Ormai le auto elettriche sono una realtà e sono abbondantemente sul mercato; tra l’altro i prezzi piuttosto abbordabili e gli allestimenti iper-tecnologici di alcuni modelli di auto elettriche fanno gola a molti automobilisti e diverranno sempre più una necessità, anche considerando le attuali norme stringenti anti inquinamento e gli ottimi incentivi pubblici (statali, regionali, comunali).
Certo c’è il problema dell’autonomia. Se vuoi spendere una cifra da magnate del petrolio (oddio, l’esempio non calza, ma rende l’idea), puoi optare per auto che arriveranno pure a 500 km di autonomia, ma se hai un reddito da onesto lavoratore e vuoi toglierti lo sfizio di guidare senza il rombo del motore a fare da sottofondo alle tue passeggiate e se hai l’animo dell’ambientalista (di facciata, però), allora ti dovrai accontentare di un’auto che viaggia tra i 120 e i 300 km di autonomia.
In quest’articolo – ribadisco – semiserio, affronterò con la mia (scarsa) ironia i problemi della mobilità elettrica che a breve (molto a breve) coinvolgeranno sempre più fortunati possessori di questi gingilli della più avanzata tecnologia dell’automotive. Orsù, non perdiamo tempo e partiamo in quarta! (oddio, a breve l’espressione non avrà più senso).
La gioia del carro attrezzi nel caricare le auto elettriche
Ebbene, quelli che davvero trarranno vantaggio dalle auto elettriche sono proprio loro: le aziende di soccorso stradale, ossia, come volgarmente vengono denominati, i carri attrezzi. Eh si, perché con l’attuale tecnologia, come abbiamo visto poc’anzi, si arriva a non più di 500 km di autonomia e considerato che le colonnine di ricarica non sono poi così diffuse lungo il territorio nazionale, specie al Sud, è facile immaginare che se resti senza carica in aperta campagna, l’unico modo per far ripartire l’auto non è la classica tanica e una bella passeggiata a piedi fino alla prima stazione di servizio, ma chiamare il carro attrezzi, che – dopo più o meno lunghe ore d’attesa – sarà lì a caricare la tua auto e a chiederti i classici 200/300 € per il servizio, quando ti va bene.
Tornando (per un attimo) seri, analizziamo i problemi relativi all’autonomia.
Se ci fossero i power bank per auto elettriche
Non esistono in commercio i power bank per auto, perché con la tecnologia attuale sarebbero ingombranti e garantirebbero comunque un’autonomia sufficiente per fare pochissimi km. Come nell’esempio precedente, se resti senza carica in campagna, in montagna o anche in città ma lontano da una fonte di ricarica, non hai altro modo di spostare l’auto se non con un carro attrezzi.
Il cambio automatico nelle auto elettriche
Puoi farti trainare da qualcuno? Si, se hai la giusta carica per accendere la macchina e mettere la marcia in folle ossia nella posizione “n”, dato che con il cambio automatico non puoi posizionare la marcia in folle con l’auto spenta. E poi, nel caso ci riuscissi, sarebbe comunque da evitare farti trainare per più di 20 km, altrimenti rovineresti la trasmissione. In caso di carica assente e di impossibilità a selezionare la marcia, il carro attrezzi è la scelta obbligata.
Le colonnine di ricarica per auto elettriche assenti
E’ vero che siamo ancora agli inizi della mobilità elettrica, ma – diamine – se devo comprare la macchina oggi, non voglio certo aspettare 20 anni prima di vedere le colonnine di ricarica in ogni angolo di strada, sulle statali, sulle provinciali o quantomeno una per ogni paese d’Italia (borghi compresi)! Il problema dell’autonomia non sorge quando programmiamo le ricariche, ossia se siamo sicuri di fare sempre gli stessi tragitti nei limiti dell’autonomia – e quindi possiamo avere la garanzia di metterla sotto carica a casa – o se, per esempio, nei pressi del luogo di lavoro ci sono colonnine di ricarica o se, ancora, abbiamo molto tempo da sprecare in autostrada nell’attesa della ricarica.
