Il percorso che da Mattarello porta al bivacco Giacomelli alla Madonnina è lungo, particolarmente in salita e presenta molti tratti attrezzati ed esposti. Ma è eccezionalmente panoramico ed è possibile raggiungere più cime in una giornata. Oggi saliremo sul Becco della Ceriola e su Cima Vigolana, prima di andare a dormire in bivacco che ho trovato pienissimo (perché molto gettonato).
Introduzione
La Vigolana è un luogo che mi ha sempre affascinato. A due passi da Trento e dalla Valsugana, appare una zona tranquilla, ma in realtà è ricca di salite ripide e di tratti attrezzati e molto esposti. Da dovunque la prendi per salire, da Mattarello, Besenello, Folgaria, Frisanchi o Vigolo Vattaro, troverai almeno qualche piccolo sentiero attrezzato e salite ostiche.
Quindi non va mai presa sottogamba e occorrono un minimo di allenamento e di esperienza alpinistica.
Il percorso di oggi ci porta a vedere diversi punti d’interesse: i Forti di Mattarello, il Becco della Ceriola, la Cima Vigolana e, infine, il bivacco Giacomelli alla Madonnina, dove ci passerò la notte.
L’idea era di salire, la mattina appresso, al Becco di Filadonna, ma la fitta nebbia mi porterà a cambiare itinerario e a scendere alla Malga Doss del Bue, dove finisce il percorso di oggi, purtroppo prematuramente rispetto a quanto avrei voluto.
Primo giorno: da Mattarello al Bivacco Giacomelli alla Madonnina
7 h solo A |
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18 km | |
Dislivello max 1904 mt | |
EE | |
5.10.2024 | |
La mappa del percorso
Si parte dalla Piazza di Mattarello
Arrivo una fresca mattina di ottobre nel piccolo centro di Mattarello, frazione di Trento.
Dalla piazza del Municipio (ultima fermata del bus) seguo la strada che va verso la montagna e subito incontro i primi segnali. Il cartello dice che mancano 5 ore e mezza per il Becco della Ceriola, la nostra prima meta.
Salgo verso la strada dei forti tramite il sentiero 447 (Segnavia SAT E447). Per circa 1 km si procede su strada asfaltata che poi diventa sentiero nel bosco.
Subito incontro il Forte alto, coperto dalla vegetazione. Purtroppo non tutti i forti sono visibili. Di alcuni son rimasti dei ruderi, altri sono inglobati in proprietà private, in altri bisogna deviare dal sentiero.
Lungo il cammino si nota qualche particolare e mi siedo a sostare su quella che, un tempo, era una cucina militare.
Com’è noto, i forti di Mattarello sono nati nella seconda metà dell’Ottocento, ossia nel periodo in cui Trento veniva fortificata dall’Impero Austro-Ungarico con un imponente complesso difensivo, che comprendeva anche il Forte di Civezzano, quello di Cadine e altre fortificazioni sparse per il territorio (oggi visibili).
Mattarello, tuttavia, rappresentava un importante avamposto, perché da qui si potevano controllare due direttrici vitali per la sicurezza della zona, quella nord-sud (Rovereto-Bolzano) e quella est-ovest (Valsorda-Bondone).
Lasciati i forti seguo le indicazioni per la fontana dell’orso, che incontro poco dopo. Siamo a 485 mt.
Da qui inizia una ripidissima salita che ci porterà, a breve, allo Stoi del Tafner, a 596 mt.
Gli stoi erano delle casematte, usate anche come riparo per i soldati oppure come deposito per le munizioni. Dopo una ripidissima salita, arriveremo allo Stol de caminada, a 810 mt (anche gli stol, come gli stoi, sono delle gallerie, dal tedesco stollen). Segno che siamo saliti di un bel po’.
Piove da giorni e solo oggi e domani porta bel tempo. Quindi il sentiero è scivoloso e si cammina a fatica su foglie e sassi umidi. Non ho ancora realizzato che pioggia a valle significa neve in quota, in questo periodo più bassa che in altri. Lo scoprirò solo più avanti.
La salita sarà ripida fino a Pian dei Zirezari a 1108 mt, dove mi riposo su una piana che dà un po’ di tregua alle gambe affaticate.
Sempre in salita si arriva alla località Selva a 1257 mt.
Qui mancano poco più di 2 ore per il becco della Ceriola.
