Un trekking semplice ma a tratti avventuroso, che parte da Morciano di Leuca, passando tra quiete vie di campagna, lungo la via Sallentina, che si sovrappone alla Francigena e Leucadense, per arrivare dove finisce la terra e inizia il mare: Santa Maria di Leuca.

3 h 30 m A/R
18,7 km
T
20.01.2023

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Qualche consiglio di base? Leggi l’articolo!

La mappa del percorso

Morciano di Leuca

Morciano di Leuca è un graziosissimo borgo ubicato nel capo di Leuca, tra Salve e Patù, da cui dista pochi km. Nonostante il centro abitato sia piuttosto piccolo, il feudo è molto esteso e spazia dalla frazione di Barbarano del capo (ed il complesso di Leuca piccola) alla marina di Torre Vado, con la sua iconica torre.

Torre Vado, Morciano di Leuca               

Il borgo di Morciano di Leuca presenta un imponente castello, di origine medievale. Voluto da Gualtiero VI di Brienne, signore della Terra di Morciano, fu costruito intorno al 1300 per poi essere rimaneggiato intorno al 1500.

Fu collocato in una delle alture del paese, per dominare l’intera vallata dall’alto.

Difatti il capo di Leuca, a differenza del resto del Salento, presenta diverse alture, alcune anche imponenti. Il paese si trova a 130 m slm e dista dalla marina di Torre Vado circa 4 km, con una pendenza del 4% circa.

Non parliamo di pendenze da strade di montagna, ma ci si diverte comunque.

Prima di partire, quindi, prendiamoci un po’ di tempo per visitare il paese, con il suo piccolo ma grazioso centro storico.

Si parte da una piazza simbolica di Morciano di Leuca

Morciano di Leuca

Qui troviamo ampio spazio per lasciare l’auto.

La partenza è da Largo Costantinopoli, Qui sorge una chiesetta dedicata alla Madonna di Costantinopoli. Chiesa sorta subito dopo la famosa battaglia di Lepanto (ottobre del 1571), quando le truppe cristiane vittoriose su quelle islamiche impedirono agli ottomani di conquistare l’Occidente.

Fu così che in tutta Italia, in particolare nel Sud Italia, iniziarono a sorgere chiese e chiesette dedicate alla Madonna che viene dall’Oriente, da Costantinopoli.

E così questo largo venne dedicato alla città baluardo della cristianità in Oriente.

Ora lasciamo Morciano di Leuca e ci dirigiamo verso sud, verso Patù.

Percorriamo un breve tratto di strada asfaltata e, quando finisce l’asfalto, incontriamo un caratteristico sentiero segnato dalla presenza di muretti a secco. Il sentiero costeggia la provinciale che porta verso Patù.

campagne di Morciano di Leuca

Lo imbocchiamo e lo percorriamo senza particolari problemi, anche se di tanto in tanto bisogna districarsi tra i rovi, visto che il sentiero non è curato. Ma, con qualche sforzo, ci si passa lo stesso.

campagne di Morciano di Leuca

Il sentiero, che presto lascia il passo a deliziose stradine di campagna (asfaltate), ci conduce – nella quiete della campagna – all’ingresso di Patù. Qui troviamo subito la sede del Comune, che, a differenza di altri paesi, si trova nella periferia.

Seguiamo praticamente le indicazioni per “Centopietre” e non rischiamo di perderci.

Le Centopietre

Arriviamo con estrema facilità alle Centopietre. Non mi dilungo molto su questo importantissimo e controverso simbolo della cristianità, perché ci dedicherò un articolo a parte, ma va detto che è uno dei luoghi più significativi e più intrisi di simbologia di tutto il Salento.

Ci lasciamo Centopietre e la sua meravigliosa chiesetta sulla destra e seguiamo la strada che ci conduce verso Castrignano del capo.

La masseria Palane

Usciti da Patù passeremo, senza mai lasciare le stradine di campagna, la masseria Palane, una graziosissima masseria che richiama l’architettura rurale tipica di questa zona del Salento.

Perché va specificato che il capo di Leuca, a differenza del resto del Salento, presenta molti molti più simboli delle antiche architetture rurali, in alcuni casi ottimamente conservati (in altri, purtroppo no). E c’è da dire che alcuni comuni della zona impongono, per le nuove costruzioni, lo stile tipico del genius loci, in modo che anche le nuove costruzioni restino in equilibrio con l’architettura tipica della zona.

Lasciata la masseria sulla destra, proseguiamo dritti in via Alberto Sordi. Andremo sempre dritti e lambiremo soltanto il comune di Castrignano del capo, senza entrarci.

Incontreremo talvolta delle scritte curiose.

W Dio (oppure Dio c’è)

Queste scritte non stanno a significare che il Salento è particolarmente cattolico. Tutt’altro.

Correvano gli anni Novanta. Chi era alla ricerca di droghe aveva grosse difficoltà a trovarle. Bisognava trovare un modo per far incontrare domanda e offerta. Fu così che s’inventarono questo curioso modo di comunicazione. Chi aveva da offrire droghe scriveva, sui muri, che Dio c’è (oppure W Dio).

