30 anni fa cambiava tutto in Italia. Era il 28 marzo del 1994 quando, dopo tangentopoli, il crollo del muro di Berlino, lo scioglimento di PC e DC, si passa dalla prima alla seconda Repubblica. E Nanni Moretti si fa un cannone, in Aprile.

Antefatto

Era un lunedì. Era il 17 febbraio del 1992, quando un giovane pubblico ministero, Antonio Di Pietro, su autorizzazione del GIP Italo Ghitti, emanò un ordine di cattura per l’ingegnere Mario Chiesa.

Chiesa era presidente del Pio Albergo Trivulzio e membro di spicco del PSI milanese.

L’uomo si era fatto beccare mentre intascava una tangente dall’imprenditore monzese Luca Magni che però lo aveva denunciato ai Carabinieri, dopo ripetute richieste di tangenti, per cui s’era stufato.

I carabinieri informarono il PM Di Pietro e, quel pomeriggio, fecero tutti insieme ingresso alle 17:30 nell’ufficio di Chiesa, sequestrando 7 milioni di lire, cioè la metà della tangente intascata.

L’appalto ottenuto dall’azienda di Magni era di 140 milioni di lire e Chiesa, come di consueto, pretendeva la decima, cioè il 10% sul totale. Quindi 14 milioni.

Quella fu la prima di una lunga sequela. Da allora, come tessere di un domino, caddero tutti: funzionari, politici, faccendieri, commendatori. Il 15 dicembre del 1992 pure Bettino Craxi venne chiamato in correità dalla procura di Milano e, capito che la sua influenza politica era ormai in netto declino, decise di spostarsi ad Hammamet, in Tunisia, dove avrebbe seguito l’evolversi degli eventi da lontano. Ma lì passò il resto dei suoi giorni.

Altro antefatto

L’Italia degli anni Ottanta e Novanta non era più la stessa di qualche decennio prima. Soffiavano venti nuovi, da Nord-Ovest. L’America indicava la via verso l’edonismo e l’Inghilterra segnava la via verso un nuovo modello economico, basato sull’ordoliberalismo prima e sul neoliberismo poi.

Mercato era la parola chiave. Libero, la seconda. Deregolamentare tutto, il criterio per realizzare queste parole chiave in fatti.

Poco tempo prima era crollato il muro di Berlino e l’Europa si sentiva più leggera, pronta ad abbracciare in toto i dettami di Fukuyama e Tatcher. Il regime comunista sovietico soffriva e da questi due fatti (e tanti altri) ne derivò la svolta della Bolognina e il conseguente scioglimento del PCI, avvenuto il 3 febbraio del 1991. La dissoluzione dell’URSS arrivò nemmeno un anno dopo.

In Italia, insomma, spirava un vento nuovo. Solo ora avremmo scoperto che nuovo non vuol dire migliore. Tutt’altro. La marcia dei 40.000 di 13 anni prima aveva dato un secco segnale politico: la borghesia vuole spazio, novità, meno diritti sociali, più diritti individuali. Meno spesa pubblica, più deregulation. Basta con le contestazioni operaie e studentesche. Basta con la lotta di classe. Vogliamo la pace. Il ché significa vogliamo decidere noi.

Anche la Pubblica amministrazione non era sorda al richiamo dei tempi nuovi. Il 1990 segnò la svolta nel rapporto tra cittadino e PA, con l’emanazione della Legge 241/90, resa necessaria dopo lo scandalo di tangentopoli e al fine di promuovere una Pubblica amministrazione più moderna e incline al rapporto trasparente ed efficace tra pubblico e privato.

Tre anni dopo, fu la volta dell’IRI. Un giovane Romano Prodi fu chiamato da Carlo Azeglio Ciampi per guidarne la transizione e smantellarla al fine di favorire il libero mercato.

I referendum abrogativi del 1993

Il 1993 fu anche l’anno della svolta su altri temi. I cittadini italiani furono chiamati a decidere su numerose questioni, sull’onda dei successi del Partito Radicale, che cavalcava l’aria di cambiamento e si poneva come partito antisistema (come, 20 anni più tardi, il M5S).

