Arieccoci. Arriva il governo di destra e, improvvisamente, ritorna l’emergenza sbarchi, con tiggì e talk show che ci martellano la testa, dalla sera alla mattina, con il problema dei migranti, gli sbarchi a josa, le responsabilità dell’UE, gli scontri con la Francia, i monelli delle ONG, gli scafisti criminali e quanto sarebbe bello se li … Leggi tutto
Lasciate che vi racconti una storia. E’ tipo un romanzo, solo che è vera. Inizia, come nella migliore tradizione della letteratura romantica, in un paesino povero. Il protagonista è uno, non nel senso che intendiamo oggi. Non è un individuo. E’ un gruppo. Poi il racconto si concentrerà solo su un individuo, ma il protagonista … Leggi tutto
E’ azzardato paragonare Checco Zalone (al secolo Luca Medici) a Carmelo Bene? Tutt’altro. Sono molte le similitudini, al netto della fase storico-culturale che li contraddistingue. In più Zalone è un intellettuale organico. Nei giorni scorsi qualcuno ha pubblicato, su Youtube, il (per me) tanto atteso ultimo film di Checco Zalone, Tolo Tolo. Inutile dire che … Leggi tutto
Aumentano i prezzi al consumo, secondo l’ISTAT e diverse associazioni di categoria. L’Antitrust indaga. Ma sarà un buco nell’acqua se non cominciamo a capire come funziona il sistema della GDO, i suoi guadagni, le sue speculazioni e non facciamo una franca discussione su chi paga, chi guadagna e chi controlla. Il 7 maggio l’ISTAT ha … Leggi tutto
Vorrei condividere con voi – amati quattro lettori – una poesia di Youssouph Sadio, giovane poeta senegalese che vive in provincia di Lecce. Racconta di un viaggio, anzi, di tappe di un lungo viaggio, non solo fisico, non solo di un corpo che si sposta, ma spirituale, metaforico. Espressione di un frutto legato alla sua … Leggi tutto
Un misero e stonato, ma realistico, componimento sulla condizione dei migranti che faticano per quattro soldi, ma con profonda dignità, rischiando la vita tutti i giorni, come la cronaca, purtroppo, spesso ci racconta. Il componimento è liberamente ispirato a storie vere.
Vago nella notte illune, unto di sudori
e grumi di pomodori appiccicati sulla pelle
su questa bici sgonfia come i miei desideri
di lavoro, casa e dignità.
Torno dai miei fratelli, stipati in lerci giacigli
Caso Diciotti. La responsabilità penale può avere varie gradazioni di disvalore sociale? Certamente può avere varie gradazioni in rapporto alla colpevolezza (dolo, colpa, ecc.) o alla gravità del fatto (con tutte le attenuanti o le aggravanti del caso), ma ha una gradazione in relazione alla sua stessa esistenza in vita? E se la Costituzione prevede che … Leggi tutto
Che pacchia! Vi piacciono le arance, le angurie, i meloni, i pomodori succosi e tutta la frutta o gli ortaggi di stagione che andate a comprare al mercato o al discount (rigorosamente quando ci sono le offerte) e che prendete solo se costano quanto un caffè espresso? Si, vero? E scommetto pure che bisbigliate qualche … Leggi tutto
Chi è Domenico Lucano e perché è finito sotto inchiesta? Storia di migranti, integrazione e soldi pubblici spesi bene. Un modello da annientare a colpi di ispezioni, fondi tolti e indagini da parte della Magistratura.
