L’itinerario di oggi ci porterà a vedere i due laghi di Terlago, passando dall’abitato di Cadine e, soprattutto, dal Soprasasso, il monte senz’acqua.
5 h 20 m A/R | |
23 km | |
Dislivello max 627 mt | |
T+E | |
28.1.2024 | |
Si parte da Vela
Iniziamo il percorso dalla frazione di Vela di Trento, che si trova subito oltre l’Adige e che si raggiunge agevolmente da Piedicastello, partendo da Piazza Dante.
La partenza è dai giardini pubblici antistanti la chiesa dei Santi Cosma e Damiano e la coop, nel caso volessimo fare qualche acquisto dell’ultimo momento.
Da qui imbocchiamo via Santi Cosma e Damiano e ci dirigiamo verso Nord.
Arrivati nei pressi del Maso Finisterre troveremo dei grossi jersey in cemento, che chiudono la strada.
Qui inizia il sentiero. Il cartello posto in prossimità dell’inizio del sentiero ci racconta un po’ la storia del Soprasasso e ci spiega che è (una delle poche) montagna senz’acqua.
Le indicazioni ci portano verso il bosco e ci segnalano pure che qui c’è la presenza dell’orso.
Quindi occhio a seguire le regole di comportamento (vedi i consigli).
Inizieremo subito col botto. Una ripida salita non ci lascerà il tempo di prendere fiato, ma quantomeno cammineremo all’ombra.
Il sentiero ci condurrà rapidamente verso un altopiano, dove possiamo riprendere fiato e, guardando in basso, capire quanto dislivello abbiam fatto in pochissimo tempo.
Da qui si gode di un’ottima vista sull’Adige, sulla città di Trento e sulle Alpi orientali.
Stiamo facendo adesso il sentiero di San Vili, che è uno dei sentieri a lunga percorrenza. Se seguiamo tutto il sentiero arriveremo addirittura fino a Madonna di Campiglio, costeggiando praticamente il lato meridionale delle Dolomiti del Brenta.
Ma stiamo tranquilli, noi ci fermeremo molto prima!
Tutto il percorso che faremo sarà in salita e attraverseremo dei punti più esposti, ma la strada è sempre larga e comoda, in cui si avvicendano i tracciati su terra battuta a sentieri sassosi e ciottolosi, in cui bisogna prestare un po’ più d’attenzione.
Ogni tanto incrociamo qualche gioco della Natura, tipo un albero che ha deciso di curvare al punto di quasi abbracciarne un altro.
La fuciliera Austro-Ungarica
Ben presto un segnale ci chiederà se vogliamo proseguire lungo il sentiero o fare dieci minuti di deviazione per visitare la fuciliera Austro-Ungarica, che venne realizzata nel 1915, durante la prima guerra mondiale e restaurata nel 2006, per volontà del Comune di Cadine e della popolazione locale.
Noi lo faremo, anche perché è una breve deviazione e dopo troveremo un sentiero di connessione con quello che stiamo facendo. Quindi non dovremo tornare indietro.
La galleria che ospita la fuciliera è lunga circa 40 metri ed è dotata di un locale, appena entrati, per il posto di guardia e ben undici postazioni per fucilieri, ognuna dotata di feritoie e ripiani per porre le munizioni. Il locale del posto di guardia oggi ospita un guestbook.
La Baita Laura
Lasciata la fuciliera troviamo un sentiero che ci riconnette al percorso.
Siamo arrivati adesso alla Baita Laura, uno stoi, ossia una casamatta ricavata in una delle caverne naturali del monte e costruita durante il primo conflitto mondiale come deposito di armi, munizioni, alimenti e come riparo di fortuna dei soldati.
Oggi è utilizzato come baita ma l’ho trovata chiusa, anche se il cartello invita ad entrarci.
Forse è chiusa perché non ho portato nulla. Nelle vicinanze troviamo altri stoi, però sono abbandonati e a rischio crollo.
Poco dopo saremo alla pozza della Casara, un avvallamento molto ampio, sempre frequentato come area di sosta dei camminatori e, a volte, ho trovato pure gente che ci fa grigliate.
Per molta gente è il punto di arrivo. Per noi sarà solo un punto di passaggio.
Ora si scende verso Cadine
Adesso scendiamo da una strada molto più comoda, che ci condurrà nel bosco. Dopo circa 1 km incontreremo la Calchera, ossia una zona dove, anticamente, si produceva la calce viva.
Da qui continuiamo sulla comoda strada forestale della Casara e la seguiremo tutta finché, ad uno spiazzo (usato come parcheggio) denominato fer de caval, tireremo dritti ed entreremo subito nell’abitato di Cadine.
Andiamo sempre diritto, ci lasciamo la scuola primaria a destra e proseguiamo verso il centro.
Ho proseguito non solo per fare una visita a Cadine, ma anche perché avevo bisogno di ricaricare le borracce. Infatti in piazza, proprio di fronte alla chiesa di Sant’Elena, troviamo una fontana.
Adesso andiamo a Terlago
Ricaricate le borracce e dopo una meritata pausa su una delle panchine della piazza, ci rimettiamo in cammino verso Terlago.
Qui occorre tornare indietro, da dove siamo venuti.
Arriviamo allo stradone (strada di Cadine) e svoltiamo a sinistra.
Questa presto diventerà strada al lago ed è sempre molto trafficata.
Questo è il punto più brutto di tutto il cammino. Faremo giusto poche centinaia di metri, ma le dovremo fare sul ciglio della strada.
Nulla di trascendentale, ci sono altri camminatori che fanno il nostro stesso percorso ma, come già detto in altri articoli, fare 500 metri su una strada trafficata è come farne 5000 all’inferno. Fare 20 km nel bosco, non li senti nemmeno.
E’ tutta questione di condizioni ambientali esterne.
Per evitare di farla tutta sulla provinciale, salgo da un vigneto e, per un po’, faccio la strada bianca che costeggia la provinciale.
Scendendo dalla strada i due laghi si palesano alla vista.
Questa zona è sempre molto popolosa, in ogni stagione dell’anno. Sarei tentato di fare una visita al castello di Terlago, ma vedo che è abbastanza in lontananza e non ho molto tempo prima che faccia buio.
Così, dopo una veloce visita ai due laghi, riprendo il cammino del ritorno.
Si torna indietro, da un altro sentiero
Al ritorno, dato che non ho più necessità di passare da Cadine e che ho una buona quantità d’acqua, faccio un sentiero che mi evita di fare un bel pezzo di strada asfaltata.
Imbocco sulla mia sinistra il sentiero, non segnalato, nei pressi del vigneto e mi porta lungo la strada dei comuni.
La faremo per circa 1,5 km e poi dobbiamo svoltare a destra su un sentiero che arriva alla calchera.
Qui proseguiamo diritto, con la calchera alle spalle e, pochissimo dopo, saremo sul tracciato fatto all’andata.
Ci toccherà salire con un dislivello di quasi 300 metri e poi, giunti di nuovo sul Soprasasso, scenderemo parecchio, con un dislivello negativo di quasi 650 metri.
Qui, come in altri monti del Trentino, troviamo spesso atleti di trail-running, ossia di corsa alpina, proprio a motivo del dislivello e della vicinanza alla città.
Ma a noi piace la lentezza e percorreremo questo sentiero, in ripida discesa, lentamente.
E’ ormai il crepuscolo quando ritorno al punto di partenza. La bici è ancora lì, legata ad un palo della luce del giardino pubblico, pronta a riaccompagnarmi in città.