Furono ben otto i quesiti referendari e il 18 e 19 aprile del 1993 gli italiani dissero di sì a tutti e otto.

Dissero di sì a:

Abrogazione delle norme sui controlli ambientali effettuati per legge dalle USL

Abrogazione delle pene per la detenzione ad uso personale di droghe

Abolizione del sistema di Finanziamento pubblico ai partiti

Abolizione delle norme per le nomine ai vertici delle banche pubbliche

L’abrogazione della legge che istituisce il Ministero delle partecipazioni statali

Abrogazione di parti della legge elettorale per il Senato per introdurre il sistema maggioritario

L’abrogazione della legge che istituisce il Ministero dell’agricoltura e delle foreste

Abrogazione della legge che istituisce il Ministero del turismo e dello spettacolo

Quanti cambiamenti!

Alcuni furono effettivamente realizzati, tipo il sistema maggioritario, che divenne realtà con il c.d. mattarellum (promosso dall’attuale presidente della Repubblica Sergio Mattarella), che in pratica premiava le coalizioni che ottenevano più voti relativi e a loro venivano assegnati molti più seggi che con il proporzionale. In questo modo si garantiva la governabilità a svantaggio della rappresentatività.

Altri cambiamenti, un po’ meno. Basta pensare che, qualche anno dopo, con l’egemonia in Italia del centro destra (e tra poco ci arriviamo), tornerà l’onda securitaria, con la demonizzazione del consumo di droghe, anche leggere, attraverso la Legge Fini-Giovanardi (poi dichiarata incostituzionale) e, successivamente, con il Decreto Lorenzin che, pur facendo chiarezza sull’argomento, lasciava comunque un ampio margine di discrezionalità (tipo la differenza tra consumo personale e spaccio).

Comunque, nemmeno un mese dopo dal referendum, Maurizio Costanzo scampò miracolosamente, insieme alla sua compagna Maria de Filippi, ad un attentato dinamitardo, in via R. Fauro a Roma. Era il 14 maggio del 1993.

Si mormora che l’attentato a Costanzo, compiuto dalla mafia siciliana, non fu voluto per ucciderlo davvero (sennò l’avrebbero ammazzato di sicuro), ma per spaventarlo. Perché si opponeva ad un certo progetto.

Ma il 1993 fu un anno nero pure per la DC. Al palazzo dei congressi dell’Eur, a Roma, il 26 luglio del 1993, poco prima delle 18.00, fu consacrato lo scioglimento della DC. Il partito che, in larga parte, aveva governato l’Italia dal dopoguerra, restando incolume a stragi di stato, contestazioni studentesche e operaie, anni di piombo, terrorismo rosso e nero, omicidio di Aldo Moro e tante, tante altre vicende, non riuscì a reggere l’urto prorompente dei tempi nuovi.

Il sistema delle tangenti era prassi comune anche nella DC, ma non fu l’unico motivo che la portò a sciogliersi. Luciano De Crescenzo, in un suo libro sulla filosofia greca (non ricordo quale, tra i tanti), sosteneva, eraclitamente, che l’equilibrio tra due grandi forze c’è se entrambe si equivalgono. Se cade una, cade anche l’altra. Quindi non si stupiva che, dopo il crollo del PC, crollò anche la DC, perché venne meno uno dei due punti di equilibrio.

Il 1994, l’anno della svolta

Il 26 gennaio del 1994, quando gli italiani stavano ancora digerendo il panettone, un giovane Silvio Berlusconi, superando i dissensi dei suoi consigliori più fidati (tra cui Costanzo, scampato miracolosamente ad un attentato, che non subirà mai più, pensa un po’…) e ascoltando invece quelli dei meno fiduciosi (Dell’Utri…), in un celebre video-messaggio inviato alle principali redazioni dei telegiornali, annunciò la sua “discesa in campo” alla guida di una nuova formazione di centro-destra, chiamata Forza Italia.

Il nome, il colore di sfondo, tutto faceva propoendere per una bandiera che, nemmeno un mese prima, avevo acquistato in vista dei mondiali del 1994 che recava, appunto, la scritta Forza Italia con la bandiera italiana e, in sfondo, il colore blu.

Da allora non l’ho più tirata fuori dal cassetto.