Correva l’anno 1998. Fino a quel momento il paesello di Riace, nel cuore della Calabria, subiva la stessa sorte di tanti altri paesi del Sud Italia: l’emigrazione. I giovani preferivano o erano costretti ad abbandonare il paese diretti verso Nord, o verso l’Estero, per studiare, lavorare, cercare migliori condizioni di vita. Riace era quindi popolato per lo più da anziani e, di conseguenza, l’economia stagnava, le attività commerciali erano ridotte all’osso, le case erano vuote (e con l’immancabile e ignorato cartello “AFFITTASI”) e il lavoro – com’è facile immaginare – era un’utopia più che una speranza. Proprio quell’anno sbarcarono sulle coste calabresi alcuni profughi curdi e furono ospitati a Riace. Tutta la comunità si prodigò per accoglierli e dargli i conforti di prima necessità e fu proprio allora che Domenico Lucano, insieme ad un gruppetto di amici, ebbe l’idea di sfruttare quel capitale umano e dare un vantaggio ad entrambe le parti: ai profughi dare un tetto, un’occupazione, una vita dignitosa, al paese dare un riscatto, ripopolarlo, dargli una possibilità di crescita. Da quell’idea nacque l’Associazione Città Futura – Pino Puglisi, con lo scopo di trasformare Riace nella città dell’accoglienza, di mettere in pratica – in modo semplice – quei valori dell’ospitalità tipici delle genti del Sud.
Il sistema accoglienza di Riace
Il progetto ha visto la luce nel 2001 e, in 16 anni di attività, Domenico Lucano, nel frattempo diventato Sindaco con una lista civica, ha messo a punto un vero e proprio sistema basato su tre principi: accoglienza, integrazione, lavoro. Dal 1998 ad oggi, da un paese di circa 900 abitanti, Riace è diventato un vivace laboratorio sociale di 2345 anime (fonte ISTAT, censimento al 1.1.17) di cui la metà sono stranieri. Mai nessuno in paese ha avuto problemi con loro, anzi. Gli anziani si fanno aiutare nella raccolta delle olive o nella vendemmia, altri hanno aperto o hanno ravvivato – con l’aiuto dei migranti – laboratori artigianali di ceramica, vetro, tessitura o piccole ditte edili. Altri migranti lavorano come interpreti, mediatori culturali, giardinieri, allevatori e alcuni lavorano per conto del Comune tenendo pulite le strade, curando il verde pubblico, pulendo le spiagge di Riace marina e garantendo alla cittadinanza quei servizi minimi essenziali di tipo scolastico, assistenziale e sociale.
Ovvio che qualcuno, in questi anni, ha voluto andare nel Nord Europa, dove le condizioni per i richiedenti asilo sono più agevoli, ma molti sono rimasti, pur nelle mille difficoltà di vivere nel Sud del Sud dei poveri, disagiato e lontano dalla frenesia urbana, per contribuire alla vita sociale ed economica del paese. E la crescita del borgo, la vita nelle case e per le strade, l’offerta di servizi pubblici per la comunità sono il segno evidente di un modello che ha funzionato, e funziona.
Ma l’aspetto vincente del “modello Riace” è legato a due concetti: i bonus e le borse lavoro. Sappiamo tutti come molte cooperative hanno utilizzato i famosi 35,00 € al giorno destinati alla gestione dei migranti. Sappiamo, più o meno in modo preciso, come molti soggetti abbiano utilizzato i contributi statali per creare un vero e proprio sistema di malaffare volto a manipolare, gestire, spostare e sfruttare vite umane per arricchirsi ai danni non solo di persone, ma dello Stato, della collettività (vedi, per esempio, il caso Mafia Capitale). Lucano no. Ha ottenuto gli stessi contributi destinati a centinaia di altre Cooperative sparse per l’Italia, solo che lui ha investito quei soldi per garantire occupazione e integrazione. Ma non solo, anche per dare dignità alle famiglie e vita al paese. L’immagine dei migranti stipati nei capannoni, con brandine fatiscenti, scarsa igiene e a bighellonare tutto il giorno sono l’emblema dello sfruttamento da parte di Cooperative senza scrupoli, votate a massimizzare i profitti a discapito dell’umanità. Riace invece ha insegnato che con gli stessi soldi si possono ospitare persone in vere e proprie case e dar loro un lavoro, una dignità, un futuro e, al contempo, migliorare le condizioni di vita dei residenti.
