La crisi in Venezuela spiegata semplice

Perché schierarsi facilmente con Maduro o con Guaidò è un errore imperdonabile, che può compromettere le sorti di un Paese spaccato in due e dal futuro incerto. Per capire come nasce la crisi in Venezuela e perché è molto difficile schierarsi occorre fare un salto indietro per capire, a brevi tratti, la storia economico-politica del … Leggi tutto

Lino Banfi all’UNESCO!

Lino Banfi UNESCO.

Lino Banfi è stato nominato dal Governo italiano come membro del Consiglio Direttivo della Commissione Nazionale Italiana per l’UNESCO.

Come stabilito dal Decreto n. 4195 del 24 maggio 2007, i membri vengono scelti discrezionalmente dai vari Ministeri nonché dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri e da Camera e Senato.

Dato il ruolo importante che ha la commissione nella salvaguardia, valorizzazione e promozione del Patrimonio Culturale e Scientifico italiano, i membri vengono solitamente scelti per alti meriti e riconoscimenti nel campo culturale e scientifico.

La Commissione Nazionale Italiana per l’UNESCO, difatti, istituita nel 1950, ha lo scopo di favorire la promozione, il collegamento, l’informazione, la consultazione e l’ esecuzione dei programmi UNESCO in Italia.

Cosa fa l’UNESCO?

UNESCO logo

In breve ecco cosa fa l’UNESCO:

  • promuove l’educazione e l’accesso ad un’istruzione di qualità come diritto umano fondamentale e come requisito essenziale per lo sviluppo della personalità;
    Costruisce la comprensione interculturale anche attraverso la protezione e la salvaguardia dei siti di eccezionale valore e bellezza iscritti nel Patrimonio Mondiale dell’Umanità;
  • Persegue la cooperazione scientifica per rafforzare i legami tra le nazioni e le società al fine di monitorare e prevenire le catastrofi ambientali e gestire le risorse idriche del pianeta;
  • Protegge la libertà di espressione come condizione essenziale per garantire la democrazia, lo sviluppo e la tutela della dignità umana.

Negli anni l’UNESCO ha dato vita a numerose convenzioni che si sono rivelate utili nella tutela del Patrimonio Culturale globale e nella salvaguardia della diversità culturale, materiale e immateriale. Basti ricordare le numerose Convenzioni che si sono susseguite dal 1954 ad oggi e che si trovano qui.

Dato dunque il ruolo delicato e tecnico che ha la Commissione e data la profonda preparazione culturale e politica dell’attuale classe governante, non stupisce la nomina di Lino Banfi, il quale certamente è un esponente altissimo della Cultura commediografica sexy degli anni ’70 e per chi è laureato all’Università della Vita è chiaramente un punto di riferimento indiscutibile.

Il programma di Lino Banfi all’UNESCO

Detto ciò sono riuscito ad ottenere la bozza del programma che Lino Banfi attuerà presso l’UNESCO e ve la posto in anteprima.

lino_banfi_unesco

  • Aggiornare la Convenzione per la salvaguardia del patrimonio culturale immateriale aggiungendo tutta la cinematografia sexy degli anni ’70, quale elemento imprescindibile per la formazione delle nuove generazioni;
  • Diffondere la cultura di “La soldatessa alle grandi manovre” presso ogni apparato militare internazionale;
  • Diffondere la cultura di “La liceale seduce i professori” e “la ripetente fa l’occhietto al preside” presso ogni istituto scolastico di ordine e grado;
  • Sostituire la dieta mediterranea (Patrimonio Unesco dal 2013) con la più salubre dieta composta da “Spaghetti a mezzanotte” e “Cornetti alla crema”;
  • Proporre l’inserimento nella World Heritage List dell’UNESCO i seguenti elementi culturali materiali: “Bar dello Sport” e “Grandi Magazzini”, in quanto elementi simbolici principali dell’attuale assetto culturale italiano;
  • Aggiungere all’elenco del Patrimonio Immateriale termini quali “madonnasantissimadell’incoroneta” e “occhi malocchio prezzemolo e finocchio” quali espressioni che le comunità, i gruppi e gli individui italici riconoscono in quanto parte del loro patrimonio culturale;
  • Inserire nell’elenco dei siti Patrimonio dell’Umanità Andria e Pomigliano d’Arco (ad adiuvandum) in quanto culla delle più alte espressioni politiche e culturali che l’Italia offre ai nostri giorni.
  • Sostituire tutte le formule scientifiche attualmente adottate dalla Comunità scientifica internazionale con questa formula: “Occhio, malocchio, prezzemolo e finocchio, ego me baptizzo contro il malocchio. [sputare nella vasca] E con il peperoncino e un po’ d’insaléta ti protegge la Madonna dell’Incoronéta; con l’olio, il sale, e l’aceto ti protegge la Madonna dello Sterpeto; corrrrrno di bue, latte screméto, proteggi questa chésa dall’innominéto.”

La realizzazione del programma di Banfi porterà sicuramente lustro all’Italia, che diverrà presto un faro per la Civiltà Occidentale quale espressione di superamento degli stantii e logori concetti scientifici e culturali ormai superati. Perché la Scienza e la Cultura sono cose noiose, mentre Banfi porterà alla Comunità internazionale un nuovo paradigma.

Certo vien da chiedersi come mai Lino Banfi nel 2013 dichiarò di voler votare per sempre Berlusconi “anche se uccide 122 persone” (ma pure Renzi andava bene) e oggi si dichiara grillino. Beh, come direbbe lui stesso “che chezzo me ne frega a me!”

La fattura elettronica è una cagata pazzesca

fattura elettronica

Ebbene, siamo agli sgoccioli. Il 1 gennaio 2019 non sarà un giorno di festa per milioni di contribuenti, i quali dovranno iniziare l’avventura – tutta italica – della fattura elettronica.

In Europa siamo gli unici ad usarla, eccezion fatta per il Portogallo, in cui si usa solo in specifici casi. Se siamo gli unici, un motivo ci sarà. Qual è il motivo? E’ semplice: la fattura elettronica è inutile, fa perdere tempo, non porta alcun vantaggio alle Aziende e comporta una spesa in più.

Cos’è la fattura elettronica?

La fattura elettronica è un sistema digitale di emissione, trasmissione e conservazione delle fatture create in uno specifico formato (XML) che si basa sulla creazione di un file digitale, trasmesso attraverso un portale predisposto dall’Agenzia delle Entrate mediante un codice identificativo e/o una casella di posta elettronica certificata (PEC).
In altre parole con questo nuovo formato l’Agenzia delle Entrate fa sia da “postino”, garantendo la presa in carico della fattura e la consegna, sia da “controllore”, in quanto ha accesso in tempo reale al contenuto del documento, quindi può vedere chi l’ha emessa, chi la riceve, cosa è stato acquistato e quanto si è speso.

Soggetti coinvolti

I soggetti coinvolti sono: emittente (o fornitore), Sistema di Interscambio (Agenzia delle Entrate) e destinatario (cliente b2b, Privati e Pubbliche Amministrazioni).

Ma vediamo nel dettaglio vantaggi e svantaggi di questo nuovo sistema.

I vantaggi

La maggior parte delle volte sentirete dire che questo sistema combatte il nero e lo spreco di carta, dato che non saranno più previste fatture cartacee. Falso.
Chi finora ha lavorato in nero continuerà a non emettere fatture, mentre lo “spreco” di carta viene già abbondantemente superato dall’emissione delle semplici e funzionali fatture in PDF. Perché oramai la maggior parte delle Aziende si serve di sistemi gestionali che generano documenti in PDF i quali sostituiscono pienamente la fattura cartacea. Sarebbe stato sufficiente implementare questo sistema così snello e veloce.

Tra l’altro, facendo più prove, ne risulta che per emettere una fattura in PDF con un qualsiasi sistema gestionale occorrono circa 20/25 secondi, mentre per emettere una fattura in formato elettronico (XML) occorrono almeno 3 minuti e non è neanche detto che l’invio della fattura attraverso il sistema di interscambio dell’Agenzia delle Entrate vada a buon fine, perché possono generarsi errori (di battitura, di connessione, ecc.) che provocano un problema e le possibilità di essere sanzionati per errori involontari aumentano, dato che l’Agenzia delle Entrate, con questo sistema, ha accesso diretto al contenuto del documento, cosa che non avveniva in passato.

Dunque il vero vantaggio non ce l’ha il contribuente (anzi, a lui spettano tutte le rogne), bensì l’Agenzia delle Entrate, la quale può controllare in tempo reale tutte le transazioni, il contenuto dei documenti, cosa ha acquistato il cliente e quanto ha speso. Altro che spesometro! In questo modo l’Agenzia delle Entrate può spiare senza alcun limite tutte le nostre abitudini d’acquisto, entrando anche nel merito delle nostre scelte.

Come avveniva finora?