15 mila lire buttate.

Tacci sua, addù stae.

Ho sempre pensato che la discesa in campo di Berlusconi, nell’anno dei mondiali negli USA, fosse stato un evento sfigato per gli azzurri. E infatti perdemmo miseramente in finale con rigori sbagliati in modo clamoroso. tra l’altro gli azzurri vinsero il mondiale nell’estate del 2006 (e il governo Berlusconi cadde il 17 maggio del 2006), quando, appunto, non governava Berlusconi. Gomblottooo?!?!111 Non si sa. Ma di sicuro il Cav non ha mai portato bene all’Italia. Basti pensare che, durante il suo ennesimo governo, dal 2008 al 2011, dichiarava che “i ristoranti sono sempre pieni”, mentre era in corso una recessione bancaria (2007-2009) e la crisi del debito sovrano (2011-2012), che ha portato paesi come la Grecia, la Spagna, l’Irlanda e l’Italia ad un passo dal default.

Torniamo alla storia. Quel giorno fu decisivo per le sorti dell’Italia.

Forza Italia farà subito da catalizzatore per numerosi “rottamati” dalla politica. Ex democristiani, ex socialisti di Craxi, ex liberali. Ma anche dirigenti della Fininvest, la società televisiva guidata dal Cavaliere, inizieranno la propria carriera politica.

Uno spudorato uso delle proprie TV costringerà la classe politica ad approcciarsi in modo diverso allo strumento televisivo.

Certo, Pasolini già 20 anni prima aveva anticipato che la TV sarebbe stata un media particolarmente invasivo e che avrebbe imposto ai telespettatori una “certa visione del mondo”, ma quello che Pasolini annunciava, Berlusconi lo realizzava.

Da allora la TV divenne non solo mezzo di informazione, ma di propaganda. Diede un approccio del tutto nuovo. Show e politica s’intrecciarono, per poi divenire ciò che oggi è sotto gli occhi di tutti: monnezza.

Il Padreterno tifa per Forza Italia, mentre il Diavolo, si sa, tiene per Occhetto

Prendi, tipo una sedicenne Ambra Angiolini che, nel febbraio del 1994, dal set di Non è la Rai, su suggerimento di Fedele Confalonieri, dice che persino il Padreterno sta con Berlusconi, mentre il demonio (e Stalin) sta con Achille Occhetto (un mesetto dopo Berlusconi e Occhetto faranno un confronto politico “all’americana” in TV).

Una versione rivitalizzata del motto democristiano delle elezioni del 1948 “Dio ti vede, Stalin no”

dio_ti_vede_Stalin_no

Insomma, la TV diventa propaganda divertente, lo strumento ideale per manipolare le coscienze e, siccome il Cavaliere possiede tre reti (come la Rai, in calo in quel periodo, a vantaggio delle reti Fininvest), può praticamente influenzare buona parte dell’opinione pubblica.

Un’opinione pubblica che, vuoi per il vento di cambiamento, vuoi per Mani Pulite che ha sconvolto tutta la veccha politica, vuoi per la figura fresca e giovanile di Berlusconi, praticamente propende per lui.

Anche quando, dagli studi di Bruno Vespa, il Cavaliere firmava (da solo) il contratto con gli italiani, promettendo la supercazzola del milione di posti di lavoro, nessuno si scomponeva, perché la promessa pareva credibile.

All’epoca ero bambino e mio padre era in cassa integrazione perché lavorava come operaio specializzato nei cantieri, ma tutti gli appalti erano bloccati dall’inchiesta di tangentopoli. Ma lui, come tanti altri, credevano di far parte di quel milione che, da lì a poco, sarebbe tornato a lavorare.

Cosa mai avvenuta.

L’arma della propaganda coinvolgeva chiunque: Mike Bongiorno, Raimondo Vianello, Iva Zanicchi, lanciavano appelli al voto durante i propri programmi. E le casalinghe di Voghera (e pure di Reggio, Catania, Brindisi, Bolzano, Aosta, Livorno, Pistoia, ecc. ecc.) pendevano dalle labbra dei guru della tv. Un’arma di indottrinamento di massa che mai, fino ad allora, aveva dispiegato così tanti begli effetti.