Bonus
I bonus sono una sorta di moneta locale per consentire ai migranti di acquistare merci e servizi tra gli esercenti del paese che hanno aderito a questo sistema basato sulla fiducia, in quanto i contributi economici statali (i famosi 35,00 € al giorno) spesso arrivano tardivamente, e quindi con questo sistema – una sorta di microcredito – i migranti possono acquistare merce e gli esercenti possono aumentare le vendite e hanno la garanzia del pagamento, seppur tardivo.
Borse lavoro
Le borse di lavoro hanno permesso alle famiglie di richiedenti asilo che intendevano fermarsi a Riace di ottenere un lavoro presso le botteghe artigianali del paese e di contribuire allo sviluppo socio-economico della zona. Inoltre hanno permesso ai residenti e ai migranti di conoscersi, integrarsi, cooperare e aumentare la produzione. Spesso i piccoli artigiani hanno difficoltà a trovare aiuto (soprattutto a causa dell’eccessiva pressione fiscale sul lavoro), in questo modo hanno avuto la possibilità di essere aiutati da collaboratori a costi ridottissimi, di insegnare il mestiere ai richiedenti asilo e di rafforzare la coesione sociale grazie ai quotidiani rapporti tra le persone.
Il Modello Riace che al Mondo piace
Il Modello Riace è balzato, così, sotto gli occhi dell’attenzione mondiale, tanto che nel 2008 il regista tedesco Win Wenders ha girato a Riace il corto “Il Volo”, poi nel 2010 Lucano è stato inserito dal World Mayor Prize fra i 23 finalisti del premio come miglior sindaco del mondo, per “la capacità di tenere insieme l’antico e il moderno”. Inoltre nel 2015 è stato premiato a Berna dalla Fondazione per la Libertà e i diritti umani. Infine nel 2016 è stato inserito al quarantesimo posto tra le persone più influenti del mondo dalla rivista Fortune. Ah, dimenticavo. Quest’anno Beppe Fiorello ha impersonato Lucano in una fiction Rai che andrà in onda a gennaio 2018.
Insomma, l’umile Sindaco della piccola Riace si è fatto conoscere. Ma la fama, si sa, porta glorie e sventure.
La differenza tra umanità e burocrazia
Partiamo da un semplice presupposto. Se lo Stato va a controllare qualsiasi Ente Pubblico, Associazione, Azienda, persino un privato cittadino, troverà una qualunque irregolarità, di qualsiasi natura. La differenza tra ciò che vogliamo e ciò che possiamo fare si chiama burocrazia. Insomma, se dovessero controllarci a fondo, troverebbero sicuramente qualcosa da ridire: una legge infranta, un regolamento non applicato alla lettera, un’irregolarità burocratica. Per forza. Non ci sono santi. Perché l’Italia, si sa, soffre dell’eccessiva burocratizzazione, perché la produzione legislativa è immane, disomogenea e contraddittoria, perché la pressione normativa è solo pari (se non superiore) a quella fiscale e perché gli adempimenti richiesti a tutti noi, o privati o aziende o enti pubblici, sono ogni giorno più pressanti.
Forse Mimmo Lucano non ha seguito la burocrazia? Forse non ha giustificato ogni singolo centesimo dei soldi che entravano e che spendeva? Forse è stato talmente onesto da aver messo paura a chi, invece, è imperniato di malaffare? Chissà, fatto sta che la consecutio temporum dei fatti avvenuti ultimamente lasciano presagire una volontà politica di affossare il modello Riace più che una certosina applicazione di leggi e regolamenti.
Le ispezioni ministeriali e l’inchiesta della Procura
Già, perché dapprima, a fine 2016, la Prefettura di Reggio Calabria dispose un’ispezione presso il Comune di Riace. Ispezione talmente frettolosa che non diede la possibilità al piccolo Comune di difendersi. Poi ne sono arrivate altre due, più accurate. Tant’è che il Sindaco ha collaborato con la Prefettura, indicando i propri conti correnti e le proprietà, non avendo nulla da nascondere.
