicato pari pari alla questione dei roghi nel Salento: anziché prendersela con i piromani e indagare i motivi che li spingono ad incendiare tutto (motivi economici e di opportunismo) si danno le responsabilità alle vittime degli incendi: gli ignari proprietari che, per le ragioni più svariate, per mancanza di denaro, di tempo, anche di voglia, trascurano i lavori in campagna.

Loro hanno responsabilità? Sì, certo, ma non al punto da essere alla lunga etichettati, nella bombardante narrazione degenere, diretti responsabili. Perché è qui che si vuol andare a parare, creando artatamente l’associazione incuria = roghi. E alimentando, così, odi, diffidenze, contenziosi tra vicini. Insomma, una guerra tra poveri, che produce tre effetti: evita la critica, allontana la gente dal comprendere la realtà e lascia campo libero a chi trae giovamento dai terreni bruciati.

Analisi 2: l’uso attento delle parole

E’ interessante notare questa frase di Coldiretti: gli incendi spesso sono di origine dolosa ma anche causati dall’incuria e dalla disattenzione.

E’ vero. Dice “spesso” e “dolosi”. Quindi ammette che le cause dei roghi siano umane, volontarie e prevalenti. Però che fa? Il “dolo” lo mette prima. E poi conclude la frase con i termini “incuria” e “disattenzione”. Ossia i concetti che intende far passare.

Questa è una precisa tecnica di manipolazione del linguaggio e si chiama Spostamento dell’attenzione e inversione dei fattori (V. qui) in quanto si porta all’attenzione non il dato più grave (il dolo), ma quello su cui si vuole che si sposti l’attenzione (l’incuria, la disattenzione). L’enfasi viene messa nella chiusura.

E’ un po’ come dire la mia macchina è bella, però è lenta.

Se dico la mia macchina è lenta, ma è bella, sto dicendo esattamente la stessa cosa, ma l’enfasi viene messa sull’ultima parola.

Nel primo caso l’ascoltatore introietterà l’idea che la mia macchina è lenta e quindi ciò provocherà un giudizio negativo. Nel secondo caso quest’informazione passerà in secondo piano, restando l’idea che la macchina è bella, con ciò generando un giudizio positivo.

Analisi 3: la ripetitività

Se vuoi che un concetto resti fisso in mente, generando alla lunga spostamenti di opinioni su un dato fatto, devi ripeterlo. E’ una pratica vecchia quanto il mondo e funziona sempre. La cultura orale, tipica della Civiltà contadina, si basa su questo principio. Ecco perché i canti tradizionali sono ripetitivi: si fissano meglio in mente. Berlusconi ha usato questo principio per decenni, durante la sua fase egemonica, nella lotta contro la magistratura. Magistrato = comunista era un’associazione che, all’inizio, faceva ridere, ma poi ha prodotto, nell’opinione pubblica, gli effetti voluti.

Ripetere continuamente, negli articoli in materia di roghi, l’associazione xylella – abbandono – incuria – caldo = incendi, genera lo stesso fenomeno.

La ripetizione di alcune parole o concetti – si legge nel sito appena linkato – porta la persona ad ascoltare quello che viene detto in modo sempre più disattento e distratto. La ripetizione suscita infatti una percezione di familiarità rispetto al contenuto della comunicazione che induce ad abbassare le difese mentali e la capacità di analisi critica.

Inoltre, la sensazione di noia, che deriva dall’idea di conoscere già quello che verrà detto, riduce la nostra soglia di attenzione e la nostra capacità di concentrazione. Questa tecnica è molto usata nel campo delle televendite, ma anche nel mondo dell’informazione e del giornalismo.

Dunque la ripetitività di concetti che vengono invertiti (il dolo che passa in secondo piano; le condizioni che divengono cause) è reazionaria, genera analisi acritiche e butta le responsabilità sulla gente, creando tensioni sociali alla base, senza coinvolgere i diretti responsabili dei roghi scientifici che, attraverso un’analisi materialistica, si possono individuare. O, quantomeno, se non personalmente, si possono individuare le dinamiche che li alimentano.

