Un trekking molto semplice, con solo qualche leggera salitella, alla scoperta di Patù, piccolo e grazioso borgo del Capo di Leuca, per passare dalla chiesetta della Madonna di Vereto (e dall’area archeologica) e, infine, tappa al misterioso complesso di Centopietre (e la sua meravigliosa basilica).
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2 h A/R |
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5 km |
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T |
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9.8.2023 |
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La mappa del percorso
Iniziamo!
Iniziamo il nostro breve percorso dai paraggi del palazzo del Comune di Patù, che si trova nella periferia del paese e dove è facile trovare parcheggio, anche d’estate.
Il percorso l’ho fatto svariate volte, sia d’estate che d’inverno ed è piacevole in ogni stagione, in particolare quando ci soffermeremo sulla collina di Vereto, da dove godremo dell’ombra e di una vista fantastica sui paesi della zona (Patù, Morciano, Barbarano, Montesardo, Castrignano del Capo). Oppure quando sosteremo, in meditazione, nella quiete delle Centopietre.
Andiamo a sinistra e imbocchiamo via Liborio Romano, godendo della vista sul centro storico di Patù, con i suoi palazzi gialli, tipici dello stile architettonico salentino.
Qui possiamo prendere un caffè in uno dei locali della zona, prima di svoltare verso via Martiri d’Ungheria e uscire nuovamente dal centro abitato.
Qui costeggeremo il cimitero di Patù, percorrendo la strada vicinale Furelle e ci dirigeremo verso l’incrocio con via Vereto.
Siamo alla Chiesa della Madonna di Vereto
Intrapreso il sentiero Vereto, faremo circa 500 metri prima di imbatterci nella graziosa cappella, posta sulla cima della collina che domina la zona.
Qui siamo nel cuore dell’antica Vereto, di cui parleremo fra poco.
La chiesetta fu probabilmente eretta intorno al 1500. Anche se sul sito della Pro Loco leggiamo che fu costruita agli inizi del 1600. In realtà le prime notizie sulla chiesetta risalgono a documenti ufficiali della Diocesi di Alessano intorno all’ultima metà del 1500, dove si parla della chiesetta di Verito, in Pato.
Non è molto grande, misura 8 metri per 12 ed è realizzata secondo gli stili canonici dell’epoca, per le chiese di campagna di importanza secondaria.
Purtroppo, nelle mie frequenti visite in zona non mi sono mai imbattuto nell’apertura dell’interno della chiesa e non posso documentarlo.
Mi limito a quanto riportato nel cartello illustrativo, che si ritrova lungo la stradina verso la chiesetta, che dice che l’interno è ad aula unica, coperto da volte a stella. Le pareti, anche se aggredite dall’umidità e dalla muffa, si presentano ancora rivestite di colore (rosso bruno e giallo ocra).
In fondo alla navata si ritrova l’unico altare formato da tre strutture di altezza differente, poste contro il muro di fondo della chiesa. Il più alto dei ripiani ospita il tabernacolo ed è ornato sulla sommità da tre alzate di pietra.
Ai lati dell’altare si trovano due piccole nicche ricavate nella muratura, mentre vani più ampi sono stati ricavati nei pilastri angolari dell’edificio. Al centro della parete di fondo si apre un finestrone a gola di lupo che illumina la navata e un’effigie sacra che forse è stata sottratta.
Si notano le rimanenze di alcuni affreschi, tra cui l’effigie di San Paolo che impugna la spada intorno alla quale si avvolgono due serpenti.
Andiamo a Vereto
Lasciandoci la chiesetta sulla sinistra faremo un piccolo sentiero, che ci porta alla vicina area archeologica di Vereto. Qui non c’è traccia di scavi né è visibile una vera e propria area archeologica, ma troviamo un cartello informativo che illustra la storia degli scavi.
Le prime indagini archeologiche risalgono al XVI secolo quando alcuni studiosi locali individuarono in Vereto l’antica città di Hyria, narrata da Erodoto e ritenuta una delle città messapiche più importanti, salvo poi scoprire che Hyria stava per Oria, che all’epoca era la più importante città fortificata messapica della zona.