Poi, e siamo ad agosto 2017, la batosta da parte del Ministero degli interni. Gli tagliano i fondi, con la fumosa scusa che i bonus non possono essere utilizzati. Ed è di nuovo battaglia. Dopo più di un incontro a Roma, Lucano l’ha avuta vinta, i fondi vengono sbloccati.
E siamo ad oggi. Nemmeno il tempo di assimilare la buona notizia che arriva l’ennesima batosta per l’umile Sindaco di Riace: avviso di garanzia da parte della Procura di Locri. Le accuse sono pesanti: truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche ai danni dello Stato e dell’Unione Europea, concussione e abuso d’ufficio. Insomma, dopo 3 perquisizioni da parte della Prefettura (che risponde al Ministero degli Interni) e il Ministero degli Interni che blocca i fondi, c’è da chiedersi chi abbia segnalato alla Procura le presunte notizie di reato. La domanda è chiaramente retorica.
Quali sono i reati contestati in particolare?
I reati contestati a Domenico Lucano e al Presidente dell’Associazione Fernando Capone farebbero ridere i polli, usando un eufemismo. In particolare viene contestato l’uso di figure professionali chiave assenti o non competenti per svolgere il ruolo che ricoprono nell’associazione nonché l’uso di personale legato al nucleo familiare di Lucano e Capone. In un paese di poco più di 2000 abitanti, di cui la metà sono stranieri, quante probabilità ci sono che la maggior parte della gente sia imparentata tra loro? E poi, quali competenze dovrebbe avere un socio di un’associazione che mette a disposizione il proprio tempo a vantaggio della collettività? Quanta gente, in Italia, fa lavori per cui non è competente, ma poi – con l’esperienza – impara a svolgerli? Forse questo è un reato?
Quindi non sarebbe scorretto ipotizzare che il procedimento penale oggi iniziato ai danni del Sindaco Lucano sia di natura politica.
Domenico Lucano e Rocco Scotellaro
Rocco Scotellaro, il Sindaco Poeta di Tricarico (MT)
Ovviamente la Magistratura è obbligata ad attivare l’azione penale in vigenza di notizie di reato da valutare e confermare. L’avviso di garanzia non è una sentenza di condanna, è l’avviso di conclusione delle indagini e dell’avvio di un procedimento penale. Come si risolverà non si sa ancora, ma la vicenda richiama alla mente quella accaduta negli anni Cinquanta al Sindaco di Tricarico (MT) Rocco Scotellaro, il sindaco poeta, comunista e romanticamente anarchico come Mimmo Lucano, amico dei contadini, che con loro lottava contro lo Stato occupando le terre dei latifondisti, per la loro redistribuzione (che sarebbe avvenuta poco dopo, grazie alle pressioni del PC e dei movimenti spontanei locali). Scotellaro era inviso al Governo, tant’è che mandarono più volte le forze dell’ordine per “sedare le rivolte”, ma non ci riuscirono. Alla fine ci riuscirono con i processi. Concussione, truffa e associazione a delinquere furono i reati contestati, praticamente gli stessi contestati a Lucano. Alla fine fu scagionato da ogni accusa, ma nel frattempo passò 45 giorni nel carcere di Matera, da innocente. Morì a soli 30 anni, poco dopo. Qualche maligno disse che s’era ammalato in carcere. Ma chissà.
Non è solo il carcere ad ammalare. Basta un processo, anche finito in assoluzione con formula piena. Un processo ti può cambiare la vita, indebolire, piegare più del manganello. La Giustizia fa il suo (lento) corso parallelamente alla capacità di resistenza dell’imputato, che più è innocente e più sente il peso della bilancia di una dea bendata. Lucano – guardacaso con lo stesso cognome della terra di Scotellaro – non farà la sua fine. Il Modello Riace sopravviverà, perché l’umanità è più forte delle carte bollate.
