Un lungo giro ad anello, che parte da Levico Terme, passa da Vetriolo Terme, sale fino alla Panarotta – un monte ingiustamente sfigato – per poi scendere alla Bassa e, da lì, proseguire nei boschi fino a tornare a Vetiolo Terme e scendere da un altro sentiero, giusto per far visita alla Lupa del Lagorai, una scultura in legno suggestiva, specie al tramonto.

5,5 h A/R
22 km
Dislivello max 1482 mt
T+E
28.9.2024

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Qualche consiglio di base? Leggi l’articolo!

La mappa del percorso

Introduzione

Sin da quando son arrivato a Trento ho sentito parlare della Panarotta, in termini più o meno critici. C’è chi parlava di rilancio, chi di abbandono, chi con toni fatalistici. Ci sono stati gruppi di giovani universitari che hanno organizzato trekking collettivi per portare gente sù in cima e parlare del problema Panarotta.

Ad un certo punto mi son detto ma checcazzo, andiamoci e vediamo con i nostri occhi per capire meglio ‘sta questione Panarotta.

All’improvviso ho capito. E’ bastato salirci per capire da dove nasce e come si evolve la faccenda della Panarotta. E perché è un monte sfigato.

Ma procediamo con ordine.

Si parte da Levico Terme

E’ un sabato mattina di una soleggiata giornata settembrina quando mi chiedo: ma oggi che faccio? ‘Ndo vado? E così, taccuino alla mano, consulto le mete segnate nel corso del tempo. La Panarotta! Il monte sfigato! Andiamoci finalmente, per capire perché se ne parla tanto e perché è così sfigato!

E così arraffo un po’ di roba da trekking di un giorno (il solito), prendo il treno ed arrivo, alle 10 di mattina, alla stazione di Levico Terme. Giusto il tempo di un caffè al bar della stazione (non proprio buono, ma la barista sì) e mi dirigo in centro.

Il nostro percorso inizia proprio di fronte al Comune. Ci arrivo facilmente, seguendo il viale per le terme, da qui vado a sinistra per il centro (e imbrocco una bella fontana d’acqua fresca dove riempio le borracce) e trovo senza difficoltà il Comune. Proprio di fronte al Municipio inizia il percorso.

In poco tempo arrivo alla località Salina, passando da via Montel e via dei Molini.

Qui, dopo circa 1 km di strada asfaltata, inizia il sentiero in terra battuta. Tutto il percorso sarà abbastanza semplice e la salita alla Panarotta non presenta alcuna difficoltà particolare ed è adatta anche ai bambini con un minimo di esperienza sui percorsi di montagna.

Poco dopo troviamo le indicazioni per il sentiero della Giana, che segue sempre il segnavia SAT 303.

Lo seguiamo e presto arriveremo all’incrocio con la SP 11 per Vetriolo. Facciamo attenzione ad attraversare, perché in prossimità ci sta una curva.

Attraversiamo la provinciale e ci immettiamo di nuovo nel sentiero. Poco dopo incontriamo una bella chiesetta di montagna, dedicata a S. Antonio.

Giusto una piccola pausa sulla comoda panca in legno accanto alla chiesetta e si riprende.

Giunti alla località il Rocciolo, troviamo una bella casa diroccata.

Con una bella vista sulla Valsugana imbocchiamo, poco dopo, lo stradone forestale che ci accompagnerà fino a Vetriolo.

Vetriolo terme

Vetriolo terme è una carinissima località posta a 1450 mt slm e le sue terme sono tra le più alte in Europa. Peccato che anche Vetriolo abbia seguito la stessa sorte della Panarotta e che le terme siano chiuse da molto tempo. Talvolta si sente che riapriranno, ma al momento restano chiuse.

Mi prendo giusto una pausa sulla panchina sotto al grande albero del parcheggio e, mentre mangio, mi accorgo di qualcosa che mi è caduto sul braccio. Fa caldo oggi e sto a mezze maniche. Guardo distrattamente e mi accorgo che una grossa zecca si sta già posizionando in verticale per mordermi.

Maledetta bestiaccia! Con l’unghia dell’indice la sbatto al largo e riprendo il cammino.

Questo aneddoto lo racconto perché, come spiego meglio qui, le zecche si trovano generalmente nell’erba alta, ma sono in grado anche di salire sugli alberi e farsi cadere quando odorano la presenza di una potenziale preda. Statisticamente ciò non avviene quando si è in movimento, ma se sosti più a lungo sotto un albero, ci sono più probabilità che senta il tuo odore e che si collochi in modo da buttartisi addosso.

Lasciamo la zecca al suo destino e seguiamo adesso le indicazioni per il sentiero SAT 308.

Alla prima periferia di Vetriolo incrociamo una bella chiesa, che sembra restaurata da poco, ma sempre chiusa, da dove si gode di un bel panorama.

Ritroviamo le indicazioni del sentiero 308 e riprendiamo la traccia che costeggia il bosco. Poco dopo ci imbattiamo in un punto di sosta ben attrezzato, dove in passato ci doveva essere una fonte d’acqua, stando alla toponomastica, ma anche questo sembra ormai abbandonato.

Gli impianti abbandonati

Ci lasciamo la fonte termale sulla sinistra e proseguiamo lungo lo stradone forestale e ben presto arriviamo a Cima Esi, a 1800 mt.

Qui capiamo subito che gli impianti di risalita sono abbandonati da tempo.

Due anni, per essere precisi. E non è che fino a due anni fa se la passasse bene. Pochi gli ski-pass staccati, poche le prenotazioni, pochi gli sciatori che, oggigiorno, preferiscono cime più elevate, con baite, rifugi e viste mozzafiato.

Ed è così che la Panarotta è stata abbandonata. Le viste mozzafiato ci sarebbero pure, tra il Lagorai, le Prealpi Venete e le Dolomiti del Brenta, ma mancano le persone.

Ci sono svariati motivi per cui la Panarotta ha avuto un destino così misero e beffardo. Il primo è stato quello, anni addietro, di inseguire modelli di sviluppo della montagna standard, ossia presi da altre realtà sciistiche. Non si è voluto, insomma, adattare l’antropizzazione della montagna al particolare contesto di questa montagna. E così son sorti ecomostri (gli impianti, il ristorante, le antenne in cima, giusto per dirne qualcuna), il bosco è stato raso al suolo (tra poco lo vedremo meglio, scendendo verso Vetriolo) e si pensava che bastassero solo cinque cannoni sparaneve (cit.) per fare della Panarotta la Cortina del Lagorai.

Così non è stato e non son bastati i milioni di soldi pubblici per ripianare endemiche perdite d’esercizio (cito da qui). Difatti l’ultima gara per la gestione degli impianti è andata deserta e anche la stagione 2024/2025 salta.

Ma la Panarotta merita un destino diverso. Ed è sotto gli occhi di tutti. E’ un monte dolce, di camminate dolci, di percorsi in parte selvaggi e in larga parte adatti a chiunque. Investire sulla Panarotta, oggi, significa rimboschire, sistemare la sentieristica, ripristinare le aree di sosta, predisporre qualche fontanella d’acqua e, soprattutto, smantellare gli impianti.

Insomma, il rilancio della Panarotta sta nel ridare dignità al monte e cambiare completamente approccio al rapporto tra essere umano e Montagna. Un approccio che eviti di considerare la Montagna il parco giochi della città ed eviti pratiche dannose, impattanti e invasive, che – tra l’altro – cozzano con quello che i cambiamenti climatici ci mettono sotto gli occhi: non ci sarà più neve, almeno alle basse quote. Lo sci diventerà uno sport in via d’estinzione. E siccome non ci sono prospettive di ritorno al clima del passato (finché non si decide radicalmente di cambiare modello produttivo e, comunque, ci vorranno secoli), bisogna rassegnarsi al fatto che la neve non ci sarà.

Quale migliore prospettiva, allora, di rilanciare la Panarotta per quel che è? Un monte dove camminare, praticare sport innocui, a zero impatto ambientale, dove non occorrono infrastrutture (se non piccole aree di sosta, magari gestite dalle comunità locali) e dove godere della quiete e del silenzio che solo la Montagna sa donare.

Siamo in cima

Proseguiamo la nostra passeggiata verso la cima della Panarotta. Da Cima Esi faremo giusto 200 metri di dislivello per arrivare a 2002 metri.

     

Da qui la vista è incantevole. Peccato per le antenne, che rovinano il paesaggio, esattamente come, più in giù, avviene con le seggiovie. E torniamo allo stesso discorso di poc’anzi.

Ad ogni modo, da qui si vedono bene i laghi di Caldonazzo e Levico.

Ed è affascinante vedere le cime delle Prealpi Venete, tra cui Cima XII.

A due passi da qui si arriva anche al Monte Fravort.

Dopo una meritata sosta in cima è ora di scendere alla Bassa, per completare il giro ad anello.

A pochi minuti dalla cima incrociamo una croce in ferro, in ricordo dei caduti della Grande Guerra.

Da qui scendiamo di poco ed incrociamo i primi segnali. Siamo alla Bassa, a 1838 mt.

Da qui è sufficiente seguire le indicazioni per Vetriolo. Arriveremo in un’altra zona rispetto a quella dell’andata.

Scendiamo adesso per malga Masi a 1712 mt

Da qui faremo un bel pezzo di strada forestale per scendere verso la lupa del Lagorai.

Noteremo subito quanto detto poc’anzi. La zona è stata selvaggemente disboscata e appare brutta e desolata. Ci si chiede quanto sia facile capire perché è una zona abbandonata a sé stessa. Ma poi, scendendo più in giù, noto un fatto positivo.

La Lupa del Lagorai

Siamo alla Lupa del Lagorai, una bella scultura in legno che si erge maestosa su uno spiazzo in altura. Al tramonto pare quasi incutere un timore reverenziale tanto è bella e suggestiva.

La zona è densamente frequentata. Poco più sotto ci sta un bar, a due passi dall’imbocco del sentiero per Vetriolo, con annesso un grande parcheggio.

Basterebbe poco, quindi, per rilanciare la zona. I presupposti ci sono tutti. Manca, però, la visione, che è ad un tiro di schioppo.

Forse i decisori politici conoscono così poco la zona da non arrivarci. O forse sono ancora legati a vecchi e logori modelli di sviluppo.

Ma la Lupa è lì, ad indicare la luna, mentre c’è ancora chi guarda il dito.

Si scende per Levico

Arriviamo a Vetriolo Vecchio e seguiremo le indicazioni per Levico (sentiero E5). La segnaletica non è chiara. Dapprima ci indica 1,3 h per Levico

Poi, imboccata la scaletta sulla sinistra (dopo la passerella pedonale che si imbocca nei pressi del bar), troviamo 2 h di percorrenza.

In realtà ci metteremo 1 ora e un quarto, a passo normale. Il sentiero è bello intenso e divertente.

Non proprio semplicissimo, perché è in ripida discesa, ma è molto avvincente.

 

Levico si appalesa alla vista, cammin facendo.

Dopo un’oretta arriviamo ad uno stradone forestale e non ci resta che seguire la strada asfaltata per circa 15 minuti e arriveremo in località Guizza. Da qui in pochi minuti, tagliando per il parco, saremo al centro di Levico e qui finisce il nostro percorso.

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