Se non possiamo fare questi calcoli precisi o se nei luoghi che frequentiamo non vi sono colonnine, allora il problema della loro mancanza si fa sentire, eccome!
Prendi me, per esempio, che abito nel profondo Sud e che di tanto in tanto viaggio tra Calabria, Sicilia, Puglia, Basilicata e Campania (persino in Molise, che non esiste nemmeno per la mobilità elettrica), cioè, pure io la vorrei l’auto elettrica (non per fare il falso ambientalista, ma perché è figa), ma poi percorrendo le strade del Sud mi rendo conto che forse per il momento è meglio il buon vecchio motore a scoppio, quantomeno le stazioni di servizio le trovo!
Certo al Nord (in particolare in Lombardia) è relativamente facile trovare le colonnine di ricarica, ma al Sud, nelle Isole e in molte zone periferiche del centro-nord Italia la questione si complica un po’.
Il sito Chargemap offre una panoramica delle colonnine di ricarica presenti sul territorio e basta un’occhiata per capire come siano poche al Sud e quasi assenti tra tavoliere delle Puglie, Abruzzo e Molise, nonché nell’entroterra sardo.
Attenzione alla differenza di potenza
Il problema non è solo l’assenza di colonnine, ma anche la loro potenza! Nel caso ne trovassimo una, dovremmo anche capire qual è la loro potenza, perché più è alta la potenza di ricarica e minore sarà il tempo d’attesa.
Quindi se troviamo una colonnina, non è detto che possiamo fare rifornimento in tempi piuttosto rapidi. Diciamo, a grandi linee, che attualmente le colonnine erogano 3 quantità di energia: 11 kW, 22 kW e 43kW (ci sarebbero anche le fast da 120 kW, ma sono rarissime al momento).
Se troviamo quelle da 43 kW vuol dire che in 10 minuti avremo ricaricato l’equivalente di 60 km, ma credetemi, sono molto poche.
La maggior parte erogano una potenza compresa tra gli 11 e i 30 kW. Quindi, in media, per ricaricare l’equivalente di 60 km, occorrono almeno 20 minuti.
Oddio, questo è un calcolo molto approssimativo, perché i tempi di attesa dipendono non solo dalla potenza erogata, ma anche dalla potenza massima accettata dal caricabatterie interno del veicolo. Però tutto sommato, calcolando che diversi modelli di auto supportano una potenza in entrata di 7,5 kW, il calcolo è grosso modo realistico.
Dati i tempi di ricarica così biblici, sto seriamente prendendo in considerazione l’idea di aprire un drive-in in franchising per ogni colonnina di ricarica, con bar annesso, almeno il cliente potrà fare qualcosa nel frattempo.
Insomma, al momento i tempi di ricarica dell’auto (sempre se troviamo una colonnina) sono abbastanza lunghi. Ma i costi?
I costi di ricarica delle auto elettriche
I costi dipendono da un sacco di fattori, tra cui la dimensione della batteria, il costo dell’energia nel mercato libero per l’utenza domestica, il costo a kWh sulla colonnina, il costo dell’abbonamento mensile o eventuali ulteriori spese (adeguamento contatore, ecc.), ma possiamo fare una media grossomodo accurata, considerando solo il costo dell’energia, che per l’utenza domestica sarà di circa 25 centesimi per 1 kWh, mentre sulle colonnine, se siamo fortunati, sarà di 45 centesimi (oltre i 50 centesimi per le colonnine fast, senza considerare lo scriteriato aumento posto in essere da Ionity, addirittura a 79 centesimi a kWh).
Dunque, per fare il calcolo ci servono quantomeno due semplici dati: la dimensione della batteria e il costo a kWh.
Poniamo, per esempio, che Tizio abbia una Hyundai Kona (auto amata, a quanto pare, da alcuni miei lettori) che ha una batteria da 64 kWh e ricarichi la sua macchina nel garage di casa pagando 25 centesimi a kWh, mentre quando va al lavoro la lasci nel parcheggio dove insiste una colonnina di ricarica, pagando per il servizio 45 centesimi a kWh.