Chi è Domenico Lucano?
Quando il 6 ottobre scorso i finanzieri sono arrivati in Comune per sequestrare la documentazione e notificare l’avviso di garanzia a conclusione delle indagini da parte della Procura di Locri, Mimmo Lucano ha dichiarato: “Non ho soldi e non ho proprietà. Ho un conto corrente di 700 euro su cui mi viene versata l’indennità. Non ho cose in banca. Mio padre, insegnante in pensione, ogni mese dà qualcosa a me e mio fratello. Mio figlio lavora a Roma come ingegnere informatico ed a Roma vive anche una mia figlia. L’altra vive a Siena con la madre. Se vogliono fare i controlli non c’è nessun problema. Il fatto è che vedo una sorta di insistenza. Alla relazione della Prefettura avevamo fatto delle controdeduzioni, che non sono state considerate, evidenziando anche che alcuni punti riguardavano più che altro le criticità del sistema di accoglienza italiano cui abbiamo cercato di sopperire proprio con i percorsi lavoro. Quando sono arrivati i finanzieri, li ho fatti entrare e gli ho detto: ‘Queste sono le chiavi di casa, girate quanto volete’. Io sono disponibile a tutto. Non mi sottraggo a nessuna indagine”.
Non sono certo le parole del traffichino italiano medio, che si arricchisce alle spalle dello Stato e dei poveri disgraziati. Chi conosce personalmente Mimmo sa che lui è restio a qualsiasi proprietà, a qualsiasi ricchezza. Se avesse voluto l’avrebbe fatto, i mezzi per ottenere soldi facilmente non gli sarebbero mancati, come c’insegna la cronaca giudiziaria degli ultimi 50 anni in materia di associazione mafiosa. Ma non saranno queste parole a dimostrare l’assoluta buona fede di Lucano. Vi invito a fare un giro a Riace per vedere con i vostri occhi come un borgo abbandonato possa diventare un gioiello urbanistico e sociale. Basta leggere i numeri vertiginosi dell’aumento della popolazione e la massiccia partecipazione di gente proveniente da tutta la Calabria al Consiglio Comunale aperto che si tenne a Riace il 30 dicembre 2016, il giorno prima dell’ultimo dell’anno, quando la gente – si sa – pensa più al cenone che a dare solidarietà a un Sindaco sotto accusa e pronto a lasciare il suo ruolo. Cosa che non ha poi fatto grazie alla profonda solidarietà della sua gente e all’invito ad andare avanti – udite udite – fatto pure dai consiglieri d’opposizione.
Il consiglio comunale aperto di Riace del 30 dicembre 2016. Foto di Corriere della Calabria
Ius soli e modello Riace. Qualcosa non torna.
Nello stesso periodo in cui il Governo spinge per l’approvazione dello Ius Soli fa di tutto per affossare il Modello Riace. Qualcosa non torna. Un governo che parla di integrazione e addirittura di cittadinanza per gli stranieri, ma poi cerca di distruggere un modello virtuoso d’integrazione dal basso, non la racconta giusta. Qualche malpensante potrebbe dire che lo Ius Soli è una concessione pre-elettorale, un favore fatto a determinate etnie o, peggio, una forma di schiavismo legalizzata (leggi qui un mio contributo sulla questione). In effetti ci sarebbe da riflettere sull’enorme contraddizione in termini: perché affossare un modello d’integrazione quando – dall’altro lato – si vuol dare persino la cittadinanza agli stranieri in maniera semplificata? Forse, allora, non è l’integrazione la finalità che il governo si pone. Forse è un’altra. Quale? Non lo sappiamo, però sappiamo che il modello di una piccola comunità fa paura, perché funziona, perché non ci sono intrallazzi e i soldi vengono spesi per la collettività, ma soprattutto perché – se esteso in tutta Italia – potrebbe, con i giusti numeri, portare a quell’integrazione sempre discussa ma mai applicata; fa così tanta paura da aver convinto il Ministero a togliere i fondi e a scomodare la Magistratura. Quindi una cosa è certa: l’integrazione tra stranieri e italiani non è priorità del Governo, ma la cittadinanza si.