Si riprende in salita ripida e il sentiero nel bosco di tanto in tanto cede il passo a passaggi più complessi su roccia e un andirivieni che ogni tanto ti fa perdere il sentiero, ma è grossomodo segnalato, anche con grossi rami che delimitano i sentieri errati.
Dopo mezz’ora aver lasciato la località Selva si passa su un tratto particolarmente esposto, con la roccia sulla nostra sinistra, un sentiero molto piccolo e lo scosceso dall’altra parte.
Qui è facile perdere l’equilibrio se si soffre di vertigini.
Ne approfitto per un attimo di riposo e per ritrovare l’equilibrio e colgo l’occasione di immortalare uno scorcio di Trento dall’alto.
I tratti esposti durano un po’, almeno un’oretta, finché non si risale faticosamente, con un’ascensione ripidissima, verso il bivio che a sinistra porta al sass dell’Aquila, mentre a destra porta a Malga Palazzo e Malga Imprech.
Ciò ci mette in confusione. Dove andare? La segnaletica non è chiara.
Bisogna andare a destra e seguire le indicazioni per le malghe.
Poco dopo incontriamo un cartello che ci conforta e ci indica la giusta direzione verso il becco della Ceriola, che da qui dista 40 minuti (ma anche meno).
Il sentiero è tosto e in alcuni punti troviamo dei tratti attrezzati, dove bisogna porre attenzione. A dire il vero tutta la Vigolana è ricca di sentieri attrezzati e bisogna farci i conti.
Non sono un amante delle ferrate e quindi non apprezzo particolarmente i percorsi attrezzati. Ma, a differenza delle ferrate, i tratti attrezzati sono percorribili senza imbrago, solo occorre prestare la massima cautela e prudenza.
Dopo una ventina di minuti già intravediamo la cima del Becco della Ceriola, con la croce che scintilla sulla vetta.
Arriviamo in cima e qui la vista è fantastica. E ripaga degli sforzi fatti finora.
Alle spalle della croce vediamo anche la cima della Vigolana, da dove passeremo e il becco di Filadonna, ma non vedremo ancora la guglia della madonnina (da cui il bivacco prende il nome) e la vicina guglia del frate, perché sono coperte dal monte.
Lasciandoci alle spalle la croce della Ceriola, seguiamo il sentiero, inizialmente non segnato, ma è l’unico, quindi non ci sono dubbi.
Si sale in cresta attraverso un sentiero particolarmente esposto.
Qui noto che aumenta la neve, cosa che inizia a preoccuparmi, perché è in fase di scioglimento, viste le temperature più elevate rispetto a giorni fa, quindi più scivolosa e si cammina molto nelle pozzanghere.
Inizialmente mi lascio condurre dalle orme di altri camminatori sulla neve e raggiungo abbastanza agevolmente la bocca Lavinella, a 2048 mt.
Da qui alla cima della Vigolana mancano giusto 20 minuti e 40 per la bocca di val Larga, il punto in cui dovrò prendere la deviazione per il bivacco Giacomelli alla Madonnina.
Ma saranno 20 minuti difficili, perché poco dopo inizia un sentiero attrezzato abbastanza ostico, reso ancora più complesso dalla presenza della neve.
Tuttavia riesco finalmente a salire in cima dove mi rendo conto della massiccia presenza di neve. Qui inizia ad intravedersi il lago di Caldonazzo.
La croce segna il punto più alto della cima della Vigolana.
Da qui in poi buio totale. Già, perché non ci sono orme sulla neve, segno che altri camminatori sono arrivati in cima e non hanno proseguito. E non trovo i segnavia bianco/rossi.
Ad un certo punto intravedo un paletto ricoperto di ghiaccio e mi rassereno. Sto andando nella giusta direzione.
In lontananza sento delle voci arrivare dal becco di Filadonna e intravedo delle figure umane. Anche questo mi rassicura. C’è ancora qualcuno in giro, nonostante si stia facendo tardi.
Con non poca difficoltà seguo il tracciato che porta in su e solo ogni tanto incontro i segnali bianco/rossi, consunti e vecchi, che mi confortano. Non sto sbagliando via.
Ad un certo punto incontro un camoscio. E’ a pochi metri di distanza. Mi fermo. Si ferma. Faccio in tempo a fargli qualche foto e, appena mi muovo, scappa via.
Lo fa, però, per tutto il sentiero, sicché non farò altro che seguire le sue orme e mettere i piedi dove ha lasciato le impronte dei suoi zoccoli. Lo faccio, però, con un occhio vigile sui segnali e questi mi indicano che sto seguendo la giusta via: la via del capriolo. Già, perché i caprioli seguono spesso i sentieri umani, perché più comodi e rapidi.
In poco tempo, anche se con i piedi immersi tra neve e pozze d’acqua, raggiungo la Bocca di Val Larga (2060 mt) e il segnale mi dice che mancano giusto 20 minuti per il bivacco Giacomelli alla Madonnina e sempre 20 minuti per il becco di Filadonna.
Quasi sarei tentato di arrivare prima al becco di Filadonna. Mancherebbero 20 minuti, ma ho lo zaino pesante, tra l’altro carico di legna, quasi 20 km sulle gambe, gli scarponi zuppi e sono stanco. Mi riprometto di tornarci il giorno appresso, cosa che, purtroppo, non farò.
E così imbocco il sentiero, con la speranza di togliermi quel peso sul groppone e riposarmi un po’. Il sentiero si presenta sin da subito ostico e complesso.
E’ tutto esposto, stretto e reso più difficile dalla presenza della neve. Un paio di tratti sono attrezzati e occorre scendere e salire con cautela.
Altri non lo sono, ma dovrebbero, perché basta un passo falso per cadere dabbasso.
Per fortuna trovo le orme degli altri camminatori e metto i piedi dove li hanno già messi altri. Sennò avrei avuto parecchie difficoltà a trovare il percorso giusto.
E’ tutto su roccia scoscesa, i segnali scarseggiano e non si vede dove andare, anche perché occorre superare un costone roccioso prima di intravedere il bivacco. L’ultimo tratto è più agevole, ma gli ultimi metri prima di arrivarci sono su roccia e occorre faticare un po’. Ora si vede bene la guglia della Madonnina.
Arrivo al bivacco alle 18.00 e lo trovo già pieno di gente. Saremo più di 20 persone e ci stringeremo un po’ durante la notte.
Qui vediamo la guglia del Frate e ci rendiamo conto di essere al di sopra delle nuvole. Nuvole che, domattina, saranno nebbia fitta.
Secondo giorno: dal Bivacco Giacomelli alla Madonnina a Malga Doss del Bue
2 h 30 m solo A |
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5 km | |
Dislivello max 971 mt | |
EE | |
6.10.2024 | |
La mappa del percorso
La mattina appresso mi sveglio abbastanza presto. Tutti dormono ancora. Saranno le 6 e mezza e ho intenzione di salire al becco di Filadonna e scendere dal Cornetto di Folgaria. Ma, dopo una breve schiarita del cielo, inizia una nebbia fitta che durerà per ore.
Resto nel bivacco fino alle 9 inoltrate e la nebbia non pare volersi diradare. Si sta facendo tardi e devo prendere una decisione.
La nebbia mi porta alla decisione più triste: meglio scendere in fretta anziché salire e rischiare di camminare alla cieca per ore.
E così decido di scendere dal sentiero più veloce, quello che conduce alla Malga Doss del Bue. In poco più di 2 ore sarò a valle e da lì potrò proseguire verso Vigolo Vattaro.
Il sentierò sarà anche veloce ma, come detto poc’anzi, la Vigolana è ricca di tratti attrezzati e anche questo non è da meno.
Tecnicamente, stando alle indicazioni fornite dalla SAT, il sentiero sarebbe chiuso, ma gli escursionisti conosciuti in bivacco l’hanno fatto il giorno prima, senza problemi. E, scendendo, incrociamo altri camminatori che fanno lo stesso sentiero.
Il sentiero è il 444 (Segnavia SAT E444) che poi, in località Val Larga, diventa il 445 (Segnavia SAT E445). Questo dovrebbe essere chiuso, ma è percorribile.
Da Val Larga ci metto circa 45 minuti ad arrivare alla località La Polsa.
Da qui, in circa un quarto d’ora si arriva alla Malga Doss del Bue, dove mi concedo una birrozza con i compagni di cammino conosciuti in bivacco.
L’intenzione è di arrivare a piedi a Vigolo Vattaro e da lì tornare in qualche modo a Trento. Ma i ragazzi mi danno un passaggio a Calceranica al Lago, dove sono diretti per una visita e approfitto di un passaggio per arrivare comodamente in stazione, dove prendo, poco dopo, il treno per Trento.