Finora l’Agenzia delle Entrate aveva accesso solo alla somma delle fatture emesse/ricevute e solo in caso di accertamento poteva vedere il contenuto dei documenti. Dal 1 gennaio invece potrà effettuare in tempo reale qualsiasi controllo, saprà cosa abbiamo acquistato e potrà fare controlli incrociati anche per conoscere le abitudini di consumo di ogni persona. Questo perché – a differenza del passato – l’obbligo di fatturazione elettronica vale anche nei confronti dei privati.

I possibili errori

Fino ad ora era possibile correggere una fattura sbagliata. Oggi non più.

Mettiamo il caso che abbia sbagliato ad inserire un’aliquota IVA su una fattura già inviata al cliente. Fino ad oggi potevo avvertire il cliente, renderlo edotto dell’errore, correggere quest’ultimo e poi emettere la stessa fattura con la correzione. Qualsiasi sistema gestionale permette la correzione delle fatture anche dopo l’emissione.

Dal 1 gennaio non sarà più così, perché una volta inviata tramite il sistema di interscambio la fattura sarà immodificabile e in base al tipo di errore scatteranno pesanti sanzioni che vanno dal 10% della sanzione minima (500,00 €) fino al 18%. Stiamo parlando quindi di cifre considerevoli, che l’Agenzia delle Entrate pretenderà anche in caso di errori lievi. E pensate a quanti errori potrà commettere un imprenditore anziano, poco avvezzo con la tecnologia. Ma chiunque abbia mai masticato di Aziende saprà che gli errori sono facili da commettere e che si può sempre rimediare. Dal 1 gennaio si potrà rimediare, sì, ma pagando le relative sanzioni.

Esistono già i PDF

Come detto, non ci sono vantaggi nella fatturazione elettronica. La scusa che rimuoverà l’uso della carta è banale e ipocrita, perché l’uso della carta è ormai abbondantemente superato dall’uso dei PDF nelle fatture.

E poi sapete che per emettere la fattura elettronica è previsto l’uso della fattura di cortesia? Su quale supporto? Su carta, ovviamente.

Quindi da questo punto di vista non cambierà nulla. Difatti continuerete a ricevere le fatture (tipo di luce, gas, telefonia, dai vostri fornitori di fiducia, ecc.) sempre su carta.

Soggetti non interessati

Per adesso gli unici soggetti non interessati dal provvedimento sono: imprenditori in regime forfettario, medici e farmacisti. Vediamo nel dettaglio.

Imprenditori in regime forfettario: per loro non si applica l’obbligo della fatturazione elettronica, dato che chi sta in questo regime si presume faccia poche fatture e quindi fatturi poco. Ma per loro comunque scatta un obbligo “occulto”, perché se acquistano da fornitori che stanno nel regime ordinario, dovranno comunque dotarsi del codice identificativo per la ricezione delle fatture elettroniche, quindi, di fatto, saranno anch’essi destinatari del provvedimento.

Medici e farmacisti: ci si chiede “ma perché questi soggetti non saranno destinatari del provvedimento?”. Difatti suona strano, visto che – soprattutto i medici – sono i primi ad evadere il fisco e sono contribuenti molto più redditizi del negoziante sotto casa.

L’esclusione di questi soggetti è legata al fatto che il Garante della Privacy ha più volte espresso perplessità sulla tutela della Privacy nel sistema di fatturazione elettronica. Dato che con questo sistema numerosi soggetti – non sempre autorizzati – potranno leggere dati molto sensibili, allora il legislatore ha previsto, per il momento, la non applicabilità della norma per medici e farmacisti. Questa cosa lascia presagire che i nostri dati non sono al sicuro. Chi potrà leggerli? Ci sono garanzie che il sistema di interscambio e di conservazione delle fatture è al sicuro? Le software house che propongono i loro servizi di e-fatturazione e conservazione hanno titolo per leggere i nostri dati? Poiché non ci sono risposte chiare in merito, il governo ha deciso di evitare l’obbligo di fatturazione elettronica per quei soggetti che trattano dati relativi alla salute delle persone. La qual cosa, però, non è sufficiente a sciogliere i nodi circa la violazione della nostra privacy.

la fregatura della conservazione

Finora le fatture ce le conservavamo da noi. Si generava il documento, si portava dal commercialista e si conservava (sul pc o in archivi cartacei). Oggi non più. Le fatture vanno conservate da soggetti autorizzati, per almeno 10 anni. E chi sono i soggetti autorizzati? Le software house che hanno ricevuto l’autorizzazione da parte dell’Agenzia delle Entrate nonché quest’ultima.

