Con un PIL pro-capite di 2000 dollari e una popolazione di 35 milioni di persone, il Kerala avrebbe dovuto soccombere dinanzi al Covid-19, invece conta solo 3 decessi e 642 infetti, quasi tutti guariti. Il merito? Di un governo (comunista) attento e capace, pur senza soldi.
Lui si chiama Pinarayi Vijayan ed è il Primo Ministro (foto di copertina). Lei si chiama KK Shailaja ed è il Ministro della sanità. Governano, con il Partito Comunista d’India (di stampo marxista), il Kerala, uno Stato sulla costa tropicale indiana di Malabar, in India, con poco meno di 35 milioni di abitanti.

Il Kerala ha un PIL pro capite di circa 2.000 dollari, al confronto con gli Stati Uniti che ha un PIL pro capite di 65.000 dollari o l’Italia, con un PIL pro-capite di quasi 35.000 dollari, farebbe ridere i polli. Eppure gli USA hanno visto 94.000 decessi causati dal Covid-19 e l’Italia 32.700.
Il Kerala ha avuto 3 decessi e solo 691 contagi. Anzi, a dirla tutta, dal 19 maggio, ci sono solo 142 casi positivi in Kerala. Finora, su 642 persone infette, 497 sono state curate e sono guarite.
Come ha fatto uno Stato così povero, governato dai comunisti cattivi, a gestire così egregiamente la pandemia?
Puntando sulla sanità pubblica, ma non solo. Anche sulla sinergia tra Stato ed enti locali (mentre qui si litiga, per questioni egemoniche), una buona pianificazione, un ciclo continuo di analisi ed azione, nonché un attento aiuto economico (nonostante le ristrettezze di bilancio) alla popolazione più povera e alla classe dei lavoratori. Non aiuti a pioggia, non un lockdown generalizzato. Ma interventi mirati e attenti.
Il sistema sanitario pubblico
Il Kerala, nonostante la povertà, ha un solidissimo sistema sanitario pubblico. Conta 1296 ospedali, 49.702 posti letto, 1.369 letti di terapia intensiva e 800 ventilatori. Per capirci, l’Italia ne ha 540 di ospedali pubblici.
Inoltre lo Stato ha costretto i privati a collaborare, garantendo così 866 ospedali privati con 6.059 posti letto in terapia intensiva e 1.578 ventilatori. Inoltre, nel caso in cui il governo dovesse rilevarne la necessità, è pronto a mettere subito a disposizione altre 27 strutture ospedaliere esclusivamente deputate a gestire i casi di Covid-19.
Qui da noi? Guai a parlare di patrimoniale per i redditi alti, figurarsi inimicarsi i gestori degli ospedali privati, che spesso finanziano i partiti e le campagne elettorali. Vuoi mai, in queste condizioni, chiedergli un posto letto? Meglio far morire qualche medico o infermiere di un’ASL. Che ce frega, no?
La gestione della quarantena
Anziché chiudere tutto il paese, il governo ha analizzato accuratamente i dati provenienti dagli ospedali e dagli enti locali. In questo modo ha potuto identificare i casi positivi, condurre test mirati, tracciare i contatti dei possibili positivi e garantire una quarantena sicura. Qui da noi si loda il modello Veneto, perché lì, in fondo, hanno fatto tamponi a manetta. E solo per questo Zaia è divenuto il nuovo eroe nazionale. Chissà che sarebbe successo se avessimo avuto, al suo posto, Pinarayi Vijayan o KK Shailaja. Ah no, nemmeno ci sarebbero arrivati. So’ comunisti.
Ma il governo comunista non si è limitato ad un’attenta gestione dei tamponi e delle quarantene individuali. Ha messo a disposizione strutture pubbliche e campi d’assistenza per tutti quelli che non potevano trascorrere un periodo di quarantena in sicurezza. Oppure per quelli che vivevano in condizioni di precarietà abitativa. Nonché per i migranti, lavoratori stagionali. Nessuno, però, ha gridato prima i keraliani!
Ad oggi, sono state preparate quasi 200.000 camere con bagno annesso. Sono stati forniti tutti gli articoli necessari per l’uso personale in quarantena. Le cucine di comunità garantiscono i pasti a tutti. Ovviamente aggratiss. Ma lo stato ha anche pensato a quelli che vogliono trascorrere la quarantena a proprie spese, garantendo la disponibilità di hotel e resort.
L’aiuto alle fasce deboli
I fondi messi a disposizione dallo Stato per aiutare la popolazione, hanno riguardato anziani, diversamente abili, vedove, lavoratori e piccoli imprenditori. Mentre a tutti sono stati distribuiti, gratis, quindici kg di riso e un kit di legumi e condimenti. Qua da me conosco un bel po’ di gente che avrebbe avuto diritto ai buoni spesa, ma in comune, alla richiesta, gli hanno quasi riso in faccia. L’unica concessione che abbiamo avuto è stata la distribuzione di ben due mascherine a famiglia. E questo, almeno per quanto mi riguarda, è ciò che lo Stato italiano ha fatto per quelli come me.
Il piano di ripresa economica del Kerala si suddivide in due tronconi: Vyavasaya Bhadratha, un programma che garantisce 450 milioni di dollari a micro, piccole e medie imprese (non a grossi gruppi come FCA, intendiamoci). Mentre Subhiksha Keralam è un programma volto a garantire la sicurezza e la disponibilità alimentare per tutta la popolazione, nella difficile fase post covid-19.
Si nota subito la differenza con l’Italia, in cui il piano di aiuti ha riguardato solo alcune fasce di lavoratori e professionisti, scordandosi di tutta una grande categoria di persone, che non hanno avuto accesso ad altre forme di tutela (RdC, naspi, pensioni varie, ecc.) e che non sono oggettivamente in grado di trovare uno straccio di lavoro.
Insomma, con un PIL scarsissimo, risorse limitate e un bilancio pubblico che può essere equiparato a quello di una regione medio-ricca italiana, il Kerala ha saputo gestire perfettamente la pandemia e garantire aiuti economici a tutti. Non sono le disponibilità economiche a fare la differenza, ma la capacità e l’ideologia giusta di chi amministra, unita al senso di comunità che solo il comunismo può restituire. Ovviamente queste storie non saranno mai diffuse qua da noi. Vuoi che si metta in discussione lo spirito borghese che alimenta i paesi occidentali e che, a parole, garantisce diritti a tutti, ma nei fatti perpetra gli interessi della classe dominante a scapito della maggioranza della popolazione? Sia mai. Meglio tenere queste storie al largo e continuare a dire che i comunisti mangiano i bambini.
Se è per questo è illuminante anche il caso di Cuba.
Vero. Come anche il caso del Vietnam, dove ne hanno parlato qui: https://www.lacittafutura.it/esteri/l-esempio-del-vietnam-nella-lotta-al-coronavirus
La differenza, però, è che sul caso di Cuba un poco se n’è parlato sui giornali e in tv, grazie alla loro estrema generosità nei nostri confronti. Ma sul caso del Vietnam (che pure ci ha aiutati) o del Kerala, ad eccezione di poche testate, non ne ha parlato nessuno.