Lo Stato di Polizia è un’altra cosa, ciucci!

Stato di Polizia

Leggo spesso in vari blog, articoli di giornale, post e commenti sui social, che oramai noi viviamo in uno Stato di Polizia, in quanto il potere ci controlla e ci soggioga grazie all’uso delle forze dell’ordine che soffocano e reprimono le libertà dei cittadini anziché tutelarle e proteggerle. Giusto, no? Leggi anche tu queste boiate, vero?

Non voglio certo negare che spesso le Istituzioni usino le forze dell’ordine per controllare e reprimere le forme di disobbedienza civile e che spesso lo facciano in modo autoritario ed eccedendo nei loro ruoli. Ma questo non vuol dire che viviamo in uno Stato di polizia! Lo Stato di Polizia è un’altra cosa, completamente diversa.

Ma per capirlo bisogna capire la differenza tra forme di Stato e forme di Governo, distinzioni elaborate dalla scienza costituzionalista per indicare le diverse forme che possono assumere uno Stato e un Governo.

Forme di Stato

Uno Stato, inteso come sintesi di tre elementi, cioè territorio, popolo e governo, può assumere diverse forme, a seconda delle influenze storiche, filosofiche e politiche di un dato territorio. Nella storia abbiamo avuto:

STATO UNITARIO

E’ una forma di Stato costituita da un solo popolo su un unico territorio e sotto un unico potere sovrano.

STATO FEDERALE

E’ una forma di Stato che racchiude in sé più Stati, i quali possiedono tutti gli elementi costitutivi tipici dello Stato unitario (popolo, territorio, potere sovrano). Si basa su una Costituzione federale e più atti costitutivi, ognuno del singolo Stato, nonché vengono imposte regole proprie per ogni Stato e regole comuni. L’esempio tipico sono gli USA.

STATO ASSOLUTO

Nello Stato assoluto tutti i poteri (potere legislativo, esecutivo e giudiziario) vengono concentrati nella persona del Monarca. La popolazione è composta da sudditi (non cittadini) che rispondono solo al Re e a nessun altro potere.

STATO PATRIMONIALE

E’ una forma di Stato assoluto in cui il Re dispone del Regno come fosse proprietà privata e fonda i suoi rapporti su un modello di tipo privatistico. Anche in questo caso la popolazione è composta da sudditi.

STATO DI POLIZIA

E’ una forma più evoluta dello Stato assoluto, in cui il Sovrano, pur esercitando sempre il potere assoluto, nel contempo deve assicurare un certo benessere ai sudditi, per cui diviene un “Sovrano illuminato”. Del resto “polizia” deriva dal greco “polis” e, secondo questa forma di Stato, i sudditi hanno diritto a vivere in serenità e sicurezza, per cui il Sovrano deve garantire sicurezza da possibili attacchi esterni nonché benessere diffuso.

STATO DI DIRITTO

Nasce con la scomparsa dello Stato assoluto, per cui i “sudditi” divengono “cittadini” titolari di diritti, che rispondono solo alla legge, come anche il Sovrano (principio di legalità”). Nasce, in questo contesto, la Carta costituzionale nonché il principio della “Separazione dei poteri”.

STATO SOCIALE

E’ una forma evoluta dello Stato liberale, per cui vanno garantiti al cittadino i servizi primari (sanità, istruzione, occupazione, previdenza sociale, trasporti, ecc.), indipendentemente dal proprio reddito, al fine di rimuovere le disuguaglianze sociali.

STATO SOCIALISTA

E’ una forma più “estrema” dello Stato Sociale, per cui lo Stato si fa capo dei mezzi di produzione e garantisce ogni genere di servizio ai cittadini, in modo pressoché uguale per tutti.

