Professionisti in Italia. Ordini e autocritica assente

Va fatta una franca discussione sulle differenze sociali in seno agli Ordini professionali. Come anche tra un Ordine e l’altro. La discussione promossa dal Cup, negli Stati generali delle Professioni italiane, è stata un’occasione persa per fare autocritica.

C’è una moda, oggi, di chiedere allo Stato, anzi, al Governo, di fare questo o quello, di fare questa legge o erogare quel sussidio. Di fare – insomma – da mamma e da papà, dispensando paghette e, se del caso, regole chiare, precise, coerenti, senza però preoccuparsi che magari il destinatario è un figlio cresciutello, che potrebbe trovarsi un lavoro, aiutare nei lavoretti domestici, contribuire al benessere familiare e non stare sempre a criticare i genitori per le proprie mancanze. Perché le mancanze potrebbe averle pure lui.

La diretta streaming degli Stati generali delle Professioni italiane, avvenuta il 4 giugno, mi ha fatto venire in mente questo paragone, per i motivi che esporrò tra poco.

L’ha organizzata il Cup, che ha richiamato all’assemblea virtuale centinaia di migliaia di Professionisti da tutta Italia.

In rappresentanza di 23 Ordini, il Cup e la Rete delle professioni tecniche hanno coordinato l’evento, presentando pure il loro Manifesto delle professioni per la rinascita dell’Italia.

Cos’è il Cup?

Non è il centro unico prenotazioni, ma è il Comitato Unitario Permanente degli Ordini e Collegi Professionali. Un’Associazione costituita, si legge sul sito, fra le rappresentanze istituzionali di livello nazionale degli Ordini e Collegi professionali. Il CUP non ha fini di lucro e rappresenta a livello nazionale, in conformità alle norme istitutive degli enti associati e nel pieno rispetto dell’autonomia di ciascuno, le professioni liberali italiane.

Al Cup aderiscono diversi ordini professionali, qui elencati.

Prima di vedere cos’hanno chiesto e anche per farci un’idea di cosa sono e cosa rappresentano gli ordini professionali, vediamo quali sono e, soprattutto, a quali Casse previdenziali fanno riferimento.

Ordini esistenti in Italia e Casse previdenziali

Gli ordini professionali sono tali perché le professioni cui fanno riferimento sono regolamentate. Ogni Ordine costituisce un albo professionale e l’iscrizione all’albo garantisce le competenze e le professionalità di ogni iscritto. Per iscriversi ed essere così abilitati all’esercizio della professione, occorre superare un esame di Stato.

Gran parte degli ordini sono vigilati dal Ministero della Giustizia. Quelli inerenti le professioni sanitarie, invece, dal Ministero della Salute (in taluni casi di concerto col Ministero della Giustizia). Mentre il Ministero dello Sviluppo Economico e quello dell’Economia sorvegliano le rimanenti categorie. Gli ordini, seppur sorvegliati, godono, per statuto, di ampie forme di autonomia.

Elenco degli ordini

  • Agenti di cambio
  • Dottori Agronomi e Dottori Forestali
  • Architetti, Pianificatori, Paesaggisti e Conservatori
  • Assistenti sociali
  • Attuari
  • Avvocati
  • Consulenti del lavoro
  • Dottori commercialisti ed Esperti contabili
  • Geologi
  • Geometri (diplomati e laureati)
  • Giornalisti
  • Ingegneri
  • Revisori contabili
  • Tecnologi alimentari
  • Periti agrari (diplomati e laureati)
  • Periti industriali (diplomati e laureati)

Professioni mediche

Per quanto riguarda le professioni mediche, alcuni albi territoriali sono riuniti, a livello nazionale, in federazioni. Quindi per brevità, elenco le federazioni anziché il generico riferimento all’albo professionale:

  • FNOMCeO – Federazione Nazionale degli Ordini dei Medici Chirurghi e degli Odontoiatri
  • Fnovi – Federazione Nazionale Ordini Veterinari Italiani
  • FOFI – Federazione degli Ordini dei Farmacisti Italiani
  • FNOPI – Federazione Nazionale Ordini Professioni Infermieristiche
  • FNOPO – Federazione nazionale degli Ordini della Professione di Ostetrica
  • FNO TSRM PSTRP – Federazione nazionale Ordini dei Tecnici sanitari di radiologia medica, delle professioni sanitarie tecniche, della riabilitazione e della prevenzione
  • Consiglio Nazionale Ordine degli Psicologi
  • Ordine nazionale dei Biologi
  • Federazione nazionale degli Ordini dei Chimici e dei Fisici.

