Quello della sorgente seccata di Porto Badisco è un percorso scoperto quasi per caso, mentre cercavo di trovare la grotta dedicata a Severino Albertini, uno degli scopritori della Grotta dei Cervi di Porto Badisco. E’ un trekking particolarmente avvincente ma complesso, perché si passa all’interno di un fiumiciattolo ormai secco, quindi sopra detriti, sassi, arbusti e rovi. Ma ti permette di vedere le cose da un’altra prospettiva, cioè “dal basso”.

2,20 h A/R
9 km
T+E
30.12.2022

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Qualche consiglio di base? Leggi l’articolo!

La mappa del percorso

Partiamo!

Esattamente come il trekking proposto nell’ultimo post, si parte dal bar di Porto Badisco, l’ideale per un caffè o una colazione pre camminata.

Anche in questo caso si segue il sentiero che passa dalla spiaggia e si lascia la grotta dei cervi sulla sinistra, in direzione torre S. Emiliano, senza prima volgere lo sguardo verso il mare.

la vista sul mare di Porto Badisco

Si entra nel boschetto e si segue la direzione verso Torre Sant’Emiliano.

Come sappiamo, ci sono molti sentieri in questa zona e sono battuti anche d’inverno.

Infatti quando l’ho fatto era ormai fine dicembre e ho trovato un bel po’ di turisti stranieri, alcuni dei quali si divertivano ad arrampicarsi sulla parete verticale che porta alla torre.

La parete rocciosa che porta a Torre Sant'Emiliano

Volendo si può fare il giro delle grotte

Per mancanza di tempo non ho fatto il “giro delle grotte”, ossia un breve giro, molto semplice, che conduce a diverse grotte in zona.

Ho preferito seguire un percorso alternativo, alla ricerca di una grotta in particolare: quella dedicata a Severino Albertini.

Chi è Severino Albertini

Foto presa da qui.

Era inverno. Era, esattamente, il 1 febbraio del 1970 quando cinque speleologi del Gruppo “P. De Lorenzis” di Maglie, ossia Severino Albertini, Daniele Rizzo, Isidoro Mattioli, Enzo Evangelisti e Remo Mazzotta, raggiunsero Porto Badisco, richiamati dalle voci che, in quella zona, vi fosse qualcosa di unico da scoprire, anche se, ancora, non sapevano esattamente cosa.

Accadde tutto per caso. Severino si allontanò dal gruppo per espletare dei bisogni fisiologici, quando notò dell’aria venire dal terreno e intuì subito che lì sotto ci fosse una grotta o, comunque, un’area carsica, di cui il Salento è ricco, in particolare l’otrantino.

Ai cinque bastò scavare un po’ e trovarono il primo anfratto in cui si calarono e, subito, entrarono in contatto con una grotta unica nel suo genere: più di 3000 pittogrammi, ancora in ottimo stato di conservazione, raffiguravano scene di vario tipo, dalla caccia ai cervi (da qui prese il nome la grotta, nonché l’area circostante) a impronte di mani di bambini, a simboli ancora oggi avvolti nel mistero. Da quell’anfratto e da altri, rinvenuti successivamente, la Soprintendenza, in accordo con il Comune di Otranto, decise di costruirci dei casotti che oggi segnano gli accessi alla grotta.

Insomma, i cinque scoprirono quello che poi la scienza definì uno dei più importanti insediamenti neolitici dell’umanità.

Alla ricerca della grotta

Affidandomi un po’ all’intuito e un po’ a google maps, ho cercato di individuare l’accesso più agevole per entrare nella sorgente seccata di Porto Badisco, trovandolo in una zona nei pressi della strada vicinale Panareo, dove l’ex sorgente era quasi a livello del terreno. Qui, dunque, l’accesso per la sorgente seccata è più fattibile.

uno degli accessi alla sorgente seccata di Porto Badisco

Scendere non è stato difficile.

Il difficile è stato piuttosto percorrere l’ex sorgente seccata di Porto Badisco, visto che in alcuni punti il percorso è ostico, pieno di rovi e di macchia.

Ma anche ricco di detriti, di sassi affioranti e di grossi massi che ti fanno fare zig zag lungo il percorso.

il percorso della sorgente seccata di Porto Badisco

particolare della sorgente seccata di Porto Badisco

A metà circa del percorso si trova, sulla sinistra, la grotta dedicata a Severino Albertini.

Si tratta di una modesta grotta, tuttavia significativa dal punto di vista simbolico, per ciò che rappresenta nella memoria storica del territorio.

Proseguendo ho incontrato un po’ di punti ostici, ma superabili. Come di consueto, consiglio sempre, anche per percorsi apparentemente semplici, di indossare un buon paio di scarpe da trekking e di portarsi dietro generosi quantitativi d’acqua che, sebbene appesantiscano lo zaino, non sono mai inutili, anche d’inverno.

Alla fine del percorso incontriamo la diga 1935

Qui il gioco si fa duro.

Difatti è stato difficile salire, perché qui si concentrano tutti i detriti nonché una folta vegetazione, specie di rovi. Ho trovato, per intuito, un accesso meno disagevole per salire, aggrappandomi a rami in apparenza robusti, ma consiglio di trovare una salita sulla destra prima di arrivare alla diga, perché se non ce la fai a salire in prossimità della diga, poi ti tocca tornare indietro e trovare una salita meno disagevole.

L’ultimo tratto si fa molto agevolmente sulla provinciale, per poche decine di metri, per poi tornare al punto di partenza.

Impressioni

sorgente seccata di Porto Badisco

Si tratta di un percorso per il 70% agevole e privo di difficoltà, ma per il 30% abbastanza impegnativo, perché percorrere la sorgente seccata non è impresa facile, anche se regala parecche emozioni. Si guarda il mondo “dal basso” e dal di dentro e non è comune percorrere un fiume seccato dove, in alcuni punti, guardando a destra e a sinistra, si vedono alte pareti rocciose ricche di vegetazione spontanea. E null’altro.

Il silenzio regna sovrano, senti solo il tuo respiro ed i suoni della natura. Non immagineresti mai che, a pochi passi, ci siano strade, case, persone, mare.

Incrociare, poi, una piccola grotta, dedicata ad uno degli scopritori della Grotta dei Cervi, ti regala un’emozione atavica. La risalita non è agevole e occorre un po’ di “arte di arrangiarsi”.

Non si tratta di un sentiero segnato né privo di ostacoli. Ma proprio per questo è affascinante.

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