Le elezioni del 27 e 28 marzo del 1994

Domenica 27 e lunedì 28 marzo 1994 gli italiani furono chiamati a votare, per la prima volta in un sistema maggioritario e con nuovi partiti.

Forza Italia aveva stretto alleanze con la Lega Nord, nata pochi anni prima con l’obiettivo di staccare il Nord produttivo dal resto d’Italia e dichiarare la secessione (entro un anno, disse Bossi. Ne son passati 30), poi con Alleanza Nazionale-MSI di Gianfranco Fini, nato dalle ceneri del movimento sociale, di chiara ispirazione fascista e poi con il Centro Cristiano Democratico (costola della DC) e altre formazioni minori.

Dall’altra parte si era costituita l’Alleanza dei Progressisti, con il Partito Democratico della Sinistra (PDS) di Achille Occhetto, il Partito della Rifondazione Comunista, la Federazione dei Verdi, il Partito Socialista Italiano, La Rete, Alleanza Democratica, Cristiano Sociali e Rinascita Socialista.

Il “terzo polo” era costituito dal Patto per l’Italia Partito Popolare Italiano e dal Patto Segni.

A parte le roccaforti della sinistra, gran parte dell’Italia scelse il buongoverno di Berlusconi.

esiti delle elezioni politiche del 27 e 28 marzo del 1994
esiti delle elezioni politiche del 27 e 28 marzo del 1994

Il cannone di Nanni Moretti

Come mai avete eletto un personaggio che è in aperto conflitto di interessi? Il capo del governo ha tre reti televisive? Perché in Francia non si potrebbe… Vi rendete conto? C’est très pittoresque, una democrazia con il partito fascista al governo… Commentava il giornalista francese dinanzi a un Nanni Moretti imbarazzato nel film Aprile.

La sera del 28 marzo del 1994 Nanni Moretti, dopo aver sentito il discorso lecchino di Bruno Vespa, per la prima volta decide di farsi un cannone.

Tutto il film Aprile è incentrato sulla sua malavoglia di fare un documentario sulle condizioni politiche in Italia del 1994. Una condizione che non ha voglia di interpretare, perché i tumulti di quell’epoca sono ancora difficili da metabolizzare: Bossi con il suo tentativo di spaccare l’Italia, Berlusconi che cambia completamente le carte in tavola e propone un modo populista di far politica (modo poi emulato di recente da altri personaggi come Trump, Orban, Zelensky), i personaggi della sinistra incapaci di interpretare la storia che si sta scrivendo in quel momento (D’Alema, dì qualcosa di sinistra! implora Moretti, sempre in Aprile).

Insomma, i tempi cambiano repentinamente e forse è meglio fare un musical sul pasticciere trotskista che parlare di qualcosa di ancora troppo inafferrabile.

Ad afferrare la situazione, invece, ci penserà di nuovo la magistratura. Nel novembre del 1994 un magistrato, Francesco Saverio Borrelli, allora capo della procura di Milano, chiederà a Berlusconi informazioni sulla vicenda Telepiù, una vicenda che praticamente vedeva Berlusconi proprietario di fatto (ma non giuridicamente) di un’altra emittente televisiva, il ché violava una legge (Legge Mammì) che vietava i processi di concentrazione delle risorse tecniche ed economiche nelle mani di uno o pochi.

In effetti era così. Berlusconi sarà condannato per questo, ma – al solito – i suoi processi finiranno prescritti.

E da allora Berlusconi giurerà odio eterno nei confronti della Magistratura. Tanto da provare – per tutta la vita – a smantellarla.

Fatto sta che questo fatto (forse) convincerà Bossi a scaricarlo e, difatti, dopo nemmeno sette mesi dall’insediamento, Bossi toglierà la fiducia al governo (con la scusa del diniego alla riforma delle pensioni) e farà cadere il governo Berlusconi, dando la fiducia ad un governo tecnico presieduto da Lamberto Dini.

Ma quello sarà solo il preludio di un ventennio di governo berlusconiano. Un ventennio che, come quello fascista, sarà destinato a durare a lungo, ma i cui effetti si riverberano ancora oggi e per lungo, lungo tempo ancora.

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