Il costo dei servizi relativi all’invio e alla conservazione delle fatture elettroniche varia e si aggira tra i 25,00 € l’anno e i 120/130 l’anno. Almeno per adesso. Poi non sappiamo se quando il sistema andrà a regime questi soggetti ci prenderanno per il collo e proporranno la conservazione a prezzi più elevati. Non sappiamo nemmeno che fine faranno le nostre fatture se non dovessimo più rinnovare il servizio. Se le distruggeranno? E se poi successivamente l’Agenzia delle Entrate ci farà un accertamento e verrà a sapere che non abbiamo le fatture? Quali sanzioni scatteranno? Insomma, sappiamo solo che imprenditori e professionisti sono ormai presi per il collo: dovranno pagare qualsiasi cifra chiesta perché le SH possano gestire le fatture per almeno 10 anni dall’emissione.

Ma non c’è problema. C’è il servizio gratuito dell’Agenzia delle Entrate!

La conservazione delle fatture da parte dell’Agenzia delle Entrate

L’Agenzia delle Entrate ha previsto sul suo portale un servizio gratuito di conservazione delle fatture elettroniche. In altre parole l’obbligo di conservazione è assolto dall’Agenzia delle Entrate per un periodo di 15 anni. Peccato che per accedere al servizio è necessario stringere un accordo non negoziabile e che la conservazione riguardi solo le fatture, mentre il resto della contabilità non farà parte dell’accordo, con conseguente frammentazione della contabilità interna dell’Azienda.

Ma ciò che lascia perplessi è un altro fatto: a conservare le nostre fatture sarà lo stesso soggetto che fa gli accertamenti, ci sanziona e con cui si possono aprire possibili contraddittori giudiziali.

In altre parole è come se ad arbitrare una partita sia un tifoso di una delle squadre in gioco.

Insomma, la conservazione delle fatture non si può fare in proprio. Ci si dovrà rivolgere a soggetti privati o all’Agenzia delle Entrate, che però è lo stesso soggetto che conserva, controlla e accerta. Il ché non è proprio il massimo della trasparenza.

Ma anche i privati possono ingannarci. Se oggi ci chiedono – chessò – 100 euro all’anno per la conservazione, nulla esclude che tra 5 anni possano chiederci 500 euro, con la minaccia di distruggere i documenti da loro conservati e con il rischio di incorrere in pesanti sanzioni nel caso le fatture non siano accessibili. Insomma, non saremo più padroni nemmeno dei documenti da noi stessi creati ed emessi e dovremo pagare un terzo che li conserva per noi, ma senza la certezza che possa aumentare le pretese, chiudere la baracca o, peggio, farsi rubare i documenti da qualche hacker buontempone.

In tutti questi casi a pagare saranno i responsabili della conservazione. Chi? Loro? No, noi. Perché per legge e per contratto l’unico responsabile della conservazione è chi emette la fattura, nonostante non abbia materiale possesso dei documenti. Incredibile, vero?

Un grazie dalle software house

Se l’Agenzia delle Entrate gode perché potrà sapere i cazzi nostri, anche le Software House godono, perché avranno per le mani una gallina dalle uova d’oro, a norma di legge. E avranno la garanzia di entrate sicure per almeno un decennio. Se non leggi per bene i termini dell’accordo non saprai mai se nel corso degli anni queste SH potranno aumentare le loro pretese o impedirti di accedere alle tue fatture. Ma non è neanche detto che quest’aspetto sia presente nei termini dell’accordo. Chiaro, no?

La fattura elettronica non combatte il nero

Questa cosa va detta, ribadita e ripetuta fino allo sfinimento. La fattura elettronica non combatte il nero, anzi, lo incentiva. Le ragioni le ho esposte sopra e se oggi il nero è diffuso, con questo nuovo sistema lo sarà ancora di più, perché chi è onesto smette di esserlo a causa delle enormi pretese impositorie della burocrazia italiana e alla fine, per sopravvivere, si fa furbo. Ma è una furbizia indotta, proprio da chi dice di volerla ridurre. Lo Stato.

Anche lo scontrino elettronico è una cagata pazzesca!

Art. 7 del DL Fiscale e ASD

ASD Monviso-Venezia

In queste concitate ore la Lega ha finalmente trovato un accordo con il M5S in tema di condoni. Come ha osservato il Presidente Conte, si è trattato di un ravvedimento operoso nei confronti di una bozza di Decreto che regalava molte concessioni ad evasori fiscali e, probabilmente, anche alla criminalità organizzata. Tutto ciò fino a … Leggi tutto

La verissima storia dell’approvazione del DL Fiscale: Di Maio e la manina sullo smartphone

consiglio ministri dl fiscale manina

Leggendo le tante, tantissime notizie che riguardano la cosiddetta manina, denunciata da Luigi di Maio direttamente in televisione, a Porta a Porta, per cui – secondo lui – il testo del c.d. Decreto Fiscale è stato modificato a sua insaputa con l’aggiunta di una norma salva-evasori e corrotti, mi sono chiesto come sia andata veramente … Leggi tutto

Davvero la RAI ha dedicato più spazio al PD che al M5S?