Il rapporto tra roghi e Piano di rigenerazione olivicola

Il Piano di rigenerazione olivicola del Salento, che ho analizzato qui, adottato con Decreto interministeriale n. 2484 del 6 marzo 2020 in attuazione dell’articolo 8-quater della Legge 21 maggio 2019 n. 44 (c.d. Decreto Emergenze),  prevede diverse misure e una dotazione finanziaria di 300 milioni di euro (che, vedremo, le associazioni di categoria spingono per aumentarla…e in parte ci sono riusciti).

Due sono le misure che, in quest’analisi, ci interessano: la 2.A e B, ossia Rimozione piante disseccate e Reimpianti e riconversioni tramite cultivar di ulivi resistenti, nonché la 3.B, ossia Diversificazione dell’economia rurale e accorpamento fondiario.

Ora, a seguito già dei primi roghi estivi, Coldiretti e DAJS (Distretto agroalimentare di qualità jonico-salentino), monopolizzando i media, hanno diffuso le proprie istanze, che vengono continuamente ripetute in numerosissimi articoli. Tra i tanti, scrive la Gazzetta del Mezzogiorno:

Sono arrivate all’Assessorato regionale all’Agricoltura domande di espianto degli ulivi per 216 milioni di euro, ma ne è stato finanziato solo il 19% per l’esiguità delle risorse messe a disposizione» dice (…) Cantele, secondo il quale «la dotazione finanziaria per gli espianti e i reimpianti di 40 milioni di euro è risultata assolutamente insufficiente, considerato che la xylella ha colpito ormai il 40% del territorio regionale». Il rogo di Copertino, secondo i primi accertamenti, potrebbe avere natura dolosa. Le fiamme hanno travolto gli ulivi già eradicati in attesa di essere tagliati e ridotti a legname. (…) Sull’accaduto indagano i carabinieri.

Nella Provincia di Lecce vi sono più di 67.000 olivicoltori. Praticamente quasi ogni famiglia ha un terreno coltivato ad ulivi. Di questi solo poche migliaia sono aziende che operano professionalmente. La dimensione media della SAU (Superficie agricola utilizzabile) è al di sotto di un ettaro. Di questa, il 60% è coltivata ad ulivi. Poco più del 31% è destinata a seminativo.

Quindi abbiamo questo quadro: un latifondo altamente frammentato e principalmente coltivato ad ulivi, molti dei quali sono secchi. Nel resto della Puglia (come, del resto, in Italia), vi è una tendenza opposta: meno aziende che controllano più terra.

L’accorpamento

Qui entra in gioco la misura 3.B del Piano, l’accorpamento fondiario.

Leggendo questo report INEA del 2011 (PDF) si comprende chiaramente che nel leccese il valore dei terreni è più basso che nel resto della Puglia. Con i disseccamenti, poi, il valore è crollato. Se nell’Arneo (area che comprende i comuni di Veglie, Guagnano, Salice, Avetrana, S. Pancrazio, ecc.) il valore medio è di 10.000 euro ad ettaro (1 €/mq), nel casaranese si scende a 5.000 euro (0,50 €/mq).

Ciò dovrebbe favorire forme di acquisto dei terreni a basso costo. Tuttavia vi sono molte resistenze. Chi ha abbandonato e non vuole saperne niente. C’è chi non vuole espiantare e, magari, vuol curare gli ulivi secchi. Chi vuol farci legna da ardere. Chi ha reimpiantato – a proprie spese – ma a modo suo (non cultivar ammesse e non in intensivo).

Insomma, il quadro è complesso e il Piano stenta a decollare, anche perché si è iniziato con gli espianti e i reimpianti. Ma solo le grosse aziende sono interessate. E per giunta sono rimaste a becco asciutto. I piccoli proprietari, a quanto pare, non vogliono (e, in alcuni casi, non possono) accedere ai finanziamenti.