Forme di Governo

A differenza delle forme di Stato, dove lo Stato si conforma in base a territorio, popolo e potere, le forme di Governo sono modelli organizzativi tipici del potere stesso, per cui si possono avere diversi modelli in base a come vengono conformati i tre poteri tipici del Governo di uno Stato: Potere decisionale, Potere esecutivo e Potere giudiziario, oltre al Potere di controllo e garanzia tipico del capo dello Stato.
Le forme di governo classiche sono:

MONARCHIA

Il potere in mano ad una sola persona. Qui distinguiamo tra Monarchia costituzionale (i poteri del Monarca sono limitati dalla Costituzione) e Monarchia assoluta (il Monarca prende tutte le decisioni e non risponde ad alcun altro potere).

ARISTOCRAZIA

Il potere in mano a poche persone (nobili o comunque “migliori”).

DEMOCRAZIA

Il potere in mano al popolo.
Poi abbiamo ulteriori forme di Governo le cui caratteristiche di base sono comunque simili alle forme di Governo classiche, ma che hanno alcuni elementi diversi, spesso patologici.

AUTOCRAZIA

Il potere in mano a una o a poche persone, che controllano la formazione delle leggi, il potere giudiziario, l’esercito e i mezzi di informazione. In questo termine ritroviamo la dittatura, la dittatura militare, la plutocrazia, la teocrazia, ecc.

ANARCHIA

In questo caso non esiste un governo organizzato e il potere è autoregolato dai membri di una comunità.

SOCIALISMO

E’ una forma di governo tipica dello Stato Socialista.

REPUBBLICA PRESIDENZIALE

Come quella francese o americana, per cui il Presidente (capo dell’esecutivo) detiene maggior potere rispetto ad altri organi e assume anche i poteri tipici del capo dello Stato.

DEMOCRAZIA DIRETTA

E’ una forma di democrazia senza intermediazioni tipiche della rappresentanza parlamentare. Spesso si associa ad altre forme democratiche e si sostanzia nella decisione, da parte del Popolo, su tematiche rilevanti, a mezzo referendum.
Esistono tante altre forme di governo, ma sia chiara una cosa: se volete parlare di quanto in Italia la libertà sia limitata e controllata da parte del Governo, prendete ad esempio una delle forme di Governo, parlate pure di dittatura di fatto, di autarchia, di democrazia totalitaria, ma lasciate perdere lo Stato di Polizia, che è un’altra cosa. Fino a prova contraria la nostra è ancora una forma di Stato di diritto.

Non aprire quella partita IVA

steve jobs partita IVA

Steve Jobs, il fondatore di Apple, in un discorso all’Università di Stanford nel 2005 disse la storica frase: “siate affamati, siate folli”, rivolgendosi agli studenti laureandi, per invogliarli a crescere e a creare idee e imprese.

E ci credo. Negli USA sta frase ha un senso, in Italia ne ha un altro, soprattutto per le Partita IVA.

“Siate affamati”

Tra INPS, IVA, anticipi IVA, irpef, commercialista, tenuta dei libri contabili, diritti camerali, fornitori, luce, acqua, gas, tasse comunali sull’immondizia, l’insegna, il suolo pubblico, oltre a tante altre spese quali commissioni sui bonifici, sulle transazioni, spese di C/C, corrieri, merce danneggiata, assicurazioni, spese pubblicitarie, costo carburante, affitti e registrazione del contratto (all’Agenzia delle entrate da corrispondere ogni anno) e altre spesucce varie, a chi ha una Partita IVA la fame viene davvero, ma non nel senso prospettato da Jobs.

“Siate folli”

Si, perché per aprire una Partita IVA, in Italia, devi essere davvero folle.

Anzi, non folle, devi essere proprio scemo.

Perché oltre alle spese devi sorbirti mille impegni, non hai nessuna garanzia sindacale, nessun tipo di ferie pagate, se ti ammali sono cazzi tuoi e, per racimolare qualche soldo in più, lavori anche con la febbre e anche durante le “ferie”.