Ogni giorno, quando apro un giornale o accedo a internet o accendo la TV, leggo sempre le stesse storie: la disoccupazione in aumento (o in leggerissimo calo, salvo smentite del mese dopo), gente che si ammazza a vicenda spesso per motivi futili, liti familiari sfociate nel sangue, masse di gente disperata che migra (forzosamente) verso il nostro martoriato Paese accanto a masse di giovani (e persino pensionati) che invece emigrano dall’Italia verso Paesi più ricchi, ospitali ed economicamente più accessibili oltre che – ogni estate – roghi e incendi che divampano in tutta Italia, particolarmente al Sud.
I roghi dolosi
In queste ore, per esempio, stiamo assistendo alla distruzione programmata del Vesuvio e si dice che siano stati usati anche dei gatti bruciati vivi per estendere il fuoco. Il tutto, chiaramente, per motivi economici. Smettiamola di pensare che la gran parte degli incendi sia dovuta al fantomatico mozzicone di sigaretta. No, la maggior parte degli incendi è di origine dolosa. Perché? Perché molte zone sono inedificabili, a vincolo paesaggistico o idrogeologico o semplicemente fondi a destinazione agricola. E allora, anziché attendere una lottizzazione (che probabilmente non avverrà mai) è più facile appicciare un fuoco e distruggere la vegetazione. C’è il vincolo di inedificabilità? Chi se ne frega, tanto in Italia nessuno controlla e un amico al Comune o in Regione si trova sempre.
Già, perché la legge 353/2000 non consente destinazioni d’uso diverse da quelle precedenti l’incendio per almeno 15 anni dal rogo e nel 10 anni successivi sono vietate, nelle zone incendiate, costruzioni di qualsiasi tipo. La legge è stata fatta per evitare abusi edilizi. Sì, ma chi controlla? Il Corpo Forestale dello Stato, che ormai è stato smantellato e inglobato nell’Arma dei Carabinieri. Quindi basta aspettare che si calmino le acque e presentare il progetto in Comune. Tanto, male che vada, ci sono sempre le deroghe, le sanatorie e i condoni, per cui tanto si incendia, si attende qualche anno e – puff! – compaiono le prime palazzine o i centri commerciali nei terreni incendiati qualche anno prima.
La crisi morale, demografica ed economica
La storia ce lo insegna, basta saperla leggere. Ogni civiltà ha un suo epilogo più o meno lungo. Noi siamo arrivati alla fine della nostra civiltà (oddio, rabbrividisco nel chiamarla così). I fatti di sangue cruenti e inspiegabili, i genitori ammazzati dai figli per motivi futili, il tizio che insegue e investe due motociclisti, ammazzandone uno, la ragazzina che accoltella la madre perché scoperta a fumare una canna o i tizi che ammazzano l’amico così per scherzo durante un festino a base di coca e alcool, casi del genere sono inspiegabili se presi così, singolarmente, ma hanno una spiegazione storica.
