Il trekking di oggi parte da Malga Mare per arrivare alla Diga Careser, passando dal Rifugio Cevedale. Una zona ricca d’acqua, tanto che la val di Pejo dà il nome al noto marchio d’acqua minerale, mentre la vicinissima val di Sole prende il nome proprio dall’acqua e non, come comunemente si crede, dal sole!
7 h A/R | |
18 km | |
Dislivello max 1000 mt | |
E | |
29.09.2024 | |
La mappa del percorso
Introduzione
La Val di Sole, ubicata nel Trentino nord-occidentale, è una delle valli più note. Da qui si raggiunge facilmente la Val di Non (e il Santuario di San Romedio), il Gruppo dell’Ortles (a nord), il Passo Tonale (a ovest) e il gruppo Adamello-Dolomiti del Brenta (a sud). Il fiume Noce l’attraversa e sfocia al lago artificiale di Santa Giustina, a Cles. Infatti una caratteristica della val di Sole è che l’acqua viene usata anche a fini energetici. Lo vedremo meglio tra poco.
La valle è raggiungibile con i mezzi pubblici, in particolare con il trenino Trento-Malé, che infatti ho usato per arrivarci da Trento, in poco meno di 2 ore.
Una nota caratteristica è che il noto film Vermiglio, premiato con il Leone d’argento alla mostra cinematografica di Venezia, prende il nome proprio da un paesino della Val di Sole ed è stato girato dalla regista Maura Delpero tra Vermiglio e i caratteristici paesini di Carciato e Comasine.
La Val di Sole presenta numerose cime oltre i 3.500 mt, tra cui il Cevedale, che vedremo lungo la nostra escursione, la Punta di San Matteo nel Parco Nazionale dello Stelvio, il Crozzon di Lares ed il Monte Carè Alto nel Gruppo dell’Adamello-Brenta.
La Val di Sole si chiama così non tanto perché qui splende il sole, ma per la massiccia presenza d’acqua. C’è acqua da tutte le parti e, nelle escursioni, spesso la vedi sgorgare a destra, manca, sopra, sotto, a tutte vanne (come si dice dalle mie parti). Secondo diverse fonti storiche, Sole deriva da Sulis, l’antica denominazione celtica della zona, ossia la dea delle acque, considerata Madre fonte di vita. Quando arrivarono i romani, mantennero la denominazione originaria, ma la trasformarono in Solis e, da qui, nel corso dei secoli venne dapprima volgarizzata e poi italianizzata in Sole.
Si parte poco sotto Malga Mare
Il giro che faremo è ad anello e parte dal Parcheggio Prabòn (parcheggio libero) a quota 1650 mt. Raggiungeremo una quota massima di 2706 mt, quindi con un dislivello di poco più di 1000 mt.
Normalmente si parte da più in sù, nei pressi della centrale di Malga Mare, ma la strada è stata chiusa nel 2023 per lavori di messa in sicurezza e non si sa ancora quando riaprirà. Questo ci porta a fare giusto 2 km in più di camminata, nel bosco, tra larici, abeti e pini. Poco male, insomma.
Si arriva in leggera salita a Malga Mare che, nel dialetto locale, sta per madre.
Nel sistema delle malghe, qui in passato molto attive per l’alpeggio estivo e per la produzione di formaggi, Malga Mare rappresentava il punto di riferimento, da qui il nome.
Nei pressi di Malga Mare troviamo una grande e bella struttura in pietra locale. E’ la centrale idroelettrica attualmente gestita da Dolomiti Energia, che produce corrente elettrica dall’acqua. Ci passeremo durante l’escursione.
A Malga Mare troviamo il solito, simpatico, barometro a corda. Da qui ci vorranno circa 2 ore per arrivare al Rifugio Larcher.
Ma prima passiamo dalla cascata
Il sentiero ci porta verso Pian Venezia, ma prima dobbiamo fare una piccola deviazione verso una cascata di acqua gelida, anche d’estate. Difatti è facile imbattersi in rivoli d’acqua ghiacciati, nei pressi della cascata.