Ad ogni modo, stando anche all’interpretazione della Mappa di Soleto, ritrovata nel 2003 a Soleto, nel corso di alcuni scavi archeologici, si scopre che Vereto e Leuca, che si identificano proprio sul tacco dello stivale, vengono sinteticamente indicate come Lios e il dato è confermato dallo storico Strabone.
Fonte: ROPI Pressephoto – Foto concessa dall’autore © ROPI Pressephoto – www.ropi-online.de (Antonio Pisacreta)., GFDL, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=6211396
Tuttavia la zona rivestì un’importanza strategica, all’epoca dei Messapi, sia perché da qui passava l’antica via Sallentina (che congiunge Oria ai principali centri messapici, fino a Leuca), sia per quanto vedremo tra poco.
I ritrovamenti di Vereto
Gli scavi iniziati nel XX secolo fecero emergere alla luce diversi cimiteri, che permisero di perimetrare la zona e di concentrarsi sulla ricostruzione dell’antico abitato.
Difatti le campagne archeologiche più recenti, condotte nei primi anni del Duemila, hanno permesso di ricostruire la topografia dell’insediamento.
La zona fu abitata sin dall’età del ferro, ma è con l’epoca messapica che inizia a diventare un insediamento stabile, grazie alla costruzione di un’ampia cinta muraria fatta con pietre lavorate e tratte dalla zona. Molto probabilmente la cinta muraria era costruita con lo stesso stile di quella di Castro e di Oria (ancora visibili).
E’ accertato che anche durante l’occupazione Romana, divenuta poi dominio stabile, la città era ampiamente abitata e ciò è dimostrato da altri scavi che hanno fatto affiorare diverse tombe, collocate fuori dalle mura, come si usava fare all’epoca.
La distruzione di Vereto
Nel IX secolo d.C., in una delle frequenti incursioni ad opera dei Saraceni, la città fu assediata a lungo e, dopo essere stata conquistata, fu completamente rasa al suolo nel 839 d.C. (secondo gli studi dello storico Luigi Maggiuli).
Difatti la distruzione di Vereto è uno dei tasselli della complessa storia dei tentativi di conquista della Puglia ad opera dei Saraceni, iniziati nel 839-840 (con la caduta di Brindisi e Taranto) e conclusi solo dopo l’anno 1000.
Questa vicenda generò un trauma collettivo, tra le popolazioni sopravvissute, per cui decisero di rifondare la città, più a valle, in un luogo più sicuro, chiamandola Pato, che deriva dal greco pathos (cioè patimento, dolore).
Alcuni sostengono invece che il nome derivi da un personaggio influente del paese, Verduro Pato.
Durante la dominazione francese (tra i due periodi borbonici, intorno ai primi dell’Ottocento), Pato iniziò a chiamarsi Patù.
Facciamo un giretto intorno a Vereto
Come dicevo, non c’è molto da vedere degli scavi di Vereto. Ma la zona è molto suggestiva. Qui c’è un bel sentiero, che termina in una delle aree degli scavi, ma è chiuso. Lo facciamo, per poi tornare indietro e fare un altro sentiero che termina con una strada chiusa e che costeggia l’antico bosco di Vereto.
Quindi, dopo una lunga sosta in zona, a respirare aria di storia, ci immettiamo di nuovo sul sentiero Vereto, in direzione di Patù.
Dopo nemmeno un km ci imbatteremo in una struttura molto particolare, annessa ad una graziosa, piccola, basilica.
Le centopietre
Siamo, ora, alle Centopietre. La zona è quieta, anche d’estate ed è bello vedere che è tenuta sempre pulita e sorvegliata dal vicinato, che fa da presidio fattivo di questo meraviglioso complesso.
Le centopietre è una struttura rettangolare, molto inusuale, composta – come suggerisce il nome – da cento enormi blocchi di pietra (uno, a quanto pare, è stato sottratto e ora sono 99).
I blocchi provengono, molto probabilmente, dall’antica Vereto, in particolare dalla cinta muraria.
