Un trekking meraviglioso, sulla costa otrantina, tra il turistico e l’escursionistico, partendo dalla baia di Porto Badisco, per poi fare tappa al faro di Punta Palascia (notoriamente conosciuto come il punto più a est d’Italia) e concludere, dopo un appassionante ma delicato sentiero sugli scogli, alla cava di Bauxite, esempio di rinaturalizzazione di opere prodotte dalla mano umana.

5 h A/R
23 km
T+E
03.01.2023

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Qualche consiglio di base? Leggi l’articolo!

La mappa del percorso

L’inizio del percorso

Il percorso inizia nelle vicinanze del bar di Porto Badisco, dove è possibile fare sosta caffè all’ombra del maestoso gelso nero (e, se il periodo è giusto, anche gustare qualche delizioso gelso). Si passa dalla proloco per poi arrivare a via approdo di Enea.

trekking porto badisco palascia cava bauxite

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Si passa per via approdo di Enea e si arriva alla spiaggetta che, va ricordato, è stata divelta dal nubifragio del 2021, ma che ancora resiste in tutto il suo fascino (i lavori di messa in sicurezza sono partiti nel luglio del 2024).

spiaggia di Porto Badisco

Poi si supera la spiaggetta e si arriva davanti al campeggio “grotta dei Cervi”, perché sorge, appunto, nelle immediate vicinanze della grotta. L’area della grotta è recintata, ma in un tratto il recinto è aperto, quindi si può fare una piccola deviazione per visitare più da vicino uno degli ingressi della grotta.

Quando sei accanto alle tre pagliare, sei esattamente sopra la Grotta dei Cervi.

Perché è importante la Grotta dei Cervi?

Perché è la più importante grotta neolitica al mondo, per via dell’elevato numero di pittogrammi presenti, ancora in buono stato di conservazione. Per questo è chiusa al pubblico e persino agli studiosi (anche se riecheggia ancora la polemica per aver concesso ad Alberto Angela di farci una puntata, con tanto di fari alogeni piazzati sui delicatissimi disegni), perché le condizioni climatiche stabili (18 gradi, umidità 96/97%) ne hanno permesso la conservazione in 5000 anni.

3000 sono, più o meno i disegni, fatti con la cacca solidificata dei pipistrelli (guano) tra cui tante manine di bambini, cicli pittorici che raffigurano una caccia ai cervi (da qui il nome), tamburelli a gogò, figure geometriche, altre che non si capisce cosa siano e, infine, la mitologica figura dello sciamano, oggetto di numerose teorie (c’è chi dice sia uno sciamano, chi una sciamana, chi una scimmia, chi, persino, una cartina geografica della zona).

Un’interpretazione goliardica

A occhio direi che, vista la bellezza della zona, le antiche popolazioni hanno usato queste grotte per stare insieme, bere, mangiare, suonare, ballare, viverci anche, e dipingere scene o segni che ricordassero quei momenti, per soddisfare uno dei bisogni dell’essere umano: lasciare una traccia del proprio passaggio. E siccome i mezzi, allora, erano quelli, si faceva di necessità virtù.

Insomma, la grotta è chiusa, ma è davvero figo sapere che, sotto ai tuoi piedi, 5000 anni fa e per almeno un paio di mila anni, gente ci abitava, ci gozzovigliava e forse la usava anche a scopi religiosi.

uno degli ingressi della grotta dei Cervi

Come si vede in foto, è possibile solo arrivare all’ingresso della grotta. Quello in foto è uno degli ingressi, l’altro è custodito in una o due delle tre pagliare che sono state realizzate dopo la scoperta della grotta. Quindi, anche se non possiamo visitarla, simbolicamente ci passeggiamo sopra in modo da respirare l’aria di più di 5000 anni di storia.

Si prosegue verso torre S. Emiliano

Lasciata la grotta alle spalle, prendiamo il sentiero che porta verso torre S. Emiliano.

Qui la traccia gpx è un po’ imprecisa, perché, per trovare una scorciatoia, ho camminato più di quanto avrei dovuto se avessi seguito il sentiero “ufficiale”.

Arrivati nelle vicinanze della torre, ci sono almeno tre sentieri, uno che la costeggia dabbasso, altri due che ci arrivano fino alle pendici e poi si scende.

Optando per quest’ultima soluzione, il dislivello aumenta (di poco), ma il panorama compensa la fatica.

Scendendo ci si imbatte, poco dopo, nella grotta del pastore, detta anche grotta della macchia, cui si può fare una sosta per ammirare torre S. Emiliano e un’isoletta che è, in realtà, un ammasso di scogli.

grotta del pastore, Otranto

E’ chiamata “del pastore” perché qui c’erano (e ci sono ancora) enormi distese di campi dedicati al pascolo e, quando pioveva, i pastori trovavano qui un riparo per sé e per le greggi. Pare quasi scolpita e richiama vagamente le grotte cipolliane.

Superata la grotta, direzione Punta Palascia, c’è da fare una bella salitella, ma nulla di impegnativo. Si prosegue poi sempre in piano, seguendo il sentiero, lungo campi incolti e privi di vegetazione. Durante il periodo estivo questo tratto è particolarmente ostico per via del caldo che si sente tutto. D’inverno è molto più sopportabile.

Il sentiero termina a metà della “passeggiata” della Palascia, da cui si scende agevolmente al faro.

La “passeggiata” di Punta Palascia, da cui si scende verso il faro.

