Anna

Aveva vent’anni quando un male improvviso la portò via da questo mondo, accadde quasi 20 anni fa, ormai, proprio in questo periodo. All’epoca vivevo lontano. Quando tornai, andai al cimitero a salutarla. E ricordai i momenti trascorsi a scuola o dell’estate prima, quando la incontrai per l’ultima volta e mi fermai a chiacchierare con lei. … Leggi tutto

Elogio dell’Umiltà

povero umiltà

Una breve e inutile poesia dedicata all’umiltà, all’essenza che – per me – è più importante dell’apparenza. Se proprio devo assumere l’ingrato compito del giudice, cosa che oggi sembra piacere ai più, preferisco giudicare un concetto rispetto ad un aspetto ben curato. Perché il primo supera i limiti del tempo, mentre il secondo muore, giorno … Leggi tutto

Versi vuoti

vino

Versi vuoti vuol essere un omaggio a mia madre, ma anche un’amara riflessione su quanto la vita di oggi, così edonistica e liquida, mi destabilizzi a tal punto da abbandonare ogni forma di resistenza, fino all’epilogo finale. Versi vuoti in bicchiere pieno di nettare avvelenato lenisce ferite spirituali e, al contempo, lento ammala un corpo … Leggi tutto

Notte d’autunno

autunno_foglie_che_cadono

E’ primavera ma questi versi li dedico alla mia stagione preferita, quella dell’autocritica, del ripensamento, del torpore, del riposo casalingo dopo la stagione delle uscite, delle foglie che cadono dopo il profluvio del verde, a ricordarci che tutto è caduco, che l’autunno genera riflessione. E siccome la primavera genera riposo, non ho voglia di dedicarle … Leggi tutto

Vino

vino

Un’umile poesia dedicata al nettare degli dei. mi rintano nel tuo mondo onirico e sognante. Sfuggo la realtà fatta di gemiti e sospiri. Mentre tu, amico fedele, lenisci le mie ferite e mi rendi ebbro, or che scrivo versi stolti, figli di un sogno infame. Ahi quanto vorrei condurre un’equa vita, abitudinaria e retta. La … Leggi tutto

Sono un uomo

Un misero e stonato, ma realistico, componimento sulla condizione dei migranti che faticano per quattro soldi, ma con profonda dignità, rischiando la vita tutti i giorni, come la cronaca, purtroppo, spesso ci racconta. Il componimento è liberamente ispirato a storie vere.

Vago nella notte illune, unto di sudori

e grumi di pomodori appiccicati sulla pelle

su questa bici sgonfia come i miei desideri

di lavoro, casa e dignità.

Torno dai miei fratelli, stipati in lerci giacigli

di quell’umida, vecchia, masseria

che i figli di questa terra hanno abbandonato

e di cui non sanno neanche la via.

Ma io la conosco bene

e torno su strade buie e accidentate

tra auto che corrono veloci

e occhi fissi su schermi luminosi.

Io di luminoso possiedo una torcia a pile

che fioca m’illumina il viso di una luce atroce.

“Ma levati di torno!”

Grida un tizio dall’auto che mi sorpassa

e quasi m’avvolge tra le sue lamiere.

Io pedalo, lungo la via, lento e stanco

e nel cuore lesta m’assale malinconia.

Ricordi da bambino, le mani di mia madre

che dolce m’accarezzava in viso

e vegliava sul mio futuro

sognando per me lavoro, casa e dignità.

Laureato e con un bagaglio ricolmo di sogni,

due soldi in tasca, per i primi bisogni,

m’accolse il caldo agosto di terra pugliese

e il freddo sguardo del mio duro padrone.

Ora pedalo e sogno soltanto

lo scomodo giaciglio lercio

e sonno e riposo tra mosche e zanzare,

tra mille puzze di mille fatiche.

D’un tratto m’accascio.

Copioso esce il sangue dalle mie vene

il mio corpo geme, si duole e tormenta

mentre la mente, sveglia, s’accorge di loro.

“non ci ha visti nessuno, scappiamo!”.

Le auto scorrono veloci e sbadate

quasi urtando le mie membra sfregiate.