Il Piano, dunque, è stato applicato male. Prima si accorpa e poi si espianta e reimpianta. Se non hai la disponibilità dei terreni, non puoi farci granché. E di ciò, qualcuno, pare se ne sia accorto tardi. Oppure ha pensato – sbagliando – che tutti i piccoli proprietari avrebbero fatto le corse per partecipare ai bandi, prendere i soldi per espiantare e quelli per reimpiantare. E poi, con calma, si sarebbe proceduto con l’accorpamento.

Decuplicato il finanziamento

Poi il 29 giugno, mentre il Salento bruciava, è arrivata la notizia che le Associazioni di categoria attendevano (fonte Nuovo Quotidiano di Puglia):

Scorrimento di tutta la graduatoria per la misura destinata al sostegno delle aziende agricole nel Salento (Lecce-Brindisi e Taranto) e risorse che passano da 6 a 60 milioni di euro, dopo la devastazione degli ulivi provocata dalla xylella. È l’impegno assunto nelle scorse ore dell’assessore regionale all’agricoltura, Donato Pentassuglia, nell’incontro tenuto in Regione con le associazioni di categoria, gli ordini professionali e il Distretto Agroalimentare Jonico Salentino, a seguito delle sollecitazioni della Presidente Capone. Proprio nei giorni scorsi le stesse associazioni avevano fatto presente che la bozza di piano di ripartizione delle risorse, proposta dall’Autoritá di Gestione del PSR, appariva inidonea a coprire le necessità degli agricoltori del territorio.

La misura è destinata alla cosiddetta Zona infetta, ossia tutta la Provincia di Lecce e parte di quelle di Brindisi e Taranto.

Inoltre, prosegue l’articolo, è in corso una trattativa con il Ministero delle Politiche Agricole per aumentare la dotazione finanziaria del Piano, passando da 300 a 600/700 milioni.

Infine, Michele Emiliano ammette: i roghi sono dolosi. Però…

Non passano nemmeno due giorni dalla promessa dell’Assessore Pentassuglia che Michele Emiliano, a margine della conferenza sul Piano di sviluppo rurale, lancia quella che, a mio avviso, è una richiesta di tregua (il grassetto è mio):

Non è un metodo quello di incendiare gli ulivi – ha dichiarato il governatore – bisogna fare attenzione e sorvegliare i propri uliveti anche quando non sono produttivi per evitare che terzi possano danneggiarli, mettendo in pericolo la vita delle persone e facendo anche un atto di inciviltà molto grave. Peraltro gli incendi possono rendere complicata una cosa che invece con le aerofotogrammetrie dei singoli uliveti lasciati lì, è molto più semplice e senza problematiche. Ricordo infatti che ci sono i soldi sia per l’espianto sia per il reimpianto.

Due sono gli aspetti rilevanti in questa dichiarazione.

Il primo. Il Presidente della Regione Puglia ammette che i roghi di quest’anno sono dolosi (o, quantomeno, una parte rilevante).

Il secondo. Associa, di fatto, i roghi alla questione espianti e reimpianti.

Il monito, ovviamente, non è rivolto ai proprietari che lasciano abbandonati i terreni né ai piromani solitari, che bruciano per altri motivi. Ciò contraddice apertamente la narrazione dominante, che se la prende con le condizioni, per come abbiamo visto, e non con le cause. Oppure che mette il dolo in secondo piano. O, ancora, che lo ammette, ma lo relega nell’ambito del divertimento insano.

È rivolto ad altri. È, a tutti gli effetti, una richiesta di tregua e un modo per dire: smettete di incendiare tutto, che i soldi arrivano.

Il non detto, che però si capisce dalla consecutio temporum, è che il monito pare rivolgersi a determinati soggetti. Arriva dopo il preoccupante aumento dei roghi e due giorni dopo la promessa di aumento dei finanziamenti del Piano.

Quindi la causa dei roghi scientifici è economica. E’ legata inscindibilmente ai finanziamenti per espianti, reimpianti, aiuti alle aziende agricole e accorpamento fondiario.

E i mandanti chi sono? A questa domanda non posso fornire pubblicamente una risposta. Ci penserà, chissà, forse, la Magistratura.

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