Tizio farà questo calcolo:
64*25
(ossia dimensione della batteria per prezzo a kWh a casa): 16 euro.
64*45
(ossia dimensione della batteria per prezzo a kWh alla colonnina): 28,80 euro.
Insomma, Tizio, con 44,80 euro riuscirà a fare circa 700 km (sarebbero 900 secondo la casa, ma senza calcolare luci, radio, schermo, strumentazione di bordo e climatizzatore accesi, che un pochetto assorbono corrente…).
In media, tra ricarica da casa e ricarica alla colonnina, l’amico Tizio spenderà 6,4 centesimi a km. Se tiene tutto spento (soprattutto il clima) e ha uno stile di guida piuttosto calmo, può anche scendere a 5 centesimi al km.
Può anche arrivare a 4,5 centesimi a km se ricarica sempre l’auto a casa, dove l’energia costa meno che alla colonnina.
Ti tocca mettere la trifase in casa o aumentare la potenza del contatore
Ok, abbiamo appurato che conviene ricaricare l’auto a casa, ma come la mettiamo con l’assorbimento? E con la potenza?
Andiamo con ordine.
L’assorbimento
Tutte le FAQ che troviamo in rete sulla ricarica dell’auto consigliano di tenerla sotto carica di notte. E’ chiaro: torno a casa, lascio la macchina in garage e l’attacco alla presa della corrente. E’ facile, no? Vabbè, se non ho un garage le cose si complicano, come anche se devo uscire poco dopo ma l’auto è scarica, ma facciamo finta di non avere questi problemi.
Insomma, lascio la macchina in ricarica e poi salgo a casa, accendo il condizionatore e poi vado a fare una doccia veloce. Esco, mi asciugo i capelli e… chi ha spento la luce? Eggià, è saltato il contatore e ora mi tocca andarlo a riaccendere con i capelli bagnati. Ma che sarà stato?
Vabbuò, ve la faccio breve, perché di esempi ce ne sarebbero a bizzeffe, ma sorvoliamo. Il punto è che l’auto attaccata alla corrente assorbe e normalmente con i nostri 3,3 kW se teniamo phon, condizionatore o forno acceso, salta la corrente, figurarsi con un’auto sotto carica. Che si fa allora? Si chiama il nostro gestore e si chiede un aumento di potenza del contatore, quantomeno a 4,5 kW, poi si vede se alzarlo a 6, che non si sa mai.
Quindi calcolate anche quest’aspetto nel costo complessivo della ricarica, visto che l’aumento di potenza comporta costi fissi (una tantum e bimestrali, nella famosa e odiata voce trasporto energia, gestione contatore e oneri di sistema).
La potenza
Dicevamo, tutti in casa abbiamo il classico contatore da 3,3 kW e quella potenza, teoricamente – rinunciando ad accendere di notte il climatizzatore o la lavatrice – basta e avanza per una ricarica dell’auto. Certo, la ricarica sarà lenta e per ricaricare quasi al 100% la nostra Kona (quasi, perché nell’elettrico non si arriva mai alla carica completa) occorreranno più di 12 ore, ma se a noi serve più velocità, perché 12 ore sono troppe, dovremo per forza installare una trifase, aumentando così i kW almeno a 11.
Con la monofase, anche aumentando la potenza del contatore, non aumenteremo di molto la potenza di ricarica, anzi, sarà trascurabile. Per ricaricare nella metà del tempo occorre una trifase, che erogherà maggiore energia e quindi la ricarica sarà più rapida.
Anche in questo caso vanno computati nel costo di ricarica i lavori di installazione del nuovo contatore, oltre che le maggiori spese in bolletta.
Addio buon vecchio meccanico
Si, lo so, sono un nostalgico, che ci posso fare? Anche se coscientemente so che il progresso spazza via gli antichi mestieri e ne aggiunge di nuovi e che per adeguarsi bisogna formarsi continuamente, resto sempre ancorato all’immaginario del vecchio meccanico, esperto di cilindri, tubi, candele, valvole, carburatori, sporco di grasso, puzzolente di benzina e con la chiave inglese sempre in mano.