Poi quel caldo abbraccio

d’una sconosciuta passante

rammenta ricordi di madre

di quando m’accarezzava e diceva

“stai tranquillo”

e poi la voce concitata

“correte, veloci, un uomo è a terra!”.

e la corsa all’ospedale,

steso su quella barella

nel fragore di sirena tonante

la parola riecheggia come un suono

non m’ha chiamato migrante

m’ha chiamato uomo.

Emigrante

emigrante

Una poesia sull’emigrazione. Da Sud a Nord. Perché si è sempre più meridionali di qualcuno.

Emigrante

Valigia di cartone

e sguardo ramingo

tu poni le tue speranze

in terre nuove,

ricche di sogni

e di lavoro,

in americhe ostili

o fredda Europa.

Come quel nero africano

che, da Sud

sbarca su meridionali,

italici, lidi

alla ricerca di futuro

e dignità

tu volgi a Nord

la tua fiduciosa vista

e guardi con disprezzo

chi

più meridionale di te

solca sabbia

dalla tua giovinezza

calpestata

che tu, indifferente e grave,

lasciasti all’avverso destino.

Il Nord sognato e mai visto

ti si palesò ostile

tra strade ignote

e ignari soccorsi.

E mentre sguardi glaciali

e biondi capelli

ti schivano, schifati

tu, schiavo tra i servi,

in anni dominio,

di servitù vessato

al tuo loco tornato

tessi affrettati

e ingiusti giudizi

su chi, come te,

lasciò domestici lidi

per avventurarsi

in terre ostili

vagheggiando di lavoro

e dignità.

Fragile

Nastro Fragile

Flusso di coscienza, parole che escono così, senza un senso apparente. Fragile, come quel nastro che avvolge i pacchi di cartone, destinati a persone che – forse – non troveranno altro che cocci. Fragile, come quel nastro che nessuno legge, ma è lì, a dirci di fare attenzione. Però, sai, nessuno lo legge quel nastro.

Fragile

come quel nastro adesivo

che avvolge l’ondulato cartone

contenente fragili adorni

dai corrieri trascurato

ormai privo

del suo significato.

Ho scritto “fragile”

sulla mia vita

ma nessuno se ne cura

e, noncurante, tra tanti pacchi

nei camion della vita

io viaggio.

Sballonzolo su per le strade

allibite e crepate

mentre il mio contenuto

pian piano s’affligge

e si crepa

rompendosi talvolta

e chi mi aprirà

troverà cocci

di una vita passata

di un viaggio malconcio

e chiederà rimborsi

per non aver goduto

del mio essere in viaggio,

del mio fragile, avverso destino.

Fumo

Fumo

Niente. Non c’è nulla da fare. Ho provato a leggere (due volte) il libro di Allen Carr è facile smettere di fumare se sai come farlo. Alcune tra le persone che conosco hanno smesso dopo aver letto (e compreso) il libro, che – tra parentesi – ritengo molto interessante nel far leva su alcuni macigni psicologici che ci portano a sedimentare alcune abitudini (o vizi che dir si voglia). Ho provato pure con la sigaretta elettronica. Risultato: ora continuo a fumare e ci ho aggiunto pure la sigaretta elettronica nei tempi in cui prima non fumavo. Quindi, di fatto, fumo di più. Ma in fondo lo ammetto, un poco (ma poco) sono svogliato a smettere. E poi, quando scrivo fumo. E quando fumo…non scrivo, ma vabbè, volevo rendere poetica una figura che di poetico ha poco (cioè, fumare). Allora sai che faccio? Pubblico una poesia sul fumo. Non per invogliare qualcuno a farlo, ma solo perché una notte mi è venuto di scriverla. Sicché, la pubblico.

Fumo

un odore acre
si spande per la stanza
mentre i rivoli di fumo
colorano di grigio
le bianche mura
e le basse volte.
Una sigaretta
e un’altra ancora
mentre mi pento
ch’è già mattina.
Albeggia lungo le finestre
e i galli, co’ loro cantare
m’inducon a desistere
mentre la mente
nell’anima conflittuale
perenne mi chiama
a regolar sonno
e membra riposo.
Eppur son qui
a scriver inutili versi
solo per me
solo per dirmi
ch’è mattina.
Vado a dormire
non prima di scrutar
la cenere
che ultima si posa
nella creta smaltata,
ad accompagnar
altre cicche
di quotidiana memoria.