Per arrivarci è sufficiente seguire le indicazioni per la cascata a circa 5 km dall’inizio del nostro cammino.
Siamo ora dentro al Parco nazionale dello Stelvio
Arrivati a Pian Venezia possiamo dire, senza peccare di precisione geografica, di essere nel cuore del Parco Nazionale dello Stelvio. Di fronte abbiamo il gruppo dell’Ortles-Cevedale, che segna il confine tra Lombardia e Trentino-Alto Adige.
Ora siamo a 2283 metri.
Si procede lungo il sentiero 102 che ci condurrà, in circa 3 km, al Rifugio Cevedale “G. Larcher”.
Qui incontriamo una fontanella d’acqua freschissima. Ma, come noteremo lungo il cammino, è sufficiente mettere la borraccia sotto qualsiasi rivolo d’acqua per bere dell’ottima acqua fresca di montagna.
Qui scopriamo che il Rifugio prende il nome del senatore Guido Larcher, a più riprese presidente della SAT tra il 1902 e il 1937. E’ uno dei rifugi più antichi del Trentino e, difatti, è sorto nel 1882 e la prima costruzione era a forma di cubo, come si usava allora.
Il Rifugio, come capita spesso, è aperto solo da giugno a fine settembre. In particolare questo ha chiuso la settimana prima, ma – come capita in quasi tutti i rifugi – dispone di un bivacco invernale di pochi posti che consente di essere un punto d’appoggio per la notte o in caso di maltempo e per chi vuol raggiungere cime più alte (tipo Cima Nera o Monte Cevedale).
Il ghiacciaio de la Mare
Dopo una piccola pausa in rifugio è ora di salire ancora. Si salirà di soli 200 mt per arrivare al Lago delle Marmotte. Ma prima ci imbattiamo in una curiosa struttura in legno.
Questa bacheca è stata inserita per dimostrare in modo semplice e intuitivo come il ghiacciaio de la Mare si stia ritirando gradualmente da quando è stato fotografato la prima volta dal geografo ed esploratore Ardito Desio nel 1932. Le altre foto storiche risalgono al 1961, 2013 e 2022 e mostrano con grande evidenza l’azione di ritiro del ghiacciaio dovuto all’innalzamento delle temperature.
Ardito Desio e Cesarino Fava
Ardito Desio (1897-2001) fu un bravo geografo, ma non altrettanto un bravo esploratore. Almeno questo si legge e si ascolta dai racconti di chi l’ha conosciuto. Tra cui Cesarino Fava (1920-2008), originario di Malè (TN) ma espatriato in Argentina. In una delle spedizioni con il Desio perse tutte le dita dei piedi e questa cosa lo segnò a vita, anche se non perse mai la passione per la montagna.
Il Desio era fascista, mai pentito di esserlo, e questo la dice lunga sul suo temperamento: si racconta che, nella spedizione sul K2, sostituì il grande alpinista Cesare Maestri perché era comunista e preferì prendere gente meno preparata. Ma soprattutto preferiva alpinisti meno noti. Lo sapeva bene il “Re” Walter Bonatti, celebre ed espertissimo alpinista, che accompagnò il Desio nella spedizione sul K2 ma dovette restare indietro – su ordine specifico del Desio – perché sennò avrebbe offuscato la sua fama.
Chi l’ha conosciuto ha avuto sempre parole poco lusinghiere nei suoi confronti ed, in effetti, sono le giuste parole che merita un fascista.
Il Lago delle Marmotte
Lasciamo la storia alla storia e continuiamo la nostra ascensione verso il punto più alto del percorso, il Lago delle Marmotte, a 2706 mt.
Si chiama così – banalmente – perché è pieno di marmotte. Ma già a fine settembre sono in letargo, dopo essersi rimpinzate di cibo per tutta l’estate. Se ci vai d’estate, le puoi solo intravedere (sono rapidissime negli spostamenti!), ma di sicuro le puoi sentire. Il loro fischio è inconfondibile. E’ il loro modo di comunicare alla comunità che c’è un pericolo imminente, inclusa la presenza degli esseri umani in zona.
Lago lungo e Lago nero
Dal lago delle Marmotte si inizia la discesa verso il ritorno. Da questo punto faremo poco meno di 10 km, seguendo un altro sentiero, il n. 123, in modo da fare un giro ad anello.
Ma soprattutto perché da qui passeremo dal luogo che dà il nome a questo giro: la diga del Careser.
Prima, però, daremo giusto un’occhiata a due piccoli laghi che connotano la zona, il lago Lungo ed il lago Nero.
Siamo a 2624 mt.
Una cosa che noteremo durante il cammino e che ci si palesa sin dall’inizio è il tipo di roccia che caratterizza la Val di Sole. Non è la classica pietra dolomitica, tipica di moltissime zone del Trentino, ma è una pietra più compatta, più dura e più spessa.
La pietra della zona è di tipo ferroso ed è caratterizzata dalla presenza di altri minerali, tra cui il quarzo.
Difatti, indagando meglio, si scopre che la Val di Sole è ricca di ferro. Ne sono testimonianza le cave di ferro a Comasine, attive sin dal 1300 (ma, secondo alcuni studi, sin da tempi più remoti) e fino agli anni Sessanta del secolo scorso. Tale attività ha costituito l’ossatura dell’economia della zona e, a differenza di altre valli più remote, dove l’emigrazione era massiccia, la Val di Sole presentava invece fenomeni forti di immigrazione, specie dalla Lombardia, per continue esigenze di operai.
Dunque, durante l’escursione, facciamo attenzione alle pietre e troveremo un sacco di ruggine!
Diga del Careser
Tra una pietra e l’altra, scendendo su sentieri non particolarmente complessi, ma a tratti impegnativi, eccoci arrivati alla Diga del Careser, una vera perla di ingegneria civile.
Siamo a 2603 mt.
Il Lago artificiale del Careser, oltre ad essere bello da un punto di vista estetico, è anche funzionale in quanto fornisce alla centrale di Malga Mare (a 600 metri più sotto) una produzione annua di energia elettrica di 27,7 GWh. Praticamente l’idroelettrico, in Trentino, rappresenta più dell’80% del fabbisogno energetico provinciale.
Il tutto senza deturpare l’ambiente o senza impatti visivi (anzi…), come capita, di recente, con gli impianti industriali di eolico e fotovoltaico nel Sud Italia.
La struttura in cemento che costituisce la diga è anche una passerella pedonale, ma facciamo attenzione, perché in alcuni periodi dell’anno, per esigenze produttive ovvero per motivi climatici, può essere chiusa. Conviene sempre sentire l’APT locale.
E’ possibile circumnavigare tutta la diga, ma durante l’escursione abbiamo preferito percorrere solo un pezzo per poi prendere il sentiero del ritorno, che parte dalle due case, due piccole strutture di servizio della centrale elettrica poste alla fine della passerella in cemento.
Da qui seguiamo sempre il sentiero 123 e, in una discesa non particolarmente ripida, su sassi e terreno ciottoloso e sassoso, arriveremo, in poco più di 5 km, al parcheggio.
Impressioni
L’escursione di oggi non è particolarmente complessa, ma paesaggisticamente è molto significativa. Si può fare praticamente tutto l’anno, d’inverno con la neve, facendo però attenzione ad accertarsi che la diga sia aperta, altrimenti occorre scendere dal sentiero basso, che parte poco dopo il Lago delle Marmotte e costeggia il Lago Lungo, per poi immettersi nel sentiero fatto all’andata.
E’ consigliabile fare l’escursione in estate e, magari, approfittarne per farsi una bella doccia sotto la cascata di Pian Venezia, davvero rigenerante! In estate è anche possibile assistere al concerto delle Marmotte, molto suggestivo! Inoltre troviamo il Rifugio Larcher aperto, per poter sostare e pranzare.