Quelle autofficine erano il mio sogno da ragazzo e ci son cresciuto dentro, quando tentavo di installare un carburatore più potente sulla 500 del ’66 per farla correre di più o sostituivo i rulli dello scooter per avere più spunto. Eh, bei tempi, quando trovavi il pezzo da sostituire allo sfasciacarrozze e il meccanico amico te lo sostituiva con pochi euri o quando per riparare una marmitta bastava una saldata.
Quei tempi non sono ancora finiti per quelli che ancora posseggono auto vecchie e scassate, dove dentro ci sta solo il motore, ma stanno finendo già con le auto più recenti che necessitano di assistenza specializzata e i cui ricambi si trovano solo originali e costano un’occhio.
Con il diffondersi dell’auto elettrica sparirà la mitologica figura del meccanico e sarà sostituita dall’occulta quanto imperscrutabile figura dell’ingegnere.
Le officine ultraspecializzate
Eh già, l’ingegnere informatico/elettrico/elettronico/meccanico sarà la figura chiave dell’automotive del futuro, il quale sarà centrale non solo in fase di progettazione, ma anche in fase di manutenzione dell’auto. Perché per comprendere circuiti, centraline, sensori, algoritmi e software per il controllo di molte funzioni dell’auto (della trazione, della corsia, della frenata assistita, ecc.) servirà un team con elevate capacità tecnico-scientifiche. Mi chiedo solo se alla fine della prestazione ti emetteranno fattura o parcella.
E quando le batterie si usureranno? E se si verifica un problema più complesso? Chissà, forse ti suggeriranno, come fanno ora con le periferiche elettroniche di largo consumo, di buttarle via, perché costa meno comprarle nuove che ripararle. Del resto l’evoluzione repentina dell’auto ci porta a essere consumisti anche in questo senso.
Guida assistita e hacker
Come molti di voi sanno, le auto elettriche (come anche molte auto con motore a scoppio di recente costruzione) sono dotate di avanzati sistemi di assistenza alla guida e sono collegate a internet con svariate tecnologie, le principali prevedono un collegamento bluetooth con lo smartphone o una sim integrata nel tablet installato sull’auto.
Insomma, internet servirà a migliorare l’user experience e il confort degli automobilisti. Appositi software consentono di far dialogare il motore con il sistema operativo interno, collegato in rete.
Già mi immagino gli hacker del futuro che si collegheranno alla nostra auto e, attraverso la guida assistita, ci porteranno nei posti dove non vogliamo, solo per il gusto di farlo, o mi immagino i motivi di ricorso futuri per sanzioni elevate per eccesso di velocità: “signor giudice, non ero io a correre, la mia auto è stata hackerata e l’hacker ha superato i limiti!”. Ci sarà da divertirsi. Chissà se i futuri ladri d’auto riusciranno ad accedere alla nostra auto elettrica, di notte, e a rubarla senza manco scassinarla, solo sfruttando la rete e il software di controllo interno, sarebbe l’avanguardia del furto d’auto!
Come avrete notato, l’articolo – lo ribadisco ancora – è semiserio, nel senso che ho cercato di chiarire qualche aspetto sull’automotive green, scherzando qua e la, con la mia innata ironia malconcia. Ma non sono poi così sicuro che alcune cose dette in quest’articolo siano poi degli scherzi. Forse qualcosa di realistico c’è o forse ho solo voluto fantasticare su un argomento così nuovo e affascinante. Una cosa, però, è certa. Mi tengo stretta la mia vecchia macchina a GPL, che tutto sommato consuma quasi quanto un’elettrica e per me, questo, è motivo di vanto.
Ciao hai perfettamente ragione ci sarà da piangere da parte di tutti gli automobilisti
e fra tante famiglie in casa e fuori e comunque hai espresso con ragione tutto
quello che succederà. Ciao e grazie e per favore diloo anche in televisione
se ti fanno parlare.