Poi mettici i clienti assurdi, che ti chiedono le cose più disparate che, se non hai o non puoi avere, ci restano male e “ti cambiano”, poi – in questo quadro roseo – mettici anche la concorrenza cinese, Amazon, la Tunisia, la Spagna e tutti i paesi Extra-UE che, tramite simpatici accordi, fanno entrare roba (alimentare e non) a basso costo e ad alti profitti.

Mentre tu, piccolo imprenditore, ti smanetti ogni giorno per cercare di ridurre i costi, aumentare la produttività, ottimizzare i processi produttivi e cercare di restare a galla, riducendo sempre più il tuo guadagno netto (che, tranquillo, andrà via tra tasse, imposte, spese varie e i figli che ti chiedono l’ultimo Smartphone alla moda da 800 euro, dopo poco meno di 6 mesi dalle ultime 800 euro spese per lo Smartphone che è passato di moda).

Se questo non è essere folli…

La verità è che quello parlava facile, in America

Già, perché negli USA non esiste l’obbligo di avere un commercialista. Oddio, nemmeno in Italia, ma qui è così complesso il sistema fiscale che il commercialista è la prima cosa che devi cercare quando apri una Partita IVA.

Negli USA no. E’ solo un consulente, che ti aiuta, ma non è necessario. Poi, negli USA tu dichiari il tuo reddito il 15 aprile (e hai tempo per farlo entro il 15 ottobre, senza ravvedimenti onerosi, come in Italia…) e loro si fidano di quello che dici (a meno di eventuali controlli, e allora so’ cazzi, se menti).

Paghi più o meno il 15% di tasse (se sei ricco arrivi al 10%) e non hai a che fare con mille enti diversi (INPS, Agenzia delle Entrate, CCIAA, Comune, Provincia, Ente Nazionale per la fessadimammata, ecc.) e diecimila scadenze (ogni 3 mesi l’INPS, poi le scadenze di IVA e quelle degli anticipi IVA, poi la scadenza della spazzatura, della registrazione del contratto di affitto, della CCIAA e tante altre piccole e grandi scadenze).

Insomma, è facile dire “siate affamati, siate folli” in un paese che ti fa pagare una cippa di tasse e la dichiarazione la può fare un fesso qualunque.

La pressione fiscale al 70% per chi ha una Partita IVA

Se Steve Jobs fosse nato in Italia avrebbe mandato a quel paese l’Apple, lo sviluppo, la conoscenza e non avrebbe mai proferito simili parole agli studenti dell’Università di Camerino. Anzi, gli avrebbe detto: “siate raccomandati, siate nipoti (se potete), altrimenti emigrate e andate a fare i camerieri a Tenerife”.

Perché in Italia, anche se hai una buona idea, il fisco ti salassa. Arrivi a pagare fino al 70% di tasse e imposte e, di quello che ti resta, devi pagare affitto, luce, acqua, telefono, internet, arredi, merce e tutto l’occorrente per far campare l’impresa.

E attenzione, perché luce e telefono hanno costi più alti. Essì, solo in Italia funziona così: costano di più perché tanto “puoi scaricarti i costi”. Ma che mi significa? Io pago circa il 25% in più di energia elettrica e di telefono e ADSL solo perché posso scaricare i costi (neanche integralmente). E se mi trovo nel regime forfettario? M’attacco.

Oltre alla pressione fiscale, pure la concorrenza

Già, perché se hai un’attività che produce o commercializza prodotti agroalimentari, devi fare i conti con la concorrenza tunisina, spagnola, marocchina, che esporta nel bel paese le stesse cose che vendi tu, ma alla metà del prezzo.

E tu, per restare sul mercato, devi abbassare i prezzi. Ah, giusto, vuoi vendere prodotti di qualità e puntare su un mercato di nicchia? Giusto, si. Ma quanto ti costa in pubblicità? Quanto in packaging e hai fatto due conti su quanto ti costa l’internazionalizzazione? Per non parlare della merce che il corriere – chiaramente – ti danneggerà e dei costi di trasporto che una piccola impresa non riesce a sopportare.