Il faro di Punta Palascia è gestito dalla marina militare. Poco più su si vede la base. Quindi non è possibile entrarci, ma c’è chi giura di esserci entrato clandestinamente, passando attraverso dei ponteggi, durante una fase di cantiere, in una fredda notte di capodanno e di essere salito fin sopra alla lanterna. Ma è una storia che rasenta la leggenda…

In alcuni periodi dell’anno (particolarmente d’estate) è possibile visitare il Museo di Ecologia degli Ecosistemi Mediterranei. Maggiori info qui.

Qui inizia il bello!

Terminata la visita al faro, il percorso si fa molto più avventuroso, perché, anziché il sentiero che segue parallela la provinciale e poi s’immette nella provinciale e ti fa fare un po’ di strada d’asfalto (che tendo ad evitare, quando possibile), si può prendere il “sentiero Palascia” che inizia sulla scogliera, lasciandoti il faro sulla destra, guardando verso il mare.

sentiero Palascia

Il sentiero Palascia direzione nord

Il sentiero Palascia con il faro alle spalleIl sentiero Palascia con il faro alle spalle

Ho notato che è molto frequentato, nonostante non sia segnato su numerose app e mappe, specie da turisti stranieri, molto più abituati di noi a percorrere sentieri sconnessi e a tratti pericolosi.

Ora, non sono uno sprovveduto, un po’ di km li ho macinati. In media faccio 1500 km a piedi all’anno, di cui buona parte in montagna. Però posso dire che questo sentiero, che termina poco prima della spiaggetta dell’Orte, in alcuni punti ti fa cacare sotto. Perché il sentiero è sconnesso, ricco di rocce affioranti, in alcuni punti a picco sul mare, quindi se soffri di vertigini te lo sconsiglio. In più occorrono ottime scarpe da trekking (per consigli generali sui trekking, clicca qui), perché spesso metti tutta la pianta del piede tra due rocce e le scarpette di tela ti faranno bestemmiare il calendario, oltre a farti contundere pianta e collo del piede.

Inoltre fai bene i calcoli se devi rispettare un certo tempo di percorrenza, perché, se in media fai 4 km orari o 3 su sentieri più tosti, su questo tratto si scende a 2, 2,5 stando larghi, e calcola che da Palascia all’orte la distanza è di poco più di 3 km.

Una deviazione alle cavernette?

Volendo, se hai tempo e gambe, puoi fare un salto alle cavernette, delle grotte che si trovano poco dopo aver lasciato la Palascia. Te ne accorgi perché vedrai, sulla scogliera, degli antri ben visibili. Si può salire da un sentiero visibile ma non segnalato.

Il sentiero Palascia - particolare delle cavernette

Terminato il sentiero, troverete un’area molto ampia, usata come parcheggio d’estate. Da lì basta andare sempre diritto per arrivare alla cava di bauxite. Si nota subito, sia perché è segnalata, sia per la numerosa presenza di visitatori in ogni periodo dell’anno.

Purtroppo a causa del già citato nubifragio del 2021, l’area ha subito un po’ di danni e, infatti, è stata delimitata con cartelli che impongono il divieto d’accesso. La ragione è semplice: il fango composto da bauxite crea una superficie molto scivolosa e non è difficile scivolare e cadere dabbasso. Sicché occorre usare molta prudenza nel camminare in zona.

Cos’è la cava di bauxite?

cava di bauxite di Otranto

Intorno al 1940 a Otranto è stata scoperta la presenza di bauxite e qui si è sviluppata un’intensa azione estrattiva fino al 1976, dando lavoro a numerose famiglie in zona: la bauxite, infatti, è una roccia sedimentaria utilizzata per la produzione di alluminio.

Dismessa la cava, ha preso vita, nel tempo, un piccolo ecosistema lacustre, un incantevole laghetto dalle acque color verde smeraldo (formatosi, con ogni probabilità, a causa delle precipitazioni e delle infiltrazioni provenienti dalle vicine falde).

Il particolare colore dell’acqua contrasta con le circostanti pareti rocciose, d’un rosso che va dal brillante all’opaco, generando effetti paesaggistici unici.

Bando alle ciance, continuiamo a camminare!

Per proseguire il percorso è sufficiente tornare nel boschetto e ritrovare il sentiero. Poco dopo s’incontra la provinciale 87, la si attraversa e si prosegue lungo il sentiero. Cammina, cammina e ti ritrovi all’antico Monastero di San Nicola di Casole, dove son rimasti solo ruderi.

E’ appurato che, anticamente, fosse la biblioteca più ricca d’Europa. Nelle immediate vicinanze sorge un caseificio, che però ho trovato chiuso. Se senti abbaiare numerosissimi cani al tuo passaggio, sappi che nelle vicinanze ci sta il canile rifugio Orsa.

Quella specie di pallone aerostatico che ti farà compagnia a lungo, accanto a casermoni orribili e antenne altrettanto orribili e altissime, segna la presenza di una base aeronautica con tanto di radar.

Qui il percorso è lineare, anche se è possibile seguire diversi percorsi alternativi. Il problema con la traccia che ho creato sta nel fatto che, giunto nei pressi dell’agriturismo “Grotta dei Cervi”, ho perso la sigaretta elettronica, che mi è caduta di tasca. Sicché, arrivato ad un certo punto e accorgendomi di averla persa, son tornato indietro per cercarla, sospendendo il tracciamento. Quindi, sul finire, la traccia ha qualche sbavatura per questa ragione.

Alla fine, comunque, l’ho ritrovata! E ho fatto pure in tempo a tornare al lavoro!

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