Questo stava a significare che lì, in quella zona, c’era qualche spacciatore. Bastava attendere sotto alla scritta e qualcuno si sarebbe presentato, offrendo una vasta gamma di droghe, dall’erba (inizialmente paesana, poi albanese, corretta con l’ammoniaca), al fumo, fino ad arrivare a droghe pesanti tipo coca ed eroina.

Chiaramente, quando la polizia ha capito il trucchetto, quella modalità è andata perdendosi. Ma ogni tanto qualcuno, forse per nostalgia, ancora oggi rivive quelle emozioni d’un tempo.

Ad un certo punto usciremo nei pressi del supermercato Il Pigno. Qui il percorso si fa meno sicuro, perché dovremo attraversare la SS 274, dove le auto sfrecciano ad alte velocità.

Passeremo la chiesetta di San Giuseppe e faremo solo un breve tratto di statale, perché ad un certo punto dovremo girare a sinistra, in via Quinto Ennio.

Qui un segno di rispetto è d’obbligo

Sulla via ci imbatteremo in una lapide. E’ quella dedicata a Noemi Durini, la giovanissima ragazza brutalmente picchiata, accoltellata e sepolta viva dal suo giovane fidanzato diciottenne, originario di Montesardo, piccola frazione di Alessano. Era il 13 settembre del 2017 quando la ragazza fu uccisa e sepolta proprio in questa zona.

Aveva solo 16 anni e viveva nel piccolo paese di Specchia. Andava a scuola e, come tutte le ragazze della sua età, aveva sogni, ambizioni, passioni. La sua vita fu spezzata in un lampo dalla follia omicida di un ragazzo incapace di canalizzare il suo disagio e, forse, vittima lui stesso di falsi modelli sociali.

Siamo a Leuca

Con ancora la morte nel cuore, siamo entrati nell’abitato di Santa Maria di Leuca, ma non è ancora finita. Mancano ancora circa 3 km per arrivare al faro.

Tuttavia la strada è tranquilla ed è nel centro abitato.

Ad un certo punto il faro ci si paleserà quasi timidamente.

Manca poco ormai. Nemmeno 1 km e mezzo.

Arriviamo al porto e decidiamo: o si fa la lunga scalinata o si segue la strada. Questo percorso l’ho fatto più volte e ho optato per entrambe le scelte. Una vale l’altra.

In questo caso ho fatto le scale. Se vuoi evitarle, basta seguire via Panoramica e ci arrivi comunque, anche se il giro è un po’ più lungo.

De Finibus terrae

 

Siamo alla fine della terra. Da qui c’è solo il mare. Questo era il luogo in cui finivano i pellegrinaggi della via Francigena e da qui ci si imbarcava verso l’Oriente, verso Costantinopoli o la terra santa. Questo è stato il luogo che, lungo tutto il Medioevo, ha contribuito a costruire la cultura europea, a favorire scambi, conoscenze, cultura. I pellegrini hanno trasmesso e portato, qui, secoli di conoscenze, di innovazioni, di dibattiti dottrinali.

Leuca, come Messina, è stato il porto privilegiato, dove si partiva per le guerre sante, certo, ma anche per portare in Occidente le scoperte dell’Oriente.

Qui sono transitati i pellegrini che hanno portato i numeri arabi, i quali hanno sostituito gradualmente la complessa numerazione romana. Qui sono arrivati i primi pallottolieri, gli alambicchi, la carta, la seta, gli unguenti medicinali, i profumi, le spezie.

L’arte della cartapesta, considerata arte tipica leccese, è arrivata dall’Oriente, dalla Cina in particolare. Senza gli scambi, i dialoghi, le condivisioni, non c’è progresso. La storia ce lo insegna.

Insomma, senza questo continuo scambio tra Oriente e Occidente, non avremmo avuto quel salto di qualità che ha portato l’Europa, per lunghi secoli, ad essere un faro di innovazioni e cultura.

Leuca ha dimostrato, per secoli, che i porti aperti favoriscono l’evoluzione. Che lo scambio è innovazione. Il suo faro sembra dire ai pellegrini che qui, in questo piccolo lembo di terra, si accoglie e non si respinge. Si indica la via, per arrivare in un porto sicuro e aperto. Così come la sua piazza, enorme, gialla, che ti rassicura e ti accoglie tra le sue braccia amorevoli.

E’ l’ora di tornare

La giornata è tersa e fa anche caldo. Ormai ci dobbiamo abituare alle temperature estive anche d’inverno. Ma se il caldo è anomalo, le ore di luce restano quelle e bisogna tornare indietro.

Questa volta non facciamo le scale. Ci lasciamo il baretto sulla destra e seguiamo il marciapiede che ci porta diritti verso la SS 275. La seguiamo, ma dalla strada di servizio, così evitiamo di stare a contatto con il traffico.

Sentiamo le auto che, dall’alto, sfrecciano veloci (quanta fretta, perché poi?) sull’asfalto. Noi, invece, ce la prendiamo calma. La strada sarebbe anche gradevole, passando da campi incolti e coltivati, se non fosse per la mole di immondizia lasciata lungo la via.

Seguiamo la strada finché non si congiunge con la SS 274 e riconosciamo subito la chiesetta di San Giuseppe. Qui torniamo verso il supermercato Il Pigno e rifacciamo la strada che abbiamo fatto all’andata.

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