In questo trekking andremo alla scoperta del Dolmen Placa, di architetture rurali, della pietra forata della Cappella di San Vito e, alla fine, visiteremo un presidio di eccezionale bellezza e valore didattico: il Museo di Storia naturale del Salento.

3 h 12 m A/R
13 km
T
13.03.2022

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Qualche consiglio di base? Leggi l’articolo!

La mappa del percorso

Introduzione

Calimera è una graziosissima cittadina nel cuore della Grecìa Salentina, ossia di quella zona del Salento che, per lungo tempo, è stata di influenza bizantina.

Ebbene in Salento c’è un piccolo pezzo di Grecia antica, testimoniato da usi, costumi, lingua e canti che hanno molte cose in comune con la Grecia dell’Impero romano d’Oriente.

In questo territorio si parlava il griko, un dialetto frutto della fusione tra l’antico dialetto salentino e il greco dell’epoca bizantina.

Questa lingua è tutelata dalla Legge 482/1999 e, in virtù di ciò, è insegnata nelle scuole, onde favorirne la memoria e la diffusione. Anche se oggi è praticamente in disuso.

Il griko è sopravvissuto praticamente fino a pochi decenni fa per via della massiccia presenza di popolazioni di origine greca e bizantina che hanno influenzato pesantemente il linguaggio dei paesi dell’entroterra salentino.

Queste comunità hanno scelto la zona centrale del Salento per favorire gli scambi commerciali e culturali e per controllare l’intero territorio.

La conformazione pianeggiante, difatti, favoriva la comunicazione e la posizione centrale era considerata strategica.

Qui – e solo qui – si sono conservate le testimonianze del passaggio dell’antica civiltà greca, che si può rinvenire nell’architettura delle case e dei palazzi, nelle viuzze del centro storico, nella lingua, nei canti e filastrocche, nei riti della Settimana Santa, che mostrano fusioni pagano-religiose e, non ultimo, nella cucina tipica che ha molte peculiarità rispetto al restante territorio.

Basti pensare alla Scèblasti, una sorta di pane speziato, tipico di Zollino, ma diffuso con altri nomi in altri comuni della Grecìa, la cui ricetta si tramanda di famiglia in famiglia, da generazioni.

Iniziamo a camminare!

Partiamo dai pressi del Museo di Storia Naturale del Salento, dove troviamo ampio parcheggio e dove, al ritorno, ci fermeremo per fare una visita. Una visita che merita assai.

Da qui, seguendo la strada asfaltata e le indicazioni, arriveremo, dopo nemmeno 2 km, al Dolmen Placa.

Il Dolmen Placa

Calimera_Dolmen_Placa

I Dolmen sono grandi costruzioni composte da un lastrone di pietra appoggiato orizzontalmente su pietre infitte verticalmente nel terreno.

La parola Dolmen deriva dall’antico bretone tol o tuol (tavola) e men (pietra lavorata).

L’origine è fatta risalire al neolitico, ma alcuni sostengono sia ancora più datata (paleolitico medio).

La loro funzione è ancora oggi oggetto di studi.

Calimera_Dolmen_Placa

Secondo alcuni studiosi sono monumenti funebri, secondo altri erano usati per i sacrifici.

Tale ipotesi sembra confermata dalla presenza di canaletti scavati sulla superficie di alcuni Dolmen, che presumibilmente servirono per lo scolo del sangue dell’animale che veniva certamente sacrificato agli dei, ma quasi sicuramente anche mangiato.

Però la teoria più affascinante vede i dolmen come delle strutture di connessione tra la terra e le costellazioni, una sorta di gigantesca traccia, disseminata su tutto il globo, per registrare movimenti, tempi e fasi astrali e stabilire, così, i cicli più favorevoli per le attività umane.

Purtroppo queste teorie più azzardate non trovano riscontri scientifici in quanto, nel corso del tempo, numerosi Dolmen sono stati distrutti oppure inglobati in proprietà private, quindi è difficile individuare una “traccia” che spieghi determinate teorie “astrali”.