Ah, vero, ci sono le associazioni di categoria che ti supportano nei processi di innovazione e internazionalizzazione…ah, no. Scusa, lasciamo perdere!

Hai un’e-commerce? Bene. Peccato che realtà come Amazon ormai monopolizzano il mercato e offrono prezzi bassi e spese di spedizione gratuite. Come fanno? Semplice, sfruttano i dipendenti.

Tu non lo puoi fare, sennò l’Ispettorato del lavoro ti fa un culo così, per non parlare del dipendente, che con una vertenza ti fa chiudere e si piglia pure le tue mutande.

Quindi devi abbassare i prezzi, essere concorrenziale, ridurre i tuoi guadagni. Per di più devi essere veloce nelle consegne, fornire un packaging all’altezza, il reso gratuito e forme sempre migliori di assistenza post vendita. Come? Non ce la fai? E allora t’attacchi.

Sei un piccolo commerciante? Eh, lo so, a pochi km dal tuo negozio hanno aperto un nuovo Hong Kong dove vendono di tutto a prezzi stracciati e la tua clientela, anche quella più fedele, ti ha mollato e ti ha tradito, affascinata dagli occhi a mandorla e dalle tenui cadenze cinesi dei dipendenti del mega negozio.

Provi a fare i saldi? Dovresti vendere i tuoi prodotti al 50% e andare sotto prezzo di costo, ma vabbè, pur di vendere…Peccato che nel tuo piccolo negozietto la gente non può passeggiare con i carrelli e non hai nemmeno l’aria condizionata e il wi-fi gratuito. Quindi che li fai a fare i saldi?

La verità è che siamo fottuti

C’è chi parla di “resilienza” come capacità di resistere agli urti della vita e chi parla di “innovazione” come capacità di aggiornare i processi produttivi e di vendita per adeguarsi ai cambiamenti del mercato, ma la realtà è una sola: la gente vuole la qualità, si, ma a prezzi cinesi.

La gente è tendenzialmente e generalmente stupida e se ne frega che tu offri prodotti di qualità, sei cortese e sei sul mercato dal 1921. Se ne sbattono. Vogliono la roba buona a pochi soldi. Tu non puoi offrirla (chiaramente), loro non possono averla (logicamente) e quindi tendono ad acquistare cagate a pochi soldi.

Puoi anche fare i salti mortali e dire alla gente che tu hai “la roba meglio”, ma non c’è molto da fare: la gente vuol spendere poco. Allora tu che fai? Ti butti sul mercato del lusso e di nicchia? Certo, puoi farlo, ma per entrare in mercati simili devi spendere tanto (più di quanto vale la tua casa già ipotecata o la tua macchina scassata che non vede ombra di meccanico dal 1999) e devi fare tanta attività di lobbying, cosa che tu non farai mai perché non riuscirai mai ad entrare nei “giri che contano”.

E allora rassegnati e cerca di sopravvivere finché…boh? Allora che fai? Entri in concorrenza con i cinesi? Peccato che i tuoi fornitori ti offrono la stessa merce a costi più elevati, i corrieri ti offrono gli stessi servizi a costi più elevati (e ti rimborsano 1 € al kg se rompono la merce…), il costo del dipendente è 10 volte tanto rispetto a un cinese e non puoi vendere a nero, perché il cliente (stronzo) ti chiederà lo scontrino con la faccia indignata (lo stesso cliente che dai cinesi non osa nemmeno chiedere un reso…).

La crisi…

Non è colpa tua che hai commesso l’insano gesto di aprire una Partita IVA, come non è colpa dei clienti o della “gente”.

Il fatto è che in questi ultimi 20 anni la classe media è scomparsa. Lo leggi su tutti i giornali e lo ascolti in televisione. Tutti lo dicono, ma tu lo stai vivendo sulla tua pelle: la classe media non c’è più.

