GPL e metano arrivano alle stelle. Come regolarci?

Nel 2019 ricordo perfettamente che nel distributore GPL più economico della zona arrivavo a pagare 0,49 centesimi al litro di GPL. Il metano costava 0,99. Oggi il metano è arrivato a 2 euro al litro e il GPL a 0,79. Perché? Che è successo?

Dal 2019 ad oggi l’aumento del costo del GPL è stato progressivo e lento, per assestarsi intorno ai 0,59 €/l. Poi, d’un tratto, nelle scorse settimane, abbiamo assistito ad aumenti repentini e anomali: è passato a 0,67, poi a 0,73 e, nel giro di una settimana, a 0,79. Domani? Chissà. I prezzi – chiaramente – sono quelli che ho trovato alla pompa nella mia zona. Ogni zona ha prezzi differenti, ma gli aumenti anomali sono comuni in tutta Italia.

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I prezzi del gpl nei pressi di Roma al 17 ottobre 2021

Non parliamo, poi, del metano. E’ arrivato da 0,99 a 1,64 €/kg (per il metano i prezzi s’intendono a kilo), con punte di 2,2 €/kg.

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I prezzi del metano nei pressi di Roma al 17 ottobre 2021

Che è successo?

Premetto che a luglio avevo già parlato dei prezzi dell’energia elettrica, accennando alle cause. Che sono pressappoco le stesse che concernono i prezzi del GPL e del metano.

Dunque in riferimento alle speculazioni, in particolare sui prezzi della CO2, rimando alla lettura di quell’articolo.

Di nuovo c’è che, all’ingrosso, i prezzi del gas sono passati da minimi di 6 euro per megawattora nel maggio 2021 ad oltre 170 euro per megawattora a metà settembre 2021. Con un aumento folle del 2733%.

Chiaramente i prezzi dell’elettricità hanno seguito il gas, visto che l’elettricità, in Italia, si fa in larga parte con il gas naturale, sia per l’industria che per i consumi domestici. Anche se spesso leggiamo in bolletta che l’energia che proprio a noi vendono è prodotta in larga parte da fonti rinnovabili.

Ciò è dipeso, principalmente, da due motivi.

La transizione energetica costa

Come già accennato nell’articolo prima citato, l’aumento dei prezzi della CO2 è legato alle politiche europee di disincentivazione delle fonti fossili a vantaggio di quelle rinnovabili. Insomma, detta papale papale, gas e carbone oggi costano di più. Perché? Per incentivare il passaggio a fonti più sostenibili. Ma, restando ancorati ad un’ottica liberista nel passare dalle fonti fossili a quelle rinnovabili, è evidente che le forme speculative rendono il passaggio più oneroso per famiglie e imprese.

Dunque in una fase in cui i paesi occidentali annunciano di voler arrivare alla quota del 30% di consumi dell’energia elettrica da fonti rinnovabili entro il 2030, cioè tra meno di 9 anni, è chiaro che i mercati reagiscono speculandoci sopra. Specie se la quota è promessa, ma non attuata da chiari, precisi, partecipati e sostenibili piani energetici, ma determinata dal libero mercato. Che, giova ricordarlo, produce squilibri e impatti ambientali fortissimi.

Poi va pure detto che la spinta del mercato e dei governi occidentali verso la transizione all’auto elettrica produce – in questa fase – ulteriori squilibri. Perché, lo ricordo, Secondo le statistiche di Terna, la maggior parte delle centrali termoelettriche italiane sono alimentate a gas naturale (67,2% del totale termoelettrico nel 2017) e a carbone (15,6%).

Quindi, di fatto, le auto elettriche sono alimentate, oggi, principalmente dal gas.

Dunque aspettiamoci – per i prossimi anni, se non si mettono in discussione i rapporti di produzione attuali – consistenti aumenti, oltre che sempre più frequenti interruzioni delle forniture (di energia, ma anche carburanti), in quanto le politiche nazionali ed europee in materia di transizione energetica incideranno più sui consumatori che sui mercati.

Il gas russo in Cina e la Cina senza carbone

Ora veniamo al secondo motivo.

Se è vero che l’Europa si sta progressivamente decarbonizzando, è anche vero che è ancora legata al carbone nel resto del mondo. La Cina, per esempio, è (stata) una delle più grandi produttrici di carbone, ma anch’essa, ultimamente, si sta decarbonizzando. Ciò al fine di allinearsi alle politiche globali di ridurre le emissioni di CO2.

Questo produce un fabbisogno energetico che la spinge a ricercare altre fonti energetiche. E la Cina, zona industriale del globo, ha forti fabbisogni energetici.

E così che fa? Aumenta gli acquisti di gas naturale dalla Russia. E siccome le aziende che estraggono e poi vendono gas naturale lo fanno secondo logiche di mercato, che succede? Che se la Cina offre di più, il gas lo vendono a loro.

E quel che resta viene venduto all’Europa a prezzi molto più alti. Ciò ha influito pesantemente sull’aumento vertiginoso dei prezzi del gas.

Ecco perché, come scrive il Post, le riserve di gas naturale sono ai loro minimi storici dal 2013.

In questo quadro appare evidente che si tirano in ballo anche elementi geopolitici. La Russia spinge, in Europa, per l’attivazione del gasdotto Nord Stream 2, ormai ultimato, ma non ancora attivo. Una pipeline che bypassa Polonia e Ucraina e arriva direttamente in Germania. Facendo infuriare sia i due paesi, tagliati fuori, sia gli USA che, proprio nei giorni scorsi, dopo svariate minacce di sanzioni, hanno optato per la via del dialogo.

Senza contare l’inutilità del gasdotto TAP che, nelle intenzioni, doveva svincolare l’Europa dal gas russo, ma nei fatti si è dimostrata l’ennesima, inutile e dannosa opera, priva di qualsiasi influenza e vantaggi nei confronti dei consumatori. E s’è ampiamente visto, in questo periodo di continui rincari.

Che c’entra il GPL con le speculazioni sul gas naturale?

L’obiezione tipica – e fondata – quando si parla di questi argomenti, è che il GPL non c’entra nulla con le speculazioni sul gas naturale, perché è un derivato della raffinazione del petrolio. E difatti è così.

Tuttavia il libero mercato si basa – come sappiamo – su domanda e offerta. Dunque se il gas naturale aumenta, la conseguenza ovvia è che gli acquirenti (cioè noi, le aziende, gli intermediari, ecc.) passeranno all’altra fonte di produzione per soddisfare i propri bisogni. Questo i produttori lo sanno e dunque legano l’andamento dei prezzi dell’uno a quello dell’altro.

Tra l’altro molti produttori di gas naturale sono anche produttori di petrolio greggio. Quindi diventa ancora più facile controllare i prezzi dell’uno e dell’altro.

Ecco che arriviamo all’ovvia conclusione che è ancora il neo-liberismo il principale responsabile di quanto sta avvenendo.

Conviene ancora un’auto a GPL o a metano?

Spiegato ciò, ritengo che, ad oggi, le auto a metano siano diventate assolutamente non più convenienti rispetto ad altre alimentazioni. Per l’ovvia ragione che il prezzo (in alcuni casi) più che raddoppiato annulla i risparmi di questo genere di alimentazione.

Il GPL conserva ancora un minimo di convenienza. Specie le auto che montano impianti preinstallati. Che, lo ricordo, vanno quasi esclusivamente a GPL. Le auto convertite, invece, subiscono un colpo più duro, per le ragioni esposte in quest’articolo.

Non sono del tutto sicuro che presto torneremo ai livelli di prezzi ante pandemia, perché le ragioni degli aumenti sono – rispetto al passato – strutturali e potrebbero durare a lungo. Del resto la transizione energetica è un percorso strutturale, lento e dall’esito incerto. E non durerà certo pochi anni. Così come l’aumento del fabbisogno energetico dei paesi asiatici è un aspetto da tenere in considerazione nelle lotte all’accaparramento delle risorse tra Oriente e Occidente.

Optare per l’auto elettrica? A parte le criticità che ho (ironicamente) elencato qui, va comunque ribadito che il costo dell’energia elettrica è legato a quello del gas naturale. E siamo punto e accapo. Sono più convenienti del termico? Forse. Oggi. Ma domani, quando diventerà una questione di massa, chi può dirci quali e quante speculazioni ci saranno sull’energia elettrica? Già nel 2020 abbiamo avuto qualche avvisaglia, con Ionity che ha aumentato sensibilmente il costo della corrente alla colonnina. Si verificheranno altri casi simili? Negli attuali rapporti sociali? La domanda appare quasi retorica.

E poi, onestamente, non vedo grande convenienza nei motori elettrici che poi, per moda del momento, montano pesanti pacchi batterie su SUV e scocche pesanti e per nulla aerodinamiche. Questo per aumentare la capacità di carica e compensare le dimensioni dell’auto. Insomma, l’illusione del risparmio e dell’ecologismo di facciata.

La soluzione, oggi, pare essere la solita, per chi vuole muoversi risparmiando: mezzi pubblici e bici. Non scherzo, ora. Chi non può (tipo me, costretto ad usare l’auto, con tutte le bestemmie del caso, perché vive in una zona in cui le istituzioni se ne sbattono del trasporto pubblico), sarebbe bene optare per motori termici ad alta efficienza. Oppure per l’ibrido, pur con tutti i suoi limiti.

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