RAI agcom

Secondo Carlo Sibilia e Gianluigi Paragone la RAI, nei propri TG, avrebbe dato più spazio al PD e a Forza Italia rispetto alle forze di Governo: M5S e Lega. Le rilevazioni, fatte dall’AGCOM, sono relative al mese di settembre 2018. 

Solo 4 ore e 44 minuti al M5S, 5 ore e 39 minuti alla Lega e ben 15 ore e 16 minuti al PD e 12 ore e 16 minuti a Forza Italia.

Dopo aver appreso la notizia mi sono subito chiesto: ma come? Se ogni volta che accendo la TV mi trovo sempre le facce di sta gente? (leghisti e grillini, ndr) E’ davvero possibile che abbiano dato così poco spazio alle forze di Governo? 

Stando al grafico pubblicato sulla pagina del Sottosegretario Sibilia, parrebbe di sì. Per non parlare del giornalista Gianluigi Paragone, le cui parole non lasciano adito a dubbi: Nel mese di settembre, fonte Agcom, il Renzusconi ha parlato a tg(rai) unificati superando di gran lunga lo spazio riservato al MoVimento 5 Stelle e alla Lega.

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Il post di Carlo Sibilia, che si trova qui

 

Ma siccome ormai sono abituato alle loro coloratissime e graficamente accattivanti vignettucce, votate alla condivisione, con le quali denunciano o rivendicano cose, che però non mi hanno mai convinto a fondo, spesso ho provato a verificarne la veridicità, non senza fatica, dato che da semplice cittadino, privo di mezzi e con poco tempo a disposizione per curare il blog e per approfondire le fonti, spesso mi sono scontrato con l’osticità nel trovarle e con l’estrema farraginosità delle fonti stesse, per cui, per mancanza di tempo, ho sempre desistito. Ma questa volta è stato facile, dato che gli stessi autori del grafico hanno indicato la fonte, ossia l’AGCOM. Allora è stato sufficiente collegarmi al sito dell’Autorità e trovare, tra le ultime news, quella relativa all’analisi dei tempi di parola dei soggetti politici e istituzionali nei telegiornali RAI. Alla news è allegata la relazione nonché un file excel che si possono scaricare e da cui emergono tutte le statistiche.

tabella_tempo_parola_soggetti_politici_telegiornali_agcom

La prima cosa che balza all’occhio è che – effettivamente – il M5S e la Lega hanno avuto poco spazio, rispetto alle altre forze politiche, ma analizzando meglio il documento emerge che il maggior spazio è dedicato a: Presidente del Consiglio e Governo (Ministri e Sottosegretari), come si può facilmente evincere dalle righe nn. 24 e 25 del file (che, lo ripeto, si scarica da qui).

Quindi, per esempio, tenendo a riferimento il foglio 3 (il file è composto da 12 fogli e racchiude tutte le emittenti televisive, non solo RAI), che rappresenta la somma delle ore in RAI, scopriamo che, come afferma il M5S, le ore dedicate al M5S sono solo 4 e 44 minuti, mentre alla Lega vanno 5 ore e 39 minuti. Al PD invece vanno ben 15 ore e 16 minuti mentre a Forza Italia 12 ore e 15 minuti. Tuttavia al Presidente del Consiglio sono dedicate bene 14 ore e 17 minuti, mentre al Governo (Ministri e Sottosegretari) addirittura 42 ore e 34 minuti.

Ora, dato che il Governo è composto da membri del M5S e della Lega, è facile intuire che queste ore debbano sommarsi a quelle dedicate ad altri esponenti dei suddetti partiti che non fanno parte del Governo e quindi la somma corretta è: 66 ore e 34 minuti che la RAI ha dedicato a M5S e Lega.

Non va infatti sottaciuto che, seppur queste ore siano separatamente conteggiate da quelle dedicate alle forze politiche, in quanto l’AGCOM separa queste ultime dai ruoli istituzionali, i soggetti che se ne avvantaggiano, nonostante facciano parte del Governo e quindi sono soggetti istituzionali, fanno comunque parte delle forze politiche di maggioranza e dunque, durante i loro interventi in televisione, foraggiano le proprie iniziative, esattamente come fanno quei membri dei medesimi partiti che però non fanno parte del Governo. In altre parole, quando intervistano un Salvini o un Di Maio o un Sibilia, questi ultimi parlano non solo per il loro ruolo istituzionale, ma anche come membri effettivi delle rispettive forze politiche.