E qual è la classe media? Erano quelli che non erano né ricchi né poveri, erano quelli che avevano uno stipendio discreto e si potevano permettere di togliersi qualche sfizio. Erano quelli che durante il finesettimana andavano a fare shopping e spendevano un po’ di soldini nei negozi del centro, durante la passeggiata e prima di andarsi a fare una pizza. Erano quelli che non dovevano spulciare i volantini del discount per trovare le offerte migliori, ma andavano all’alimentari sotto casa a fare la spesa senza badare ai prezzi. Semplicemente compravano quello che gli serviva.

Erano quelli che “il mio negoziante di fiducia non lo cambio, perché oltre ai prodotti mi fornisce assistenza, e poi è così gentile…”. Quella stessa gente oggi va a fare la spesa ai discount (solo quando ci sono le offerte), compra dai cinesi e se ne sbatte dell’assistenza e della gentilezza, al centro ci va sempre a fare le passeggiate, ma si limita a guardare le vetrine e a commentare con toni sbigottiti i prezzi (come se i commercianti fossero dei ladri) per poi prendere un kebab a 3 euro o, al massimo, una pizzetta, prima di tornare a casa.

E tu? Ti deprimi dentro al negozio vuoto d’inverno oppure metti la sedia fuori d’estate e guardi, sconsolato, il via-vai di gente che guarda distrattamente il tuo negozio, ma di entrare non gli passa manco per la testa.

Per concludere

Quindi, caro commerciante, piccolo imprenditore e mia cara Partita IVA, la colpa non è la tua. Semplicemente hai sbagliato periodo e paese in cui nascere e operare.

Tu fai tutto il possibile, ma non c’è rimedio a questa realtà. E lascia perdere gli articoli fake che ti parlano del tizio che non vuole pagare le tasse. Se lo fai tu, ti arrivano cartelle, ingiunzioni di pagamento, ufficiali giudiziari che – levati – te li toglierai di torno solo dopo 40 anni di trafile giudiziarie.

Lascia perdere pure le cazzate di escapologia fiscale propinate da trasmissioni del cazzo come Le iene. Sono cazzate, fumo negli occhi, inutili tentativi di prenderti in giro. Ma tu sei furbo e intelligente e lo sai, l’unica è chiudere o emigrare oppure sfruttare il sistema.

Ora parlo a te, giovane pieno di speranze e di talento. Vuoi aprire una Partita IVA in Italia? Sicuro? Se sei ancora sicuro, fallo. Sappi solo che ti aspettano piccole soddisfazioni e grandi sofferenze. Se ti piace soffrire, allora aprila. Non dire però che non te l’ho detto.

E’ morto Paolo Villaggio (stavolta per davvero)

paolo villaggio

Il 2017 ci sottrae ancora una volta un pezzo di storia e di cultura, questa volta è andato via (per davvero) Paolo Villaggio. Dopo anni di bufale sulla sua dipartita (una all’anno) oggi è successo veramente.
Ma i grandi personaggi, si sa, non muoiono mai per davvero, come pezzi di DNA che i genitori trasmettono ai propri figli, i grandi personaggi ci lasciano pezzi del loro vissuto, del loro estro, del loro genio e della loro visione del mondo. Perché no, anche del loro coraggio.
Già. Nell’Ateneo in cui studiavo insegnava anche Piero Villaggio, fratello di Paolo – scomparso il 4 gennaio 2014 – professore emerito di Scienza delle costruzioni all’Università di Pisa e Accademico dei Lincei, che non ha mai digerito la scelta del fratello di intraprendere la carriera cinematografica, soprattutto in veste di personaggio povero e meschino, tanto da interrompere i rapporti col fratello (così si diceva) e tanto che, secondo una leggenda universitaria, uno studente di Scienze delle costruzioni, interrogato dal prof. Villaggio, dopo aver risposto a tutte le domande e dopo un esame sudatissimo, ricevette un misero 18 e si permise di esclamare – col tono fantozziano – un “com’è umano lei…”. Si racconta che il simpatico studente perse anche il 18 e non passò più l’esame, almeno finché il prof. Villaggio sarebbe rimasto in cattedra.
Il coraggio di Paolo è stato anche questo: rinunciare a carriere socialmente più “alte” per intraprendere quella cinematografica, inventandosi via via personaggi specchio della società del tempo e ancora attualissimi, in particolare Fracchia e Fantozzi.
Va riconosciuta la genialità di Villaggio nell’inventare un personaggio figlio dell’italiano medio e della bassa borghesia, un personaggio sfortunato, imbranato e maldestro, succube dei prepotenti e umile fino allo sfinimento, ma capace – ogni tanto – di eroici gesti di coraggio.
https://www.youtube.com/watch?v=ZTpKiWa7iIk
Uno che cerca di essere furbo, ma che poi viene tradito dalla troppa onestà.

Seguendo il più banale ed efficace dei clichet, Fantozzi è sposato con una donna “sciatta” che non lo soddisfa (ma che in fondo ama), con una figlia più simile a una scimmia che a una ragazzina (che lo fa spaventare ogni volta) e alle prese con mille problemi e mille umiliazioni, ma la partita di calcio è una delle poche valvole di sfogo di giornate umilianti e non si può rinunciare.

Fantozzi, quindi, è l’emblema dell’italiano medio, piccolo borghese, umile, tragicomico, sempre alle prese con furbi, superiori, colleghi, ma anche guai e piccole sfighe del destino che lo tartassano e lo umiliano, mentre lui – pavido e sornione – non si oppone alle avversità né cerca di contrastarle, ma tra le pieghe di sfighe quotidiane, cerca di tanto in tanto di emergere e di ottenere – tra furbizia e vaga illusione – qualche piccola concessione, come la mano della signorina Silvani, collega amata dal ragioniere ma spesso restia alle sue avance. Spesso. A volte, però, il ragioniere prende le sue soddisfazioni.

La penna di Villaggio

Il personaggio Fantozzi nacque dalla penna di Villaggio tra la fine degli anni Sessanta e gli inizi degli anni Settanta. Fu subito fortuna, vendette subito più di un milione di copie, perché gli italiani un po’ si identificavano nel personaggio di Fantozzi e un po’ (soprattutto) si sentivano superiori e quindi lo presero subito in simpatia. Già, perché il genio di Villaggio sta soprattutto in questo: aver creato un personaggio tipico italiano, ma più in tutto: più sfigato, con la moglie più sciatta, la figlia più brutta, la macchina più scassata, i colleghi più furbi e i capi più perfidi. E’ questo più che ha reso subito popolare il personaggio e lo ha reso più sfigato dell’italiano medio, il quale nel confronto ne esce vincitore e superiore e può dire che la sua vita è più meglio assai di quella di Fantozzi.

Le lucide analisi di Paolo Villaggio

Per anni Paolo Villaggio è stato considerato come un mediocre artefice di film mediocri, tipici del cinema italiano di serie B, perché nazional-popolari e composti da stupide gag e semplici trame. Poi, per fortuna, questa visione semplicistica dei film fantozziani è stata superata e si è capito che la sua è, in fondo, una cinematografia grottescamente colta e una sintesi lucida della realtà italiana del tempo, non molto dissimile da quella odierna.
E lucide sono anche le analisi di Villaggio sullo stato del cinema in Italia e nel mondo.

https://www.youtube.com/watch?v=MapmZOBHvf0

Caro Paolo, ti lascio con la speranza che ora starai giocando e scherzando con l’amico De Andrè e che finalmente dirai in faccia a Sergej Michajlovič Ėjzenštejn che la corazzata Potëmkin è davvero una cagata pazzesca!