Hai mai provato a tenere un diario?

Tenere un diario su cui scriverci (quasi) ogni giorno fatti, pensieri, emozioni, impressioni, favorisce un sacco di processi positivi. Vediamone alcuni.

Avevo circa 13 anni quando mio nonno mi disse: visto che ti piace così tanto scrivere, tieni un diario. Scrivici i tuoi pensieri, quello che hai fatto durante il giorno. E’ un buon allenamento per la scrittura, la creatività e la memoria. E poi vedrai che da grande ti tornerà utile. Ti farà ricordare cose dimenticate, noterai i cambiamenti nel pensiero, negli atteggiamenti e scoprirai quanto sarai maturato. Ma fallo tutti i giorni, anche quando ti sembrerà di non avere molto da dire, vedrai che il flusso di coscienza scriverà per te.

Io gli dissi di sì, giusto per tenerlo contento. Ma non l’ho mai fatto.

L’unico diario che ho tenuto è stato un blog personale, nel lontano 2005, curato fino al 2009, quando la piattaforma chiuse, perdendo tutti i contenuti. E poi questo. Ma un blog, anche se è un ottimo strumento per allenare la scrittura, non è proprio un diario. Non ci metti cose che vuoi tenere solo per te.

Insomma, se gli avessi dato ascolto, ora avrei materiale sufficiente per scoprirmi, capire dove sono cresciuto, dove ho sbagliato, tenere traccia dei cambiamenti, per non parlare dei ricordi, che si perdono nella mente, ma che su carta restano vividi.

Inoltre, come disse mio nonno, avrei esercitato l’arte dello scrivere, dell’introspezione e dell’analisi della vita quotidiana, che è allo stesso tempo una parte (infinitesimale) e un tutto della vita sociale.

Ma soprattutto mi sarei allenato nella difficile arte della disciplina, della coerenza. La quale non è la capacità di mantenere le stesse idee. Tutt’altro. Non c’è migliore coerenza del cambiamento. La coerenza, semmai, sta nella capacità di elaborare e mantenere un metodo. Che sia di studio, di lavoro o di vita quotidiana.

Ecco, solo a distanza di qualche anno gli ho dato ascolto. Oggi tengo un diario, oltre a questo blog, e ho scoperto qualcosa di interessante.

La differenza tra pensieri e scritto

diario pensiero scritto

Hai presente quando hai quell’idea geniale, mentre stai in bagno ad espletare i tuoi bisogni? Oppure nel dormiveglia, poco prima di svegliarti? Dai, hai capito di che parlo. Ti vengono sempre quelle associazioni geniali, quei collegamenti mentali, quelle intuizioni che, in quel momento, ti appaiono razionali e geniali allo stesso tempo. Se provi a rielaborarle mentalmente, il discorso fila.

Poi, però, se provi anche solo a ripeterle ad alta voce, ti rendi conto di aver elaborato una stronzata. Figurati se le metti per iscritto. Questo perché la mente spesso ci inganna. Si perde tra libere associazioni e fili che appaiono logici, ma non lo sono. Il banco di prova è il rendere reali e razionali quei pensieri. E solo ripetendoli ad alta voce (magari ad un’altra persona) o scrivendoli, ci rendiamo conto dei limiti del pensiero astratto.

Rileggerti a distanza di giorni

Se ti rileggi dopo qualche giorno, alimenti la memoria. Ti ricordi di piccoli particolari o sensazioni che hai deciso di mettere per iscritto perché importanti in quel momento. Ma che la memoria tende ad affievolire anche a distanza di pochi giorni. Inoltre scopri gli impercettibili cambiamenti nel tuo modo di pensare e di relazionarti con la realtà. Già, anche a distanza di giorni.

Può essere che a rileggerti provi vergogna, perché magari hai scritto un pensiero infantile o superficiale. Oppure ti dici a saperlo l’avrei scritto diversamente. Fatto sta che scopri i cambiamenti. E non parlo dei cambiamenti radicali, ma di quelli lenti, quotidiani, che s’attuano un po’ come le cellule che muoiono e si rigenerano ogni giorno. Quando spunta un capello bianco non ci facciamo caso, ma è pur sempre un cambiamento, in perpetuo divenire. In una sorta di processo dialettico inintelligibile, ma reale. Una cosa che c’è, ma di cui non ci accorgiamo.

