La bicicletta ha mille vantaggi, specie per chi vive in pianura. E’ economica, piacevole, non inquina, ci tiene in forma e ci fa riscoprire la bellezza che abbiamo intorno e che, con la frenesia, ci sfugge.

Da piccolo la bicicletta fu, come per molti di voi, il primo mezzo di trasporto. Con la bici iniziai ad esplorare il paese, a conoscerne le vie, a squadrarne le case e i dettagli che si celavano all’interno di finestre aperte, in sbirciate che duravano il tempo di una pedalata.

Ben presto mi avventurai alla scoperta dei paesi vicini, che distavano pochi km dal mio e così scoprii una sensazione mista tra piacere e disappunto. Il piacere di uscire dai confini, dal feudo di un paese del remoto Sud che ad un ragazzo, spesso, sta troppo stretto. Il disappunto di sentirsi quasi un alieno tra strade provinciali in cui i mezzi scorrono a velocità elevatissime, i cani morti ammazzati sui cigli delle strade sono la quotidianità e una bicicletta di certo è un mezzo che nessuno si aspetta di trovare. A parte i ciclisti amatoriali della domenica, s’intende.

Questa cosa mi ricorda un passaggio di Franco Cassano nel Pensiero Meridiano, in cui scriveva

Andare lenti è incontrare cani senza travolgerli, è dare i nomi agli alberi, agli angoli, ai pali della luce, è trovare una panchina, è portarsi dentro i propri pensieri lasciandoli affiorare a seconda delle strade (…). E’ suscitare un pensiero involontario e non progettante, non il risultato dello scopo e della volontà, ma il pensiero necessario, quello che viene da solo, da un accordo tra mente e mondo.

Ecco, pressappoco mi sentivo così, in una sorta di sinergia tra le gambe che si sforzavano sui pedali, senza tuttavia raggiungere velocità ragguardevoli, e ciò che mi stava attorno. Alberi, distese di Ulivi (all’epoca) verdeggianti e maestosi, terra, tanta terra rossa e un cielo estivo che, al crepuscolo, superata la calura, donava un senso di quiete. Quiete frantumata (e non solo la quiete) dal conducente del furgone che, a 120 km/h, ti suona col clacson, alle spalle e sbraita perché non si aspetta di trovare un ragazzino in bici sulla provinciale.

La patente e addio bicicletta

Poi si sa come vanno le cose. A 18 anni, presa la patente, dissi addio alla bicicletta. Scorrazzare in giro in macchina con gli amici fu il mantra del sabato sera e lestamente, seguendo le regole non scritte di una comunità locale che aveva abbracciato con pienezza i dettami della società degli agi, anch’io prendevo la macchina per andare a fare la spesa. Sì, al supermercato dietro casa, che a piedi dista 2 minuti. Ce ne mettevo 5 con la macchina, tra messa in moto, gira l’angolo, fai il giro perché non c’è parcheggio, manovra, chiudi ed esci. Come autogiustificazione mi dicevo che l’auto era necessaria per caricare la spesa.

Insomma, l’auto diventò il mezzo principale di trasporto, anche quando era perfettamente superflua. E che dire della moda di allora, in cui si faceva un giro in macchina così, a vuoto? Poi a me piaceva particolarmente, non fosse altro che sono cresciuto tra officine meccaniche ed esperimenti su vecchie auto, in cui mi dilettavo a smontare e rimontare i pezzi per capire come funzionassero.

I tempi dell’Università

A salvarmi coronarie e buon senso fu la scelta di andare a studiare fuori. Scelsi una piccola città universitaria, dove per svariate ragioni tutti andavano in bicicletta. Era un mezzo talmente importante che manco il tempo di comprarla e già te la rubavano. Vi era un vivace mercato dell’usato e quindi, anche se era un bene particolarmente appetibile, una buona bici la trovavi sempre a poco prezzo. Il costo maggiore erano i due-tre, anche quattro catenacci che dovevi tenere per evitare che te la rubassero.

Ero piacevolmente sorpreso nel vedere che pure le vecchiette andavano in giro in bici, facevano la spesa e si caricavano pure le casse di acqua, anche sotto la pioggia. Dopo poco tempo riuscii anch’io a farlo e, anzi, quando l’acqua era in offerta, riuscivo pure a caricarne due casse, una sul portapacchi e una sulla canna, oltre a due grosse buste con la spesa, una per manubrio.

Sarà stata l’età (da giovane, si sa, il metabolismo è una macchina da guerra), o merito del quotidiano uso della bici, ma ero in forma e pieno di energia nonostante il mio essere una buona forchetta (anzi, forchettone).

Il ritorno al Sud

Tornato a casa iniziai ben presto a riabituarmi ad usare l’auto. Avevo iniziato la pratica forense in una città vicina al mio paesello e quindi la macchina era l’unica soluzione. Inoltre notavo che era sempre rischioso girare in bici, sia in paese che in città. Gli automobilisti frenetici e prepotenti rendevano la vita difficile ai pochi ciclisti che intravedevo dal finestrino dell’auto, incolonnato nel traffico.

A quei tempi m’ero appesantito. Decisi di iscrivermi in palestra. Ma quei luoghi a me ostili e ricchi di sterile edonismo proprio non piacevano. E così l’abbandonai dopo poco tempo.

Volevo tornare ad usare la bicicletta, anche per tenermi in forma. Ma socialmente mi sentivo in imbarazzo anche solo all’idea di girare in bici in paese. L’associazione ricorrente era ciclista = anziano (perché sono gli unici – grandi! – a continuare ad usare la bici). Oppure ciclista = pezzente.

Sia chiaro, il ciclista amatoriale, quello che guida una bici da 1000 euro, vestito con la costosa tutina attillata piena di sponsor (pagare assai per appiccicarsi addosso degli sponsor… bah!) e si allena in massa con altri colleghi, è bestemmiato sì dagli automobilisti, ma è socialmente accettato. Quello che invece gira con vestiti normali su una bicicletta normale, è (ancora oggi) oggetto di curiosa (e a tratti morbosa) attenzione.

Ad ogni modo qualcosina sta cambiando, anche dalle mie parti. Se non l’accettazione, quantomeno l’abitudine a vedere in giro più bici, è stimolata da una timidissima coscienza ambientale, ma soprattutto da chi viene da fuori: i giovani migranti. Essendo la bicicletta spesso il loro unico mezzo di trasporto, li vedi di frequente girare sulle provinciali e farsi anche lunghe percorrenze. Il loro fare di necessità virtù ha costretto molti automobilisti a mettere bado alla loro presenza e, quindi, ad accettare l’idea che la strada non appartiene solo ai mezzi a motore.

I vantaggi della bici

Ora, raccontata questa amena storiella di vita vissuta, andiamo a vedere quali sono i vantaggi della bicicletta. Cosa che tutti voi ben sapete, ma li elenco lo stesso perché a me è capitato di perdere nel tempo la conoscenza reale dei vantaggi e di confinarla sul piano del teorico. In altre parole, sapevo che la bici fa bene, è economica, ecc. ecc., ma poi con mille scuse evitavo di usarla. Oggi sono tornato, felicemente, a preferirla a qualsiasi altro mezzo. Per scoprire, felicemente, che sostituisce l’auto in moltissime situazioni. Quest’articolo, chiaramente, è rivolto a chi può usarla e, magari, vive pure in pianura. Uagliò, se vivi in pianura, sei in salute e usi l’auto anche quando non è necessario, non c’hai scuse! Culo sulla sella e pedala!

Non consumi carburante

Un tirchio come me mette questo vantaggio per primo. In altri articoli in cui commentavo l’uso dell’auto in città, spiegavo che in città il consumo di carburante è più alto rispetto a percorsi extraurbani o misti. Ciò, come sappiamo, dipende dal traffico, da frequenti stop&go, velocità basse a regimi alti, ecc. ecc. La bici abbatte i costi di carburante in modo esponenziale. Specie in questi periodi in cui le limitazioni agli spostamenti costringono molti di noi a restare in città.

Da qualche anno tengo un foglio excel dove gestisco l’economia domestica. Ci appunto entrate e uscite e questo sistema mi permette di avere consapevolezza sui costi e dove spendo maggiormente i soldi. Ho notato che da quando uso prevalentemente la bici, ho avuto un abbattimento del costo di carburante del 40% rispetto a quando non usavo la bicicletta.

Se poi hai la fortuna di avere un bagagliaio spazioso (oppure opti per una bici pieghevole), puoi caricarla in macchina e usarla negli spostamenti in altre città.

Insomma, se prendi una bici anche usata ad un centinaio di euri, in meno di 6 mesi di uso in città recuperi il costo e il resto è tutto risparmio. Così eviti il traffico e, soprattutto, il secondo punto.

Non paghi il parcheggio

Quante volte mi è capitato di andare in città e cercare a lungo uno stallo di parcheggio libero. A parte la fortuna nel trovarlo, spesso il costo è rilevante. Ci sono città in cui il parcheggio viene a costare anche 1,50 € all’ora. Ora, a parte i casi estremi come Portofino o Amalfi (dove il costo è, rispettivamente, di 6 e 12 euro all’ora!), anche un euro e cinquanta sossoldi, specie se consideri che minimo minimo lasci la macchina 2-3 ore e, se scade il parcheggio, ci aggiungi pure il costo della sanzione.

Una bella bici in macchina (o, per i fortunelli, in treno, nell’apposito scomparto) e risolvi il problema. Lasci l’auto in periferia, dove gli stalli ci sono, in abbondanza (e so’ aggratiss) e vai in bici. E mentre giri in bici ti accorgi del prossimo punto.

Eviti il traffico

Tempo fa ero in bici in città. Avevo appena lasciato l’auto in periferia. Mi accingevo ad impegnare l’incrocio quando un buzzurro con una Golf GT con le luci blu, quelle che illuminano l’asfalto dal pianale, mi ha tagliato la strada. Per un lunghissimo secondo lo guardai in faccia e notai il risolino di disprezzo sul suo viso.

Lasciai perdere la vicenda, perché tanto è all’ordine del giorno. E poi che gli puoi dire mai a un coatto?

Insomma, mi diressi verso il centro, pedalando con calma e assaporando i particolari del tragitto, quando lo rividi fermo in coda. Con grande nonchalance lo sorpassai, accennando un sorriso.

Qualche decina di minuti dopo arrivai in centro e mi fermai ad un bar, che dava sull’angolo di un’arteria principale che collegava il centro storico al semicentro. Mentre sorseggiavo il caffè lo rividi di nuovo, in macchina, che faceva più volte il giro, presumo alla ricerca di un parcheggio. Io, nel frattempo, avevo visitato un negozio, fatto una passeggiata e preso il caffè.

Penso di aver reso l’idea. Insomma, con la bici eviti il traffico, lo stress, la nevrosi da semaforo e parcheggio e risparmi un monte di tempo.

La parcheggi dove ti pare

Corollario ai due punti precedenti è che la bici la metti dove ti pare. Le rastrelliere sono sparse un po’ ovunque nelle città e, anche se mancano, comunque un palo della luce o un segnale stradale a cui legarla si trova sempre.

La bici è un mezzo leggero e che non occupa spazio. La puoi tenere facilmente in casa. Cosa che evita sensibilmente i rischi di furto. Si carica facilmente anche sulle scale e ci sono bici in alluminio che sono talmente leggere che si caricano più facilmente rispetto ad una cassa d’acqua.

Entri nei centri storici

Ora, a parte Portofino, dove oltre al costo del parcheggio da nababbi, è pure vietato l’ingresso delle bici in centro, tutte le altre città lo consentono. E che piacere attraversare i vicoli, le strade, le piazze, le zone pedonali, con un mezzo che ti garantisce rapidità e versatilità. Un’auto non potrà mai entrare in una zona pedonale, una bici sì. Parcheggiare fuori e andare a piedi in centro rallenta i tempi delle operazioni da effettuare nella quotidianità. Con la bici, anche partendo dalla periferia, nel complesso impieghi meno tempo.

Mantenerla costa poco

Tornando sul piano economico (quello che a noi taccagni interessa maggiormente), la bici non paga il bollo (almeno finora, poi chissà se lo Stato non ci penserà su) né l’assicurazione (stesso discorso, incrociamo le dita). Ma soprattutto ha costi di manutenzione piuttosto bassi. Anche quando devi effettuare manutenzioni straordinarie (cambiare i copertoni, la catena, ecc.), con meno di cinquanta euri te la cavi. Poi chi ha dimestichezza con queste cose, abbatte sensibilmente i costi, comprando solo i pezzi di ricambio, dato che è un mezzo che, per la sua semplicità meccanica, si presta all’autoriparazione.

Ti tiene in forma

Questo è forse il punto più importante. Con la bici ti tieni in forma. E’ un mezzo produttivo che, al contempo, produce effetti benefici sull’organismo, senza ulteriori costi. Detto in altri termini, mentre ti sposti, per esempio, da casa al lavoro o da casa al supermercato, ottieni due benefici: il primo è che ti muovi per un obiettivo, il secondo è che, allo stesso tempo, fai attività fisica. I risparmi di tempo e denaro sono evidenti. Non occorre, per dire, andare in palestra, spendere denaro, impiegare ulteriore tempo, per fare, chessò, 20 minuti di cyclette. Lo fai già mentre fai qualcosa di utile.

Inoltre, come evidenziato in quest’articolo, i benefici sono innumerevoli: riduce lo stess e la depressione, rafforza i muscoli, le ossa, fa perdere peso, protegge il cuore, aumenta la ventilazione polmonare, diminuisce l’affaticamento, aumenta la tonicità e, ricollegandomi all’ultimo punto, aumenta la concentrazione.

Aumenta la concentrazione

La bici è un mezzo a cavallo tra la lentezza dell’andare a piedi e la velocità di un mezzo a motore. Rallenta rispetto alla frenesia, ma velocizza rispetto all’estrema lentezza. E’ una sintesi tra due opposte concezioni in conflitto. E’ un mezzo che ti consente di guardarti attorno, perché non ti chiude, come un’auto, nella scocca di un lunotto. Non ti costringe a prestare attenzione solo alla strada e a prevedere i potenziali rischi. Ciò aumenta, come sappiamo, i livelli di stress e ci tiene sempre all’erta e in tensione.

La bicicletta ti permette di ridurre lo stress e allena la concentrazione. Ti consente di scorgere i dettagli delle case, delle strade, della Natura. Noti cose che, magari, in anni e anni dello stesso tragitto non avevi mai notato. E così ti alleni a prestare attenzione a ciò che ti sta attorno. Ti fa vivere il presente, ti conduce – lentamente – a ri-scoprire il reale.

Tutto ciò genera un circuito virtuoso per cui inizi a prestare attenzione anche ad altre cose della tua quotidianità. Ti fa rallentare e amare i dettagli. Perché, come disse San Tommaso d’Aquino, in una celebre frase ripresa da Gustave Flaubert, Dio si nasconde nei dettagli.

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1 Commento

  1. Antonio Walter

    stupenda analisi. bravoooooo

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