Questo semplice assunto è maggiormente rafforzato dalla realtà fattuale di oggi, dato che le forze di Governo sono perennemente in campagna elettorale e quindi le loro dichiarazioni sono quasi sempre poco istituzionali e molto di parte.

Allora, poiché le forze di Governo hanno avuto ben 66 ore e 34 minuti in RAI, mentre PD e Forza Italia solo 27 ore e 30 minuti, dov’è la disparità di trattamento? Suggerisco a Gianluigi Paragone e a Carlo Sibilia di mettere in pratica quello che, a parole, è il cavallo di battaglia del M5S: l’onestà.

L’onestà intellettuale di raccontare la realtà così com’è e di non piegarla per fini poco nobili, ossia sconfessare la RAI e calcare la mano sul fatto che bisogna riformarla. Quanto vogliono? il 100% dello spazio?

Autonomia Veneto, la secessione è qui (ed è pericolosa)

veneto

Breve e semplice analisi della proposta di legge per maggiori forme di autonomia della Regione Veneto.  Con una proposta di legge ordinaria, al vaglio del Parlamento già a fine ottobre, il Veneto porta a compimento la prima fase di quello che appare essere a tutti gli effetti un processo di secessione di fatto (domani chissà, … Leggi tutto

Io sto con Riace

Arrestato il Sindaco di Riace, Mimmo Lucano per un’indagine che fa acqua da tutte le parti. All’alba di stamattina è stato arrestato il Sindaco di Riace, Mimmo Lucano, l’uomo che da 20 anni a questa parte ha dimostrato con i fatti che è possibile ripopolare un paese duramente colpito dall’emigrazione, dare una speranza di lavoro … Leggi tutto

Salvini: no agli ambulanti, si alla contraffazione

salvini ambulanti

Salvini ha dichiarato guerra agli ambulanti che ogni giorno vendono mercanzia varia sulle spiagge delle località turistiche d’Italia, emanando una circolare con ad oggetto Prevenzione e contrasto dell’abusivismo commerciale e della contraffazione. “Spiagge sicure – Estate 2018”. Cosa prevede la circolare? Perché la scelta di Arci Lecce di tutelare gli ambulanti e i clienti in … Leggi tutto

Assemblea PD. Renzi e l’egemonia che si perde in 2 mesi.

Renzi Assemblea PD

Breve analisi dell’intervento di Matteo Renzi nell’Assemblea PD e di come per lui l’egemonia sia una cosa che si perde in due mesi.

Ho avuto modo di seguire buona parte degli interventi dell’Assemblea Nazionale del PD, incluso quello di Matteo Renzi.

Dalle mie parti c’è un proverbio che recita: “quannu lu ciucciu nu bole cu ‘mbie magari ca fischi!”, che, tradotto, significa: “quando l’asino non vuole bere è inutile fischiare”.

Per me rappresenta un po’ la sintesi di quanto è avvenuto in seno all’assemblea, dove sono stati tanti gli interventi critici, lucidi e ponderati, volti a riflettere sulle debolezze del partito e sulle possibili soluzioni per la sua ripresa, ma dove buona parte della platea ha accolto con freddezzadistacco le critiche e le proposte mentre ha applaudito con ovazioni da stadio l’intervento (a tratti banale ed eccessivamente egocentrico) dell’ex premier Matteo Renzi. Se il PD non vuole bere, è inutile fischiare!

Il discorso di Renzi all’Assemblea PD

Renzi, nel suo discorso, si è attribuito vaghe e indefinite responsabilità nel fallimento del suo partito, ma in sostanza ha dato la colpa ad altri aspetti: la scarsa presenza sui social da parte del PD, i toni troppo sobri in campagna elettorale, la mancanza di coraggio nel prendere decisioni sullo Ius Soli e sull’abolizione dei vitalizi nonché il non aver rinnovato la classe dirigente al Sud. Ha anche attribuito grandi responsabilità alla minoranza del partito, che, a suo dire, gli ha remato contro.
Il discorso di Renzi, sin dall’inizio, trasudava ego da tutti i pori, arrivando anche a dire che mai, nella storia, un partito come il suo è stato tanto egemone da conquistare addirittura 17 regioni su 20 e il 41% dei consensi.

“Nessun partito ha mai avuto il potere che abbiamo avuto noi in questi anni in Italia”.

Questo lo diceva con una punta d’orgoglio e con enfatico entusiasmo, come a voler dire che è grazie a lui che il PD, negli anni scorsi, è stato egemone. La realtà però è sotto gli occhi di tutti e si dev’essere davvero ingenui a pensare che l’attuale situazione in cui si trova il PD è figlia del contingente e non, invece, di una lenta erosione, che trova le sue origini in un lontano passato ma inizia ad essere percettibile proprio nel periodo in cui il PD, in preda alla crisi dei partiti e alla nascita dell’antipolitica, viveva i suoi più gravi momenti di debolezza.
Fu in quel periodo che Renzi, forte del suo processo di rottamazione (grottescamente figlio anch’esso dell’antipolitica) imponeva la sua egemonia all’interno del partito, credendo ingenuamente che la sua egemonia tra le mura del PD s’instillasse in tutta Italia e plasmasse le coscienze di quella popolazione che credeva di poter modellare con i suoi discorsi unti all’olio di oliva.

“Per quattro anni il PD è stato l’argine del populismo in Italia. E se non avessimo fatto quello che abbiamo fatto nel 2014 l’ondata populista ci avrebbe sommersi”.

Anche questa frase trasuda tracotanza, dimostrando di non aver compreso che, invece, quei quattro anni sono serviti ad alimentare la demagogia dei suoi avversari in Italia e hanno contribuito a creare lo scollamento tra la sinistra nominalistica (il PD) e la popolazione che, poi, si è palesato alle ultime elezioni. In quei quattro anni il M5S ha rafforzato la sua presenza in rete e nei territori e la Lega ha dato maggior potere e struttura alle sue sedi territoriali e maggiore visibilità al suo leader, che incessantemente ha divulgato la sua linea politica girando in lungo e in largo per l’Italia e usando sapientemente i mezzi d’informazione.

Renzi e l’egemonia persa in due mesi

“Noi l’egemonia l’abbiamo persa tra maggio e giugno 2017, dopo le primarie”.

Questa frase, secondo me, rappresenta la summa dell’inadeguatezza renziana.
Come se l’egemonia fosse un abito che s’indossa e si dismette dall’oggi al domani. L’egemonia è un sistema di comando e controllo, culturale e politico, che si costruisce nel tempo e nel tempo si perde e che ha bisogno di un riscontro reale e di una sovrastruttura ideologica, creata dalla classe politica dominante per mezzo della propaganda ma soprattutto da quelli che Gramsci definiva intellettuali organici, cioè quegli intellettuali che difendono e rafforzano il potere della classe politica dominante.
Renzi non si è ancora reso conto che il PD ha perso la sua egemonia già molto prima della sua scalata politica e che i segnali – deboli ma inequivocabili – erano palesi già da diversi anni, più o meno dagli anni della rottamazione e dello sviluppo dell’antipolitica.

Perché se n’è accorto solo ora? Perché nella sua analisi politica ha tenuto presente solo i risultati delle elezioni scorse, non considerando che in un sistema bipolare, fino all’avvento del M5S e fino alla conclusione dell’opera di rafforzamento della Lega da parte di Salvini, non esistevano alternative valide al PD.

Per lungo tempo votare il meno peggio era una sorta di costrizione ideologica da parte dell’elettorato più riflessivo, mentre s’allargava sempre più la platea dell’astensionismo.

Del resto, negli anni scorsi, con un Centro-Destra frammentato dalle beghe interne e da diverse scissioni, il PD aveva vita facile, anche se il partito fino ad allora dominante era il partito dell’astensionismo. Oggi l’astensionismo ha lasciato il passo al M5S e alla Lega.

Come dimenticare le elezioni regionali in Emilia Romagna nel 2013 dove l’affluenza fu solo del 37%? Renzi allora cantò vittoria, ma ottenere il 49% del 37% degli aventi diritto al voto non può essere considerata una vittoria. Formalmente lo è, ma politicamente è una pesantissima sconfitta.
Quindi un Renzi che ritiene che il PD abbia perso la sua egemonia in un paio di mesi è un personaggio che le analisi proprio non le sa fare, offuscato com’è dalla sua immagine (tutta personale) di grande statista e grande comunicatore.

Il M5S

A proposito di analisi, vorrei soffermarmi un attimo su un altro punto del suo discorso, cioè quello in cui considera il M5S “la vecchia destra” (con tanto di applausi) e, addirittura, “una corrente della Lega”.
Ora vorrei fare un’ovvia considerazione, ossia che il M5S, attualmente, non rappresenta ideologicamente né una destra né una sinistra ma è interclassista esattamente come la popolazione che rappresenta.

Nel momento in cui si ricostruirà un fondo di coscienza tra i poveri, i precari e gli sfruttati in genere (che in Italia sono la maggior parte, più di quanto l’ISTAT evidenzia) nonché un terreno culturale in cui far crescere la propria consapevolezza e, soprattutto, quando si porrà un freno al dilagare di quell’analfabetismo funzionale che, invece, è il terreno ideale in cui proliferano i nazionalismi e le demagogie più becere, forse solo allora si potrà tornare a parlare di sinistra e, di conseguenza, di destra come antitesi ai valori dell’equità e della giustizia sociale.
Questa è un’operazione che spetterebbe a quegli intellettuali organici che, invece, oggi sono tutti preda del radicalismo fricchettone qualunquista, per cui si riempiono la bocca di concetti come umanità e accoglienza nei confronti dei fenomeni migratori (senza curarsi di interrogarsi sulle cause e gli effetti) e ignorano volutamente l’opinione pubblica bollandola come ignorante, xenofoba e razzista. Insomma, gli intellettuali di oggi non fanno altro che alimentare il nazionalismo e allontanare la gente comune dalla ragionevolezza politica.

Quindi da un lato gli intellettuali hanno smarrito la propria funzione e dall’altro lato uno come Renzi liquida subito il fenomeno 5 Stelle come un movimento di destra, senza curarsi di ragionare sulla sua composizione così multiforme, liquida e orizzontale e sulle cause che hanno spinto un movimento così scoordinato e di recente costituzione a diventare la prima forza politica in Italia.
In altre parole, invece che scusarsi davanti alla platea per aver fatto perdere al PD la sua egemonia culturale (che, però, come detto, in realtà hanno perso da molto tempo) e per non essere stato capace di gestire il malessere di una popolazione che ha dato la responsabilità ai fenomeni migratori (quando, invece, la responsabilità è di un sistema economico-finanziario malato e volto a creare disuguaglianze), ha liquidato subito il consenso del M5S come qualcosa di destra.

Mai un cenno al fatto che la gente guarda al PD come al partito delle banche e quindi, di fatto, colpevole di essere uno strumento nelle mani del capitalismo finanziario globale; mai una critica ad un partito la cui linea politica è centralizzata e in mano a poche persone e in cui le periferie non contano granché. Niente. Nessuna critica, solo pura esaltazione contornata da vaghe ammissioni di responsabilità senza però alcun concreto effetto sulla futura linea di governo del partito. Del resto la riconferma di Martina a Segretario ne è la prova più evidente.

Le critiche

Andando a vedere gli altri interventi s’intravedono, infatti, alcune precise critiche nei confronti di un partito ormai congelato e incapace di analizzare la realtà socio-economica e di intraprendere il giusto percorso per correggere le storture di un capitalismo finanziario che sta producendo gravi danni alle economie e alla tenuta sociale degli Stati in cui ha avuto libero accesso e legittimazione politica. Altre critiche più puntuali hanno messo in luce lo scarso coinvolgimento della base da parte del partito e, soprattutto, il fatto che i circoli del PD non hanno alcun ruolo nel definirne la linea politica. Ragionamenti puntuali che mettono in rilievo il distacco del partito dai territori che, invece, dovrebbero rappresentarne la linfa vitale e il termometro politico.

Eppure queste critiche sono state accolte dalla platea con freddezza e un certo distacco.

Già, perché l’Assemblea PD è il prolungamento del suo vertice e ne rappresenta solo il contorno scenografico grazie al quale dimostrare davanti all’opinione pubblica che il PD è un partito democratico, in cui si discute e si detta insieme la linea politica. Nella realtà, però, non è così. La discussione c’è, ma l’egemonia di Renzi e del vertice (Martina, Orfini, ecc.) è tale che la discussione assume solo un ruolo formale. Le decisioni vengono prese da pochi e il resto del partito non conta.
Conterà solo alle primarie, quando si deciderà chi sarà il nuovo Segretario. Nemmeno il Congresso conterà molto. E poi la decisione di fare il Congresso e le primarie a ridosso delle elezioni europee del 2019 fa capire che alla Segreteria del PD non interessa conoscere l’opinione dei suoi iscritti e rimettere in piedi il partito, ma solo assicurarsi una riconferma dell’attuale vertice in prossimità delle elezioni europee. Il tempo sarà così breve che, giocoforza, si riconfermeranno le stesse persone.

E’ ovvio che con questi presupposti il PD non vedrà alcuna risalita e, anzi, continuerà a perdere consensi. Perché il consenso è figlio dell’egemonia, quella cosa che non si perde né si acquista in un paio di mesi o in congressi-farsa a ridosso delle elezioni.