Elenco delle Casse previdenziali

I Professionisti iscritti presso i rispettivi albi, in base all’ordinamento, possono optare per la Cassa relativa al proprio albo oppure per l’INPS. Ora, senza entrare troppo nel dettaglio, va detto che in larga parte sono costretti ad iscriversi alla Cassa previdenziale del proprio Ordine. Di seguito l’elenco delle principali:

  • CNN – Cassa nazionale del Notariato
  • CF – Cassa Forense
  • CIPAG – Cassa Italiana di Previdenza ed Assistenza dei Geometri Liberi Professionisti
  • CNPR – Cassa Ragionieri e Periti Commerciali
  • CNPADC – Cassa Nazionale di Previdenza e Assistenza a favore dei Dottori Commercialisti
  • ENPAB – Cassa Biologi
  • ENPACL – Cassa Consulenti del Lavoro
  • ENPAF- Cassa dei Farmacisti
  • ENPAIA – Cassa Agrotecnici e Periti Agrari
  • ENPAM – Cassa Medici
  • ENPAP – Cassa Psicologi
  • ENPAV – Cassa Veterinari
  • EPAP – Cassa Dottori Agronomi, Forestali, Attuari, Chimici, Geologi
  • EPPI – Cassa Periti Industriali
  • INARCASSA – Cassa Ingegneri e Architetti
  • INPGI – Cassa Giornalisti e Liberi Professionisti
  • ENPAPI – Cassa Infermieri, Assistenti Sanitari e Vigilatrici d’Infanzia
  • Enasarco – Ente nazionale di assistenza per gli agenti e i rappresentanti di commercio

Quasi tutte queste Casse, un tempo erano pubbliche. Poi grossomodo negli anni Novanta, nella famosa stagione delle privatizzazioni, sono diventate enti di diritto privato. Alcune si sono costituite come Associazioni di diritto privato, altre come Fondazioni. In quanto enti privati hanno, ovviamente, entrate proprie, un patrimonio, un bilancio e possono investire sul mercato. Cosa che li rende in tutto e per tutto soggetti privati, che a volte possono anche fare cazzate.

Quest’aspetto ci tornerà utile per capire i rapporti di forza tra Ordini, Casse previdenziali e Governo nella questione degli aiuti ai Professionisti a seguito dell’emergenza coronavirus.

Cosa chiede il Cup?

Ora veniamo alle richieste del Cup.

Chiedono anzitutto al Governo di riconoscere al mondo ordinistico la parità di accesso alle misure di incentivo al lavoro e di sostegno nella fase di emergenza, considerando che loro hanno beneficiato di misure di sostegno solo in via marginale, sottoposti peraltro a criteri selettivi a cui altre categorie di professionisti non sono state assoggettate. Permane una difformità di trattamento tra professionisti e imprese e, ora, tra categorie differenti di professionisti, che occorre eliminare, garantendo un principio di eguaglianza delle opportunità ad oggi solo enunciato ma mai realmente messo in pratica.

Queste considerazioni sono contenute nel Manifesto delle professioni per la rinascita dell’Italia. Un documento programmatico fatto di numerose richieste e suggerimenti, sia al Governo che all’Ordinamento italiano nel suo complesso.

Il Manifesto delle professioni per la rinascita dell’Italia

Il documento prosegue, indicando una serie di suggerimenti per far ripartire l’Italia, tra cui investimenti per garantire il diritto alla salute, alla prevenzione e alla sicurezza delle cure. Potenziare gli investimenti nel settore pubblico (in particolare sulle infrastrutture) e privato, sostenibile, di innovazione e di ampio respiro, dando però importanza al patrimonio ambientale, considerando pure il rischio sismico ed idrogeologico nella realizzazione di opere pubbliche e private.

Poi chiede di realizzare un piano credibile di semplificazione normativa, snellendo procedure e burocrazia, dando tempistiche certe, ampliando i casi di silenzio-assenso della PA e chiarendo i ruoli. Ampio spazio viene dato a indicazioