Hai deciso di andare a vivere a Trento per motivi di studio o per lavoro? O forse perché ne hai sentito parlare bene per via dell’alta qualità della vita? In questo articolo ti racconto la mia esperienza a Trento dopo averci vissuto per un po’ di tempo. Un racconto alternato a riflessioni e analisi socio-economiche. Questa è la prima parte di un miniracconto di tre. Oggi, dopo una piccola introduzione sulla città, i cenni storici e il tipo-ideale trentino, ci concentriamo su un aspetto fondamentale se decidiamo di trasferirci a Trento: la ricerca di un alloggio.
Trento al top per qualità della vita
Trento è una bellissima e struggente città medievale. Capoluogo dell’omonima Provincia autonoma, si sviluppa a lingua di serpente lungo un pezzo della valle dell’Adige (la valle che va da Merano a Rovereto) ed è protetta da diverse catene montuose. Secondo numerose statistiche (per esempio, questa), Trento è tra le prime città d’Italia per qualità della vita.
Gli indicatori utilizzati di solito riguardano questi aspetti: Ricchezza e consumi, Affari e lavoro (reddito pro-capite, costi medi delle case, ISEE medio, inflazione, ecc). Giustizia e sicurezza (indice di criminalità, sicurezza percepita, durata media dei processi, ecc.). Demografia e società (densità abitativa, quoziente di natalità, saldo migratorio, ecc.). Ambiente e servizi (accessibilità, qualità di vita degli anziani o delle donne, ecosistema urbano, ecc.). Cultura e tempo libero (offerta culturale, numero di palestre o di librerie, indice di lettura o di sportività, ecc.).
La media ottenuta del punteggio di ognuno di questi indicatori genera un punteggio complessivo nel ranking proposto dalla classifica dei territori più vivibili.
Bello, ma…
Tuttavia queste statistiche sono spesso fuorvianti, perché basate su un bias di fondo ed un approccio interclassista.
Il bias
Il bias, per esempio, non tiene conto delle profonde differenze sociali, economiche e geografiche dei territori presi in considerazione.
E’ chiaro che una città in una provincia autonoma, dove una parte importante del gettito fiscale resta sul territorio e dove vi è ampia autonomia nell’allocazione delle risorse, ha condizioni di partenza migliori di una città che soffre di bilanci in negativo, non può spendere, ha vincoli normativi di spending review e, magari, non ha nemmeno un numero sufficiente di dipendenti pubblici per tenere in piedi i servizi o offrire una pubblica amministrazione efficiente.
La Provincia di Trento dispone di più di 70.000 dipendenti pubblici. E la popolazione della provincia è di poco superiore ai 545.000 abitanti. Cioè un dipendente pubblico ogni 8 abitanti.
Poi va tenuto conto della collocazione geografica. In passato, quando il Mediterraneo era crocevia di scambi tra Oriente e Occidente, territori come la Puglia, la Calabria, la Sicilia o la Campania erano ricchissimi. Ne sono testimonianza i numerosi palazzi raffinati, le innumerevoli chiese lussuose, le piazze che ancora conservano i simboli dei fasti che furono.
Poi, con l’avvento degli stati nazionali ed il progressivo spostarsi a Nord dell’egemonia politica e degli scambi commerciali, la ricchezza si è spostata di conseguenza.
Quindi è ovvio che una città più vicina alla Germania (il principale produttore d’Europa) o all’Olanda (il principale importatore) gode molto di più dei vantaggi degli scambi commerciali rispetto ad una città più periferica (non solo del Sud Italia).
Dunque queste statistiche sono un po’ come il campionato di calcio unico, cioè un campionato in cui giocano tutte insieme squadre di serie A, serie B, Lega pro e, a scendere, fino alle squadre del campionato dilettanti. Le prime sponsorizzate da marchi globali, le ultime dal negozietto di alimentari del paesello, che paga i giocatori a salami e formaggi.
E’ certo che, alla fine del campionato, vinceranno sempre le stesse squadre di serie A, senza grandi difficoltà.
L’approccio interclassista
L’approccio interclassista, poi, non tiene conto dei livelli di partenza degli abitanti di una stessa città. E’ chiaro che la qualità della vita sarà alta per un residente che può vantare una casa di proprietà, magari ereditata insieme ad un consistente patrimonio, rispetto ad uno che vive in affitto e non arriva a fine mese, perché con quello che guadagna non si può permettere di godere di ciò che la città offre (quasi tutto a pagamento).
La classifica tiene conto – per fare giusto due esempi – del reddito complessivo pro-capite o della giacenza media sui conti correnti. Ma non tiene conto della diffusione della ricchezza. Quindi in una città di 100.000 abitanti, se 100 guadagnano un milione di euro e 99.900 guadagnano mille euro, la città sarà ricca, ma sarà al contempo iniqua.
Quindi, alla fine della fiera, la qualità della vita non è un aspetto oggettivo e non è facilmente confrontabile.
Un’avvertenza doverosa
Detto ciò, quello che scriverò è solo la mia esperienza con la città. Nulla di più, nulla di meno.
E’ un’esperienza soggettiva, che quindi può essere diametralmente opposta alla tua, per via dell’età, il tipo di lavoro, il livello di reddito, le relazioni che puoi costruire, i ritmi di vita, le abitudini, la quantità di tempo libero, ecc.
Un’esperienza, per me, in parte deludente, in parte no.
Tuttavia, come potrebbe capitare ad alcuni di voi, sono partito con altissime aspettative, proprio perché la città, vista dal di fuori, appare uno dei migliori luoghi in cui vivere. Dall’interno, per ciò che mi riguarda, ho potuto appurare che molti preconcetti positivi sulla città erano del tutto infondati. Questo è stato uno dei motivi per cui ho deciso di andarmene.
Ma, come dico sempre, mai fidarsi delle opinioni altrui. Come si dice dalle mie parti, tutti i consigli sentili, il tuo non lo lasciare mai.
L’estensione del territorio
Trento non è solo la città che conosciamo, ma ha numerose frazioni che ne ampliano la dimensione geografica. Si estende dalla frazione più a sud, quella di Mattarello, alla frazione più a nord, quella di Meano. La frazione più a ovest è quella di Baselga, mentre quella più a est è Villamontagna. La frazione più alta è quella di Vason, a quota 1650 metri, nel cuore del Bondone.
Quindi il Comune di Trento si estende per 158 km quadrati e comprende una popolazione di oltre 120.000 abitanti.
Tuttavia le frazioni più densamente abitate e più in sono quelle di Martignano, Povo, Cognola, Civezzano. Vicinissime alla città ma collocate a mezza collina. Oppure ai piedi del Bondone, come Ravina e Romagnano. O appena sopra la città, come Sardagna. Quindi in zone molto tranquille e, di conseguenza, con prezzi delle case piuttosto alti.
Particolare della chiesa di San Rocco a Sardagna
Il forte di Civezzano
Mentre le frazioni di Gardolo e di Villazzano sono quelle più popolari, in quanto più multietniche e dove sorgono la maggior parte delle case popolari di proprietà di ITEA (Istituto Trentino di Edilizia Abitativa).
Alcuni palazzi del patrimonio immobiliare ITEA a Villazzano
Nel sentire comune, dunque, Gardolo (più di Villazzano) è considerata una frazione borderline. Sia per la sua composizione sociale più variegata, che per via della massiccia presenza di insediamenti produttivi.
Sentirai dire che è un luogo insicuro, una specie di banlieue. In realtà è, rispetto ad altre zone periferiche di altre città, un contesto piuttosto sicuro e tranquillo.
In generale – e su questo ci torneremo nelle prossime parti di quest’articolo – molti trentini di città hanno una percezione distorta del concetto di sicurezza che viaggia a stretto contatto con quella di decoro urbano.
Cenni storici sulla città di Trento
Non mi dilungherò sui cenni storici della città, perché la rete è piena di questo genere di informazioni, scritte molto meglio di come potrei fare io. Mi concentrerò solo su due aspetti. Una chicca e una brevissima analisi di un certo periodo storico, che ci serve a capire meglio la cultura di fondo dei trentini, specie di città.
La chicca sull’origine del nome Trento
La chicca è che il nome di Trento nasce, come molti sanno, dal nome romano Tridentum, ma non tutti sanno che questo non è legato al dio Nettuno, che regge il tridente.
E’ vero che la statua di Poseidone svetta al centro della meravigliosa piazza Duomo e questo ci fa pensare che la città sia dedicata a lui.
Ma sdubbia un po’ il fatto che una città che dista dal mare più vicino (quello di Venezia) oltre 160 km, sia dedicata, appunto, al dio del mare (la stessa statua, in marmo, si ritrova pure in piazza Cesare Battisti a Rovereto).
La statua del Nettuno a Rovereto
Infatti la statua fu eretta solo intorno al 1700 e le fonti storiche non ci dicono il perché di questa scelta. Forse per ironia o forse per via dell’assonanza del nome. Ad ogni modo la statua in piazza è una copia del 1945. L’originale è conservata a Palazzo Thun, in via Belenzani, sede del Comune di Trento.
Secondo una vecchia leggenda, i romani chiamarono così questa zona per via dei tre denti che la caratterizzano.
I tre denti sono il Doss Trento, il Doss Sant’Agata e il Doss di San Rocco, collocati rispettivamente a nord ovest (Piedicastello), nord est (Povo-Oltrecastello) e sud est della città (Villazzano).
Doss di San Rocco a Villazzano
Il Doss Trento
Doss di Sant’Agata, Povo
I doss (o dos) sono, dunque, dei grossi colli isolati o semi isolati, di altezze variabili tra i 370 e i 570 metri che, per la loro conformazione, appaiono come grossi denti. Dunque tridentum pare derivare dal nome tre denti.
Tuttavia gli storici contemporanei pensano che il nome derivi da un’antica denominazione di origine retica, che con Trent (o Trient, attuale nome dialettale della città) si indicava un attraversamento del fiume reso più facile per via delle acque che qui scorrono più lentamente. Da questo aspetto deriva forse la scelta di collocare i primi insediamenti in questa vallata.
L’autonomia
Trento è sempre stata una città ricca. Sin dal XIII secolo iniziarono le estrazioni dell’argento, specie sul monte Calisio, che ne era ricolmo. Si dice che le estrazioni iniziarono già in epoca romana, ma la notizia non è supportata da fonti certe. La prima fonte certa risale al 1174 circa, quando compare la dicitura mons argentariorum riferita al monte Calisio in un documento monastico.
cima del monte Calisio vista da Martignano
Inoltre, lungo tutto il Medioevo, Trento è stata un crocevia importante dei commerci che, da Venezia o dalla Lombardia o dall’Austria e dalla Germania, navigavano in lungo e in largo attraverso l’Adige, favorendo quindi gli scambi e, di conseguenza, la ricchezza.
La particolare collocazione geografica ha consentito a Trento di essere naturalmente difesa a Ovest dal massiccio del Bondone, a Est da quello della Marzola, dal Celva (ed il passo del Cimirlo) e dal Calisio, a Sud-Est dalla Vigolana, per non parlare del Soprasasso e della Paganella a Nord Ovest, che rendevano la città particolarmente controllabile.
Vista su Trento dal Soprasasso
Vista su Trento dalla Marzola
Ciò ha consentito a Trento di godere di ampia autonomia, sin dal Medioevo e fino all’avvento del fascismo. Da quel momento ha dovuto attendere la fine del secondo conflitto mondiale e gli accordi De Gasperi – Gruber per ritrovare ampie ma mutate forme di autonomia.
L’accordo De Gasperi – Gruber. Fonte
Inoltre la secolare presenza della figura del principe-vescovo, che ha governato la città fino all’epoca napoleonica (e le resistenze alla secolarizzazione che portava con sé) e l’importante tappa storica del concilio di Trento (dal 1545 al 1563), che ha dato un duro colpo al movimento protestante, hanno influenzato la cultura cittadina, ancora oggi fortemente legata all’autonomia (anche se in declino dal punto di vista amministrativo) e alla morale cattolica.
Il tipo-ideale trentino di città
Questi sono due aspetti da tenere in conto per capire la cultura dominante del territorio.
Per capirci meglio, userò una categoria elaborata da Max Weber, quella del tipo-ideale, ossia una soggettività collettiva che ha dei tratti in comune.
Dice Weber:
Il tipo ideale rappresenta un quadro concettuale il quale non è la realtà storica, e neppure la realtà “vera e propria”, ma tuttavia serve né più né meno come schema in cui la realtà deve essere sussunta come esempio; esso ha il significato di un puro concetto-limite ideale, a cui la realtà deve essere misurata e comparata, al fine di illustrare determinati elementi significativi del suo contenuto empirico.
Il tipo ideale trentino di città, dunque, stando un po’ all’analisi storica e un po’ alle percezioni che ne ho tratto, è di un soggetto piuttosto chiuso verso gli estranei, come le montagne intorno alla città che ne offuscano l’orizzonte, selettivo e con alte aspettative nelle relazioni sociali, diffidente verso ciò che si discosta dal proprio modello di rapporti sociali; cordiale anche fino all’eccesso, ma solo nei rapporti di circostanza, in cui, scavando un po’ di più, mostra un certo distacco.
Prima di esporsi tende a studiare a fondo chi ha di fronte e ad informarsi con i mezzi che ha a disposizione (vedremo meglio come il Comune ha attuato questo principio). Molto legato al concetto di famiglia e alla propria cerchia familiare e relazionale. Di sovente ti parlerà in dialetto, anche quando gli rispondi in italiano.
A differenza di altri contesti, ho notato che qui, anche in ambito lavorativo, molta gente non si sforza di parlare in italiano, pure quando sa che non li capisci. Un comportamento che ho sempre considerato escludente.
Orgoglioso della sua città, il tipo ideale trentino spesso rifiuta persino le critiche basate su evidenze scientifiche (ci tornerò quando parlerò dei livelli di inquinamento e delle trasformazioni del territorio) e si basa molto sui luoghi comuni quando paragona la propria città alle altre, pur – magari – avendole visitate.
Ciò perché ha dei preconcetti particolarmente radicati, che oggi sono alimentati dalle statistiche (qualità della vita, ambiente sano, burocrazia efficiente, zero mafia, ecc.).
Con il passare del tempo e sempre che ti dimostri a tua volta cordiale e non troppo invadente, tende ad accettarti.
Non è razzista come certi luoghi comuni, diffusi in alcuni strati sociali del Sud, dipingono le popolazioni del Nord Italia, ma tuttavia si subodora un razzismo latente, che passa (quasi) subito se pure tu non lo alimenti con i luoghi comuni.
Come detto, parlo di tipo ideale, per come l’ho percepito e riscontrato nella mia esperienza, cioè di una sintesi estrema e di una generalizzazione piuttosto ampia. Ovviamente, nelle singole relazioni individuali, troverai questi tratti più o meno marcati. O non li troverai proprio. Il mio consiglio è sempre lo stesso: non ti fidare mai di quello che ti dico o ti dicono gli altri e riscontra con la tua esperienza.
Trovare casa a Trento, un’impresa ardua
Piazza Fiera
Chi decide di trasferirsi incontrerà il primo, grande, ostacolo, ossia quello di trovare una casa a Trento.
Un problema che ha molti risvolti, anche in materia di accesso al lavoro. Perché il lavoro c’è, ma tanta gente preferisce non trasferirsi qui, per via della scarsità di case e dell’alto costo degli affitti. Come capita, per esempio, nella vicina Belluno.
Problema, dunque, comune ad altre città, ma che qui si acuisce per via del fatto che confluiscono due grossi fenomeni che rendono più complicato trovare casa a prezzi accettabili: la presenza dell’Università e un turismo di massa attivo quasi tutto l’anno.
Trento non ha un numero elevato di studenti universitari. Sono circa 16.000. Se paragonati ai 42.000 di Pisa o ai 14.000 della piccola Urbino (nemmeno 14.000 abitanti), la proporzione è bella e fatta.
Turismo, gentrificazione e polarizzazione del mercato degli immobili
Tuttavia Trento soffre del fenomeno delle case sfitte (radicato in Italia) e presenta un movimento turistico in forte crescita, sia d’estate che, ovviamente, d’inverno.
Questo ha generato (finalmente!) un interessante dibattito sulla gentrificazione dei luoghi e sulla necessità di regolare il fenomeno delle case vacanza.
Un dibattito che ha preso piede nella vicina Riva del Garda, ma che riguarda tutto il territorio. E, a giudicare dagli esiti del dibattito, sta arrivando a soluzioni condivisibili, almeno in Alto Garda, come quella di adottare il principio di differenziazione e adeguatezza, tra l’altro consacrati nel testo costituzionale. Perché ogni territorio ha peculiarità per cui occorrono norme diversificate.
Quello della gentrificazione è un processo che coinvolge molte città invase dal turismo e alimenta la speculazione e la polarizzazione del mercato degli immobili in mano a pochi operatori economici, fenomeno tipico del neoliberismo che dapprima apre, osserva e poi arrocca il mercato tra chi ha i capitali, specie per attività a forte potenziale speculativo e finanziario.
In questo quadro di rapporti sociali i piccoli operatori soccombono, la libera concorrenza viene meno ed i pubblici poteri sono incapaci di regolare dinamiche più grandi di loro, oppure – come accade più spesso – sono conniventi, proprio perché l’attuale classe politica è pienamente una sovrastruttura del potere economico, specie da quando è stato abolito il finanziamento pubblico ai partiti, che ha fatto fuori quelli critici nei confronti del sistema economico dominante e che impedisce ai piccoli partiti, che si rifiutano di essere controllati dagli sponsor privati, di nascere e crescere.
Ecco perché diffido dalle ricette politiche, predisposte dal potere politico-amministrativo che ci governa (dalle città, fino al governo centrale), che si (anzi, ci) illudono di curare il sintomo senza analizzare e criticare le cause.
Comunque, non è questo il momento di parlare di massimi sistemi. Però l’inciso ci vuole, perché va tenuto bene in mente il momento storico in cui viviamo, per capire il motivo per cui non si trova casa e, se si trova, costa assai.
La lunga ricerca della casa a Trento
La mia prima ricerca di una casa a Trento è iniziata a luglio 2023 e, in quel periodo, si riusciva a trovare qualche appartamento sui siti di annunci, non troppo distante dal centro, a 450-600 € al mese.
Tuttavia, informandomi meglio, scoprivo che a queste somme andavano aggiunte le spese condominiali, che possono variare di molto. Alcuni ti chiederanno 20-30 euro al mese. Altri arrivano anche a 100-150 euro al mese.
Sommando a ciò la stima del costo delle utenze arrivavo a calcolare, potenzialmente, 800 euro al mese. Troppo.
Ma non mi aspettavo che avrei trovato di peggio.
La ricerca della casa a Trento a settembre-novembre
Tuttavia già a settembre è stato molto più difficile trovare un alloggio, perché – di ritorno dalle ferie agostane – tutti si svegliano e si accaparrano quello che offre il mercato. Il ché provoca un ulteriore aumento dei canoni d’affitto.
A ottobre-novembre diventa già impossibile trovare una casa ad un prezzo onesto. Il periodo ottobre-dicembre del 2023 è stato un trimestre nero per chi cercava casa e anche le agenzie immobiliari erano stupite del fatto che il mercato fosse privo di disponibilità.
Tuttavia anche la primavera-estate 2024 è stata caratterizzata da scarsità di case.
Avendo la necessità di trasferirmi dall’alloggio di fortuna che avevo trovato, sin da subito ho iniziato a cercare casa e, per tutto il 2024, era impossibile trovarne una al di sotto delle 700 euro mensili (che, ribadisco, con le spese si arriva a sfiorare le 1000 euro).
Sebbene per consuetudine l’estate sia il periodo migliore per cercar casa (tra maggio e luglio ci sono molte lauree e di conseguenza si liberano diversi alloggi), il 2024 è stato nero anche sotto quest’aspetto. Non si trovavano alloggi a meno di 700 euro, segno che il costo degli affitti è in sostanziale aumento.
Che tipo di alloggi cercavo
Premetto che ero alla ricerca di monolocali o, al massimo, bilocali, non eccessivamente grandi. Non mi importava la distanza dal centro o dal posto di lavoro, perché mi muovo sempre in bici (in auto è difficile, vedremo) quindi guardavo ovunque, in un range di 7-8 km dal centro e dal posto di lavoro.
Il budget massimo era di 500/600 euro mensili più le spese. E avevo calcolato che, già così, mi sarei giocato metà dello stipendio.
Secondo alcune stime il costo degli affitti a Trento si mangia metà dello stipendio. Ma siccome spesso queste analisi sono interclassiste, per molta gente è molto più della metà dello stipendio.
Un operaio a tempo indeterminato e pieno (40 ore a settimana) o un amministrativo di categoria base, a tempo indeterminato e pieno (36 ore a settimana) prendono dalle 1300 alle 1500 euro al mese. Un addetto alle pulizie, assunto in una cooperativa a tempo determinato e a 20 ore alla settimana arriva a 700/900 euro al mese. Un addetto ai servizi, sempre nelle cooperative, a tempo quasi pieno, arriva a 1100 euro al mese.
In pratica lasciano quasi tutto lo stipendio tra affitto e utenze. E se calcoli 200 euro al mese, a persona, di spesa al supermercato, capisci che alla fine del mese non ci arrivano proprio.
Il riscaldamento pesa
Bisogna poi considerare il costo (variabile) del riscaldamento.
L’unico aspetto positivo del 2023/24 è che i cambiamenti climatici non hanno prodotto un inverno particolarmente rigido, quindi non ho consumato molto in riscaldamento. Ma occorre tenere in conto del fatto che comunque Trento è una città di montagna, dove il fresco inizia già a settembre e il freddo può durare fino a giugno. Poi tutto dipende dalle annate e, ovviamente, dalla propria fibra fisica.
Per esempio, quest’inverno, durante le settimane più fredde, che sono arrivate a -3 di minima (altri anni si arrivava anche a -15, dunque quest’anno è stato caldo!), tenevo il riscaldamento a 20 gradi e stavo bene in casa, con indosso un maglioncino. I miei vicini, più freddolosi, tenevano il riscaldamento a 24 gradi e dicevano di soffrire il freddo. Dunque è tutto molto soggettivo.
Cosa offre il mercato
Insomma, cercavo monolocali o bilocali ad un massimo di 600 euro. Cosa ho trovato sul mercato?
monolocali
In media stiamo sui 450-600 € al mese. Il costo delle spese condominiali, come dicevo, è molto molto variabile. Ma di solito sono i primi ad andar via. Spesso trovavo l’inserzione sui principali siti di annunci (Subito, Idealista, Immobiliare, ecc.) e, giusto il tempo di fare la chiamata, erano già stati affittati. A volte mi capitava di aprire la mail (della ricerca salvata), cliccare sul link dell’annuncio e trovarlo già rimosso! Occorre essere un lampo per accaparrarsi l’immobile.
bilocali
Li trovi generalmente a 600-800 € al mese. Più o meno, per un bilocale, siamo su questo range. Ho chiaramente escluso i bilocali con un costo mensile superiore al budget che mi ero assegnato e, di fatto, non ho trovato granché. A 800 euro c’era qualcosa di disponibile, poi però spesso trovavo alti costi di condominio ed ho desistito dal contattare le agenzie o i proprietari.
Le stanze condivise
Da buon lavoratore di mezza età non ho considerato le stanze in appartamenti condivisi. Non ho più l’età né la pazienza per condividere una casa con persone che non conosco. Eppoi sono un orso scorbutico. Ma nella ricerca disperata di un appartamento, ad un certo punto, ho anche considerato – come ultima spiaggia – questa.
Qui i prezzi variano di molto, ma diciamo che, a grandi linee, si va da un range di 220-350 euro per una doppia e da un range di 300 a salire per una singola.
Diciamo che, in media, una singola si trova a 400 euro al mese, anche in centro, con punte fino a 600 euro.
Il problema del contratto per studenti
Altro grande ostacolo per i lavoratori, nella ricerca di un alloggio (anche in appartamenti condivisi) è che molti proprietari optano per il contratto transitorio per studenti universitari. Il ché consente loro di accedere a diverse agevolazioni fiscali.
Se non sei studente, questo genere di alloggi è precluso. Non sempre viene specificato ciò nell’annuncio, quindi è sempre bene chiederlo. Se invece sei studente, chi applica questo tipo di contratto solitamente propone stanze a prezzi inferiori rispetto alla media. Conosco studenti, infatti, che abitano in pieno pieno centro e pagano 300 euro per una singola. Son pochi, ma ci sono.
Ti propongono di tutto…
Nella ricerca disperata di un alloggio ho trovato di tutto. Persino un monolocale ricavato da una stanza di un appartamento più grande, magari anche autonomo, ma dove ti trovi il salotto/cucina, un bagnetto e nessuna stanza da letto. Come letto ti propongono un divano (manco divano letto, divano divano!). Questo genere di soluzioni non è così infrequente. Addirittura mi hanno proposto anche un appartamento intero a 450 euro al mese, dove, però, avrei dovuto dormire sul divano perché il proprietario, che vive altrove, si è tenuto da parte la stanza da letto, perché “ogni tanto, senza preavviso, potrei tornare a dormire qui oppure mi potrebbe venir voglia di prendere il sole in terrazzo”.
Alla domanda se avrebbe pure lasciato la sua roba da mangiare in cucina, mi ha risposto con uno sguardo che stava a dire “certo, che domande fai?”.
Immaginate un po’. Torni dal lavoro, vai a farti una doccia, esci mezzo nudo e ti trovi il padrone di casa che ti entra senza preavviso e, in costume da bagno, si mette a cucinare, prima di farsi la tintarella. Capisco il costo competitivo dell’appartamento, ma c’è un limite a tutto.
Poi c’è il capitolo residence
Una novità che inizia a prendere piede da qualche anno. In pratica è come se fosse uno studentato, aperto però anche a lavoratori, dove hai la stanza singola, con bagno privato, ma la cucina è in comune.
Di solito ti offrono anche altri luoghi comuni come la sala tv, sala letture, giardino, ecc. In genere questi alloggi vengono affittati tra le 500 e le 600 euro, con formula flat (utenze incluse).
Dunque, essendo molto appetibili, non è facile trovarne uno disponibile. Ne ricordo uno che, ancora prima di essere inaugurato, era già pieno e con prenotazioni per i prossimi due anni.
Cosa ho trovato alla fine
Alla fine mi son dovuto accontentare di una soluzione transitoria in un bilocale in zona abbastanza centrale, ad un prezzo piuttosto alto che, considerando le spese condominiali e le utenze, sfiorava le 1000 euro al mese.
Da allora non ho mai smesso di cercare e ho trovato, poi, una soluzione leggermente più economica, a distanza di qualche mese. Ma sempre superiore al budget che mi ero prefissato.
Come cercare casa a Trento
Come dicevo, una buona base di partenza sono stati i principali siti di annunci o generalisti (come Subito) o specializzati (come Idealista e Immobiliare).
Un modo più efficace è sempre quello di rivolgersi alle agenzie immobiliari della città. Ce ne sono tante e puoi scrivermi in privato per avere il numero delle agenzie più serie.
Occhio a quelli che ti propongono di darti una lista di proprietari di immobili in affitto dietro il pagamento di una somma di denaro (piuttosto consistente). Sono soldi persi. Spesso questi annunci sono presi da internet (quindi li trovi anche tu, con una banale ricerca) e spesso sono inventati. Se trovi annunci simili, senza foto dell’interno della casa, diffida. Se decidi di usufruire di questo servizio, quando inizierai a chiamare i vari numeri dei vari inserzionisti, aspettati pure di trovare il telefono spento (o non raggiungibile o inesistente) in numerosi casi.
Zone di Trento dove concentrare le ricerche
Paradossalmente è più facile trovare un alloggio in centro storico che nella periferia della città. Come dicevo, le zone periferiche, specie a mezza collina, sono le preferite dei trentini storici, che hanno abbandonato il centro – gentrificato e orientato a studenti e turisti – per la tranquillità della campagna.
Ed in effetti ci sono zone, appena sopra Trento, dove regna la tranquillità più assoluta. Tipo nella zona delle Laste.
Ma è inutile cercare casa qui. Come è inutile cercare a Martignano, Ravina, Civezzano, Cognola, Oltrecastello o Mattarello.
Mattarello al tramonto, visto dalla salita ai forti
Anche Povo, Mesiano e Gabbiolo sono da escludere, perché Povo è sede di un rilevante polo della facoltà di ingegneria e di un centro di ricerca della Fondazione Bruno Kessler, quindi i prezzi sono alti e le disponibilità basse (o quasi nulle).
In città il quartiere più in è quello di Bolghera, immerso nel verde, ricco di graziose ville e villette a schiera, nelle cui vicinanze scorre il Fersina e a due passi dal centro storico della città.
Mentre il quartiere più costoso in assoluto è quello delle Albere.
Progettato da Renzo Piano, in un luogo dove in passato sorgeva un mega stabilimento per la produzione di pneumatici Michelin, è stato completamente riqualificato ed ora è il quartiere dove sorgono il MUSE, la BUC e un mega parco (ne parlerò nella terza parte di questo racconto). Nelle intenzioni del progettista doveva essere un quartiere ecosostenibile, dallo stile moderno. In realtà è uscito un po’ finto e bruttarello. Ma le case costano assai, come anche il parcheggio.
Andar a vivere nelle valli?
Particolare della Vallarsa
Ammetto che, nella disperazione, ho anche valutato, per un periodo, le case nelle valli (Sugana, Non, Cembra, ecc.). Ma ostano due grossi problemi. Il primo è che si trova poco anche qui. Il secondo è la distanza dalla città, notevole in molti casi.
Nelle valli, specie quelle più remote, il problema degli affitti si pone poco, perché buona parte degli abitanti delle valli sono agricoltori. Ricchi agricoltori. E preferiscono piuttosto vendere che affittare (e vendere a prezzi alti).
C’è stato un tentativo, da parte dell’Agenzia per la coesione sociale di Trento, di portare avanti un progetto di ospitalità gratuita con l’obiettivo di ripopolare determinate valli, a rischio spopolamento, ma si è scontrata con uno scarso riscontro dovuto all’estrema lontananza dalla città.
La Vallarsa, per esempio, è una zona molto bella e quieta, tra il Pasubio e Rovereto. Però è impossibile pensare di percorrere quelle strade, quotidianamente, per andare e tornare dal lavoro, in città.
Ho conosciuto persone, delle valli, che mi dicevano che metà del loro tempo libero quotidiano lo trascorrevano o in macchina o nei mezzi pubblici, per il tragitto casa-lavoro.
Quindi belle le valli, ma giusto per trascorrerci qualche giorno di vacanza. Nulla di più.
Pergine e Rovereto
Ovviamente ho anche considerato Pergine e Rovereto.
Pergine è una vivace cittadina a due passi da Trento e due dai laghi di Caldonazzo e Levico. Considerata dai più il dormitorio di Trento, è in realtà un paesotto che non ha nulla da invidiare alla città. Nemmeno i prezzi degli affitti, però.
Chiesa della Natività di Maria a Pergine
Il castello di Pergine
Il municipio di Pergine
Rovereto è una bella e tranquilla cittadina ad un quarto d’ora di treno da Trento e le corse ci sono sempre (in bus però ci impieghi un’ora). Ma anche qui i prezzi sono piuttosto alti, cosa che mi ha stupito, visto che Rovereto, rispetto al passato, è una città in declino (basti pensare alla morìa dei negozi in centro storico) stando al dibattito in corso in questi ultimi anni.
Piazza Rosmini a Rovereto
Altre cause che limitano gli alloggi a Trento e ne aumenteranno i prezzi
Altro aspetto critico nella questione casa a Trento è la scellerata idea di costruire l’alta velocità e la scelta politica di rallentare l’edilizia popolare.
Il Bypass
Il bypass è un faraonico progetto per far passare l’alta velocità da Trento. Si chiama così perché bypasserà la ferrovia esistente, che passa dal centro della città.
Prevede dunque la costruzione di una linea ferroviaria sotterranea e, oltre al danno ambientale (ne parlo nel prossimo racconto), è stata prevista la demolizione di numerosi alloggi, a Trento nord, che interferivano con il tracciato dell’alta velocità, mandando per strada centinaia di persone.
Chiaramente l’indennità di esproprio (ed il contributo previsto dalla Provincia) ottenuta dai proprietari è di gran lunga inferiore alle cifre che occorrono per comprare un altro immobile in città.
Stando a quanto riporta il centro studi di Idealista, il prezzo medio degli immobili in vendita a Trento è di 2.359 € al mq.
Gli alloggi popolari
Poi va evidenziato che la Provincia non mostra la volontà politica di incentivare l’edilizia popolare, che è ferma, non si sa bene per quali ragioni. Ad oggi numerosi immobili di proprietà di ITEA sono vuoti, in attesa di ristrutturazione o adeguamenti.
Nel corso degli ultimi anni le assegnazioni degli alloggi si sono ridotte sempre più, tanto da arrivare, nel 2020, a 242 alloggi assegnati. Il dato più basso dal 2007.
In totale, secondo una recente indagine, ci sono 1.215 alloggi sfitti del patrimonio di ITEA. Di questi risulta che 1132 sono ancora da ristrutturare. Se nel 2017 gli alloggi vuoti erano 501, ma quelli ristrutturati e pronti ad essere assegnati erano 500 (quindi a saldo zero), oggi è al contrario. Meno assegnazioni, più immobili da ristrutturare. Segno che ciò dipende da scelte politiche anziché da difficoltà tecniche.
Alcuni palazzi del patrimonio immobiliare ITEA a Villazzano
…e la priorità agli studentati
Infine c’è da dire che Trento ha aderito, come altre città universitarie, alla linea politica del governo che mira all’aumento di almeno 60mila posti letto per gli studenti. Questo comporterà la costruzione di nuovi studentati, con conseguente sottrazione di suolo. Ma anche un numero elevato di accordi tra Enti per il diritto allo studio e proprietari per usare i propri immobili come case dello studente.
La deadline per quest’ambizioso obiettivo è il 2026. Non si faticherà ad immaginare che i proprietari degli immobili (ricordiamo: spesso sono grosse holding) offriranno gli immobili a prezzi più alti. Gli enti per il diritto allo studio dovranno accettarne le condizioni pur di giungere all’obiettivo.
Anche i privati a Trento stanno investendo molto in questo senso, acquisendo grossi immobili, in centro e in semicentro, per ristrutturarli e immetterli sul mercato come studentati.
E’ ovvio che tutto ciò riduce sensibilmente il numero di immobili sul mercato generalista e provocherà ulteriori impennate dei prezzi degli affitti, a causa dell’ovvio principio della scarsità e della domanda/offerta.
Quindi gli aspiranti nuovi trentini devono lottare, nella ricerca di un alloggio a prezzi ragionevoli, con gli studenti, i turisti, le case sfitte e con un numero elevato di persone che, o hanno perso casa o sono in attesa (infinita) di accedere ad un alloggio di edilizia popolare.
Una guerra persa in partenza, almeno stando agli scenari futuri che si prospettano sulla città.
Dunque non è facile trovar casa a Trento
Il portico di via del Suffragio
Nell’aprile del 2024 c’è stata una manifestazione per il diritto alla casa a Trento, sostenuta dalle realtà più radicali del territorio, in cui sono emerse tutte le criticità dell’abitare a Trento. E’ stata anche elaborata una strategia per ridurre il disagio abitativo, che prevede una serie di pesanti interventi da parte dei pubblici poteri (la trovi qui), ma ovviamente non c’è stato alcun riscontro da parte delle istituzioni.
Dunque se cerchi casa a Trento sono queste, più o meno, le condizioni. O quantomeno è ciò che ho riscontrato io sulla mia pelle e che ho potuto confrontare con lo studio delle fonti che ho citato in quest’articolo.
L’iniquità del contributo integrativo al canone di locazione
Infine c’è da dire che il Comune aiuta le famiglie erogando un contributo integrativo al canone di locazione. Ma lo fa alla trentina, ossia solo nei confronti dei residenti, ma da più di 3 anni. E, ovviamente, occorre stare in un certo range di reddito.
Vedremo più avanti perché dico alla trentina. Non sarà la prima volta che un non residente non può accedere a determinati servizi.
Poi questa è una politica iniqua, perché se hai un reddito basso, non hai diritto al contributo, ma all’alloggio ITEA. Ma, abbiamo visto, è difficile accedervi. Quindi, paradossalmente, un povero deve pagare l’affitto per intero (ai prezzi che sappiamo), mentre chi ha un reddito più alto accede ai benefici.
Nei prossimi racconti vedremo altri pro e contro di vivere a Trento, parlando di mobilità, cose da fare e da vedere, vita serale, socialità e tantebellecose. Ma anche di acqua pubblica, qualità dell’aria e cose che ci faranno ricredere su alcuni luoghi comuni del Trentino. O forse no.