Continuiamo a camminare

Faremo prevalentmente sentieri di campagna, salvo percorrere brevi tratti su strade comunali, per arrivare al Parco Naturale la Mandra.

Il parco è uno dei polmoni verdi della zona. E’ una folta pineta ricca di habitat naturali per molte piante, animali e insetti. Da poco è stato oggetto di rivalutazione da parte del Comune di Calimera, con la sistemazione di alcune aree attrezzate, tavoli da pic nic e giochi per bambini.

Lasciamo il parco e ci dirigiamo verso Sud, dove incontreremo diverse strutture rurali salentine, tra cui pagliare, fornelli e lamie.

Calimera Pagliare

Ora risaliamo e ci dirigiamo verso la cappella di San Vito.

La cappella di San Vito

Dal punto più a sud faremo circa 3 km, per risalire verso la cappella, che è ben segnalata.

Qui, al suo interno, troveremo una strana roccia forata.

Pietra di San Vito a Calimera

Si tratta della Sacra Roccia di San Vito (petra de Santu Vitu, in dialetto locale), una roccia megalitica calcarea risalente, con buona probabilità, al Neolitico.

Invece la chiesetta risale al 1500 circa e, com’è ovvio immaginare, è stata costruita intorno al megalite, secondo l’ormai consueta logica, da parte della Chiesa cattolica, di cristianizzare tutti i possibili simboli pagani e di ricondurre nell’alveo del cattolicesimo ogni rito pagano.

Qui, infatti sacro e profano, rito cattolico e rito pagano si fondono. Ogni anno, il giorno di Pasquetta, è usanza da parte di tutta la popolazione di Calimera e dintorni, di frequentare la chiesetta, che resta aperta tutto il giorno, per compiere un rito ormai tradizionale: il passaggio attraverso il foro della pietra.

Si dice che anche gente molto corpulenta riesca ad entrarci dentro, nonostante i 30 cm di diametro del foro.

Si dice anche che chi riesce a passare ottiene in dono la purificazione, una possibilità di rinascita e, soprattutto, il dono della fertilità.

Quello della fertilità è un chiaro richiamo ai riti pagani che traggono origine sin dal Neolitico, sin da quando, infatti, si erano sviluppate le prime religioni che adoravano la Madre Terra e ogni elemento della Natura. La Terra, in quanto fertile e in grado di produrre vita, veniva dunque considerata la Madre, mentre il sole, il calore, l’energia che proveniva dall’atmosfera era connotato da simbolismi maschili.

Si torna verso il Museo di Storia naturale del Salento

Le emozioni di questo percorso non finiscono certo qui.

Dopo aver tentato (riuscendoci!) di passare attraverso la pietra, ora non resta che compiere l’ultimo sforzo: tornare al punto di partenza. Non prima, però, di una visita d’obbligo al Museo di Storia naturale del Salento.

Fondato nel 1996, con i suoi oltre due ettari di terreno, rinaturalizzato e in grado di ospitare qualsiasi specie animale, è uno dei musei di storia naturale più grandi del Sud Italia.

Questo è il punto di riferimento per la salvaguardia e il ripristino della fauna selvatica. Da ogni angolo della provincia è qui che arrivano gli animali trovati feriti o non in grado di essere autonomi, per poi essere curati, riabilitati e reimmessi nel loro habitat.

Museo di Storia naturale del Salento Museo di Storia naturale del Salento Museo di Storia naturale del Salento Museo di Storia naturale del Salento Museo di Storia naturale del Salento Museo di Storia naturale del Salento Museo di Storia naturale del Salento Museo di Storia naturale del Salento

Oltre ad una vasta fauna selvatica, conserva un’enorme flora, sia autoctona che alloctona, grazie ad apposite serre.

Museo di Storia naturale del Salento Museo di Storia naturale del Salento

Organizza costantemente visite guidate ed eventi per sensibilizzare la gente sulla tutela degli ecosistemi.

Se siamo qui in zona, una vista al Museo di Storia naturale del Salento non può proprio mancare.

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