Le centopietre fu realizzata nel IX secolo d.C., dopo la distruzione di Vereto, e non si sa bene a quale scopo.
A quanto pare, stando alla leggenda dominante, fu un monumento funerario al martire cristiano Géminien (Geminiano), barone delle terre meridionali della Terra d’Otranto, che giunse in soccorso delle popolazioni locali, martoriate dai Saraceni, dopo che queste invocarono l’aiuto di Carlo il Calvo, re di Francia. Non ci sono fonti storiche riguardo questa figura, quindi probabilmente è una leggenda. Ma ci sono fonti, invece, sulle numerose battaglie tra eserciti mussulmani e cristiani, in Puglia, in quel periodo.
Un cenno sugli attacchi saraceni
All’epoca il Salento era di dominazione bizantina, ma – visto che non se la passavano bene, schiacciati tra i vari casati a Nord ed i sultanati a Sud – avevano mollato il controllo dei territori, lasciando ampi spazi ai Saraceni, che così tentarono di assaltare l’Italia meridionale per prenderne il controllo e tentare un’espansione via terra.
Anche perché il loro dominio su Bari era appena terminato, dopo cruenti battaglie, e tentavano così una nuova espansione. Infatti nel 871 L’imperatore Ludovico II conquistò Bari, sconfisse i saraceni e fece prigioniero l’emiro Sawdan.
Carlo il Calvo inviò il suo esercito in soccorso dei pugliesi, continuamente sotto attacco da orde di truppe saracene.
Secondo la leggenda l’esercito fu condotto da Geminiano, il quale si offrì di fare da paciere con i Saraceni.
Qui la leggenda vuole che i Saraceni lo avessero barbaramente trucidato e che il 24 giugno dell’874, giorno di San Giovanni Battista, le armate francesi avessero debellato l’esercito saraceno, costringendoli alla ritirata.
Ciò pare conforme alla storia, visto che, in questi anni, numerose furono le vittorie degli eserciti cristiani contro l’espansione musulmana (Niceforo Foca, pochi anni dopo, libererà Taranto ed i bizantini, successivamente, si riprenderanno Brindisi).
Centopietre, monumento funebre
Fu così che – sempre secondo la leggenda – ripreso il corpo di Geminiano, dopo la vittoriosa battaglia, venne sepolto in un monumento appositamente costruito per rendergli omaggio: le centopietre.
Ma le spoglie del cavaliere non furono mai trovate. Questo lascia corroborare l’idea che si tratti di una leggenda. Oppure che le spoglie furono trafugate in epoca successiva.
Secoli dopo, tra il XIII e il XIV secolo, il monumento venne utilizzato principalmente come luogo di preghiera e meditazione.
E’ in questo periodo che vengono realizzati gli affreschi in stile bizantino, probabilmente lungo tutte le pareti interne, ma di cui rimangono poche tracce.
La chiesa di San Giovanni Battista
Per onorare il fatto storico (o forse leggendario, vallo a sapere) appena raccontato, fu eretta una piccola basilica dedicata a San Giovanni Battista. Secondo alcune fonti risale al VI secolo (quindi antecedente i fatti raccontati).
Mentre secondo altre fu costruita nello stesso periodo in cui fu eretto il monumento delle Centopietre.
Ad ogni modo la chiesa presenta uno stile romanico pugliese (molto simile alla Cattedrale di Otranto), che si sviluppò dal X/XI al XIII secolo.
L’interno è ampio e austero, strutturato su tre navate, divise da pilastri che sostengono degli archi a tutto sesto. L’illuminazione naturale è studiata per creare un effetto austero e sobrio, grazie all’ampio rosone collocato dietro l’altare e a due finestrelle sulla parte opposta.
Non sappiamo come fosse in origine la chiesa, visto che fu rimaneggiata più volte nei secoli successivi. Degli affreschi a tutto tondo restano, purtroppo, poche tracce.
E’ finito il nostro giro. Lasciate Centopietre e la chiesa di San Giovanni, torniamo verso la villetta e da lì riprendiamo la strada per il ritorno, verso il Municipio.