Sì, lo sappiamo tutti, abbiamo perso i valori, la società è diventata liquida (usando le parole del compianto Bauman) e l’etica capitalistica ha sconfitto l’umanesimo, l’illuminismo, il razionalismo e persino l’idea di Dio sostituendoli con il padre denaro e i figli status simbol, nonché con il nichilismo morale ed etico. Dio è morto, ma è morta anche la ragione, la conoscenza, persino la filosofia morale di Kantiana memoria. L’ideale romantico e il concetto di identità di ottocentesca memoria hanno soppiantato l’uso della ragione. I romantici, che in un certo modo hanno dato via al nazionalismo e al successivo totalitarismo del Novecento, hanno introdotto il concetto di “intuizione”, di “spirito” e persino di “genio”, concetto oggi abusato in ogni contesto, persino quando un idiota fa una cazzata e la posta sui social. Sì, il genio, così come lo intendiamo oggi, non è il “genio” rinascimentale come Leonardo o il “genio” concepito dagli illuministi, ossia quell’individuo che usa la ragione e le conoscenze più alte per creare, ma è chi intuisce usando il senso e il sentimento, ossia una sfera interiore che non può essere misurata in termini oggettivi. E a proposito di individuo, è proprio qui che si sviluppa in modo deforme e difforme rispetto all’Umanesimo il concetto dell’individualismo: nel rapporto tra uomo e Natura, tra uomo e Storia, tra uomo e Società, ogni individuo è diverso perché ogni sentimento, ogni istinto, ogni stato d’animo sono diversi. Ciò che accomuna gli individui non è più la ragione e la conoscenza (che si possono misurare), ma è il sentimento, che però è diverso da persona a persona. Ecco che nasce l’esaltazione della personalità, la rivalutazione dell’Eroe (secondo una distorta rilettura dei miti) e quindi, di conseguenza, lo sviluppo degli istinti più bassi guidati e gestiti dall’Eroe di turno (guardacaso un leader carismatico).
Oggi il sistema capitalistico sfrutta la concezione romantica dell’individualismo per vendere e il sistema politico è imperniato sulla stimolazione degli istinti e la creazione costante di leader in cui riconoscersi e in cui credere ciecamente. Chiunque di noi ha avuto piena fiducia in un personaggio carismatico (che prontamente ha poi deluso le nostre aspettative): un sindaco, un presidente di Regione o anche semplicemente un personaggio noto. E’ l’individuo che ricerca costantemente una figura in cui riconoscersi e sperare, una società coesa e istruita non lo farebbe mai.
Ecco perché la destrutturazione del sistema scolastico, la nascita della conoscenza in pillole ormai strutturata su internet e la diffusione di contenuti tesi a rimbambire le masse sono un’arma contro lo sviluppo della ragione.
Una scena del film The Island
Un po’ come nel film “The Island”, dove gli individui creati in provetta e pezzi di ricambio di gente ricca e famosa, sono appositamente tenuti nell’ignoranza, con il livello di istruzione di un bambino di terza elementare, proprio perché non devono conoscere, quindi ribellarsi contro il sistema che li sfrutta e li usa come pezzi di ricambio e quindi essere liberi. Il film è a lieto fine: la gente scopre la verità e diventa consapevole del proprio ruolo. Nella realtà, invece, siamo lontani da questa consapevolezza e ci stupiamo di ogni fatto di cronaca inspiegabile, ma che invece rappresenta il campanello d’allarme di una società in declino. Le migrazioni forzose e di massa, le guerre, l’economia stagnante, i fatti di sangue, persino la bassa natalità sono gli elementi che ci segnalano la morte della nostra società.
Noi siamo la curva calante di un percorso storico ormai alla fine. Proprio come l’Impero Romano d’Occidente.
La caduta dell’Impero Romano e gli elementi in comune con la nostra civiltà
Già, l’Impero Romano cadde perché era giunto all’apice della sua grandezza e le spinte indipendentiste da parte della Periferia dell’Impero erano molte. Secondo molti storiografi l’Impero cadde soprattutto per questi motivi:
enorme calo demografico (dovuto a guerre, carestie e alle malattie);
crisi economico-produttiva che aveva provocato un’alta inflazione e il crollo dei commerci;
enorme migrazione dei romani di città (cioè dei cittadini dell’Impero) sia a causa delle guerre, ma soprattutto della povertà;
ingiustizia sociale, che vedeva i poveri sempre più poveri e i ricchi sempre più ricchi, contribuendo alla perdita di coesione sociale;
corruzione politica, eccessivo peso fiscale e mancanza di fiducia nel potere centrale di Roma.
Non so voi, ma a me sembra che ci siano gli stessi identici elementi che caratterizzano la nostra società: calo demografico e calo delle nascite, crisi economica e produttiva, con aziende che chiudono o delocalizzano gli stabilimenti all’Estero e piccole attività commerciali che falliscono; “fuga dei cervelli” e dei pensionati all’Estero, i primi per cercare opportunità lavorative e i secondi per cercare di campare con la misera pensione italiana; ingiustizia sociale netta ed evidente, con la scomparsa della classe media e l’acuirsi della forbice sociale tra ricchi e poveri; corruzione politica sia centrale che periferica (ogni giorno sentiamo di politici, amministratori o imprenditori arrestati per corruzione), eccessiva pressione fiscale e scarsa fiducia nella politica da parte degli italiani, tanto che oggi si parla spesso di “antipolitica”.
Le migrazioni incontrollate
So che apparirò antipatico e impopolare nel parlare di questo argomento, ma le migrazioni di massa che si stanno verificando negli ultimi anni non sono certo paragonabili alle invasioni barbariche della caduta dell’Impero Romano, ma hanno elementi in comune. Anzitutto i numeri eccessivi, che non permettono il lento e graduale processo di integrazione, poi la gestione incontrollata e spesso approssimativa, che li costringe a vivere per lungo tempo in centri di accoglienza simili a carceri, in cui si acuisce lo scontro sociale e si formano i primi germogli di intolleranza, poi le città, che spesso vengono “suddivise” di fatto in quartieri auto-ghettizzati in cui i processi d’integrazione sono difficili se non addirittura osteggiati. Per non parlare poi dello sfruttamento del lavoro nero e schiavizzato, oltre a quello della prostituzione, che non rendono facile il processo d’integrazione, anzi, contribuiscono allo scollamento e all’odio sociale. Dati i numeri elevati, le crisi che attanagliano l’Occidente e l’incapacità effettiva di creare una società multietnica e pacifista, arrivo a pensare che si tratti di invasione. E attenzione, non di invasione volontaria da parte dei migranti. Non andiamo a guardare le singole storie, altrimenti perdiamo di vista il macro-processo. No, parlo di invasione di fatto, a tratti spontanea e a tratti forzata, che porterà presto alla disgregazione sociale e all’acuirsi dell’odio razziale, un odio che ci portiamo dietro dal romanticismo e dal nazionalismo e che è figlio della cultura individualista di stampo ottocentesco.
Dalla storia, come sappiamo, non abbiamo imparato niente. Né dal crollo dell’Impero romano né dalla formazione dei totalitarismi. Niente.
Tutto sommato, però, va bene così. Ogni civiltà nasce, cresce e muore, a volte nel peggiore dei modi. L’unico mio cruccio è che né io né i miei figli e forse nemmeno i figli dei miei figli vedranno il sorgere della nuova civiltà. Peccato. Spero solo nella prossima vita di rinascere gatto. Quello sì che è il vero eroe e simbolo dei nostri tempi.
Questo sito usa solo cookie tecnici e non di profilazione. Nessun banner è attivo. Puoi navigare in tranquillità. Informativa sulla Privacy OkGDPR
Privacy & Cookies Policy
Privacy Overview
This website uses cookies to improve your experience while you navigate through the website. Out of these, the cookies that are categorized as necessary are stored on your browser as they are essential for the working of basic functionalities of the website. We also use third-party cookies that help us analyze and understand how you use this website. These cookies will be stored in your browser only with your consent. You also have the option to opt-out of these cookies. But opting out of some of these cookies may affect your browsing experience.
Necessary cookies are absolutely essential for the website to function properly. This category only includes cookies that ensures basic functionalities and security features of the website. These cookies do not store any personal information.
Any cookies that may not be particularly necessary for the website to function and is used specifically to collect user personal data via analytics, ads, other embedded contents are termed as non-necessary cookies. It is mandatory to procure user consent prior to running these cookies on your website.