Il presupposto per cui cambiamo, anche senza accorgercene? L’esperienza, legata al decorso del tempo. Può trattarsi di una relazione sociale, un libro letto, un film, un lavoro manuale, un nuovo punto di vista. Qualunque sia la causa, l’esperienza ci cambia. E scrivere diviene il mezzo grazie al quale possiamo fissare su carta questi impercettibili cambiamenti. Che poi divengono percettibili nei mesi, negli anni. Oppure grazie ad un evento che ci appare eccezionale e produce un grande cambiamento. Tuttavia questo spesso è la rappresentazione intelligibile del lento giungere al crepuscolo di una fase e il sorgere di un’altra fase di vita.

Eraclito, uno dei filosofi greci che più apprezzo, maestro di Hegel e primo inventore del concetto di dialettica, scrisse: Ogni giorno, quello che scegli, quello che pensi e quello che fai è ciò che diventi.

La consapevolezza aumenta

Il filosofo svizzero Pascal Mercier disse: Non si è veramente vigili e consapevoli se non si scrive. La consapevolezza viene definita come la presa di coscienza della realtà, che diviene lucida, razionale, interiorizzata. Un esempio di ciò l’ho riportato nell’articolo sulla contemplazione dell’artigiano, la quale è frutto della concentrazione. E che produce coscienza, consapevolezza, ossia ci porta ad accorgerci di qualcosa.

Il filosofo ungherese Lukács, analizzando ed ampliando il concetto marxiano di coscienza di classe, spiegò che questa è l’interpretazione della realtà storica come un susseguirsi di oggettivazioni. Se prendiamo questa sorta di definizione, di carattere sociologico, e la immergiamo nell’individualità, notiamo come scrivere ci porta ad oggettivizzare la realtà, a tradurre in termini razionali ciò che abbiamo vissuto emotivamente. E così l’esercizio della scrittura ci aiuta a fissare su carta, per poi analizzare la nostra realtà storica. Ciò ci consente di intervenire sulle contraddizioni, i lati oscuri, gli atteggiamenti ambigui, al fine di razionalizzarli. Al fine di porre concentrazione sulla realtà. E l’esercizio della concentrazione conduce, pian piano, alla consapevolezza.

Ti eserciti nella scrittura

libro poesia

Mi piace pensare che scrivere su un diario sia un po’ come coltivare una pianta. La scrittura è una delle più alte espressioni della cultura. E difatti il concetto di cultura è strettamente legato a quello di coltivazione. Non mi riferisco alla cultura in senso quantitativo (cioè il bagaglio di nozioni che un individuo possiede), ma in senso sociale ed antropologico. In questo senso tutti abbiamo cultura. Tutti siamo portatori di saperi, tecniche, conoscenze, know-how, magari tramandate dai nostri predecessori. Però tutto questo bagaglio, questa cassetta degli attrezzi variegata e adombrata di saperi teorici e pratici, di svariata natura, non è eterna. La perdiamo se non esercitiamo il sapere. E quale migliore forma di esercizio se non la scrittura?

Esattamente come una pianta ha bisogno di cure, il nostro essere ha bisogno di espressività, quasi quotidiana, costante, disciplinata. Un diario è per lo spirito come l’acqua o il concime è per la pianta.

Superi lo spirito della scala

scala ufficio

Più ti eserciti e più ti rendi conto di essere in grado di esprimerti, anche nella vita quotidiana. Ti è mai capitato di non riuscire ad esprimere un concetto quando sei con altre persone? Magari sprechi un sacco di parole, fai tanti panegirici e poi, alla fine, nessuno ha capito cosa volevi dire. Oppure lo hanno capito, ma non hai espresso il concetto con incisività e acume.

Poi – mentre sei a letto – ripensando a quei momenti, trovi le parole giuste. Ti sorprendi a scoprire che riesci ad esprimere lo stesso concetto con lucidità e sintesi.

Cos’è avvenuto? Qualcuno, su questa faccenda, ci ha elaborato una teoria. La chiamano esprit de l’escalier (letteralmente spirito della scala). Questa teoria si usa per parlare di quella spiacevole sensazione di quando una risposta, battuta o considerazione adeguata ad un dialogo non arriva al momento giusto, ma troppo tardi per poter essere usata. Il nome è nato dal fatto che capita spesso durante un colloquio di lavoro o in ufficio. E quando stai andando via e sei sul pianerottolo o sulle scale, ti viene la battuta arguta. Capita a tutti. Ma curiosamente scoprirai che con la disciplina del diario riuscirai ad esprimerti con maggiore chiarezza. Proprio perché lo scrivere, quotidianamente, ti porta ad esercitare la capacità di sintesi, di logicità e di chiarezza.

Fai conto che la tua mente sia come una stanza disordinata. Scrivere è un po’ come metterci ordine. Prendi tutti quei pensieri, messi lì alla rinfusa e li riordini, secondo una logica. Con una mente ben ordinata, saprai, con rapidità e al momento giusto, dove trovare le parole.

Tra l’altro, a differenza dello stress, piccolo o grande, che genera qualsiasi relazione sociale, l’arte solitaria dello scrivere favorisce la concentrazione. Il respiro è più calmo e rilassato, la mente è concentrata su una sola azione e diviene più lucida. Presupposto necessario affinché la razionalità prenda il sopravvento e favorisca la lucidità è la calma.

Alimenti la memoria e le associazioni

E’ indubbio che scrivere, nel tempo, porti ad accumulare ricordi, sensazioni, impressioni, emozioni. Queste saranno poi, quando più ci aggraderà, oggetto di rilettura. Che non è solo fine a se stessa, ma è un buon esercizio per favorire le associazioni tra passato e presente. Esattamente come la libera associazione di idee opera nel rapporto tra psicologo e paziente, la libera associazione tra pensieri, comportamenti, fatti passati e la rilettura presente, favorisce la comprensione di sé. A patto che venga poi razionalizzata.

Ciò che oggi siamo è il frutto di un percorso di vita e ripercorrere quel percorso ci porta anche ad associare un certo effetto attuale ad una causa storica. Perché abbiamo preso questa decisione anziché un’altra? Perché una certa cosa ci infastidisce e un’altra ci lascia indifferenti? Quando magari ad altri capita l’opposto?

Il flusso di coscienza, nello scrivere, consapevoli di farlo solo per noi stessi, ci porta a far riemergere aspetti che credevamo insignificanti. Nel corso del tempo, rileggendo, siamo facilitati nell’associare un comportamento attuale ad uno passato. Oppure una sensazione attuale ad un fatto storico che, se lasciato alla sola memoria, ci sfuggirebbe.

Infine, appuntare sul diario i sogni è un ottimo rimedio terapeutico, perché i sogni sono le prime manifestazioni dell’inconscio ad essere dimenticate. Mentre scriverli e rileggerli ci aiuta a riannodare i fili con la nostra esistenza e a comprenderci un po’ meglio.

Ripercorri le tappe della tua vita

diario bambino

Il flusso di coscienza nello scrivere un diario ci aiuta anche a tornare bambini. Associare una sensazione o un comportamento attuale ad un ricordo dell’infanzia. Creando, così, una sinapsi intellettuale tra presente e passato, tra la costruzione della personalità e il risultato che c’è oggi. Oppure semplicemente ripercorrere, nel diario, le tappe fondamentali della propria esistenza. Ciò equivale a razionalizzare il passato, a ridargli vita, ad associarlo al presente.

Non è detto che per forza, in un diario, si debbano scrivere gli avvenimenti del giorno. Il flusso di coscienza ci porta, inesorabilmente, a legare il presente al passato, a storicizzare la nostra esistenza e ad associare i fatti attuali a quelli passati.

Capisci cosa è davvero importante per te

Scrivere ogni giorno, seguendo il flusso di coscienza, ti porta a razionalizzare pensieri, idee, immagini, fantasie per poi selezionarle e scoprire, rileggendoti, cosa è davvero importante.

Durante la giornata facciamo varie e più o meno numerose esperienze. Alcune significative, altre un po’ meno. In base al nostro costrutto ideale-culturale, possiamo dare più o meno importanza a certi atti o fatti. Sarà però oggetto di sorpresa scoprire che – nello scriverli – attribuiremo maggior valore agli uni piuttosto che agli altri. I quali, magari, durante la giornata, ci apparivano insignificanti. Ciò perché il flusso di coscienza, unito alla razionalizzazione dell’atto dello scrivere, ci conduce direttamente all’unione (direi quasi simbiotica) tra mente e inconscio, tra ricordi sepolti, libere associazioni, sensazioni sopite e avvenimenti attuali.

Insomma, scrivere un diario è un rimedio, un allenamento, una disciplina. Ha in sé tanti aspetti positivi. Non trovi il tempo? Anche 10 minuti sono sufficienti. E non è detto che per forza devi scrivere a mano. Certo, farlo è bello, ma se lo ritieni opportuno, anche un foglio word è più che sufficiente. Non è poi così importante il mezzo, quanto il percorso. E non è nemmeno indispensabile iniziare da giovani. Non è mai troppo tardi per intraprendere l’armonioso quanto tortuoso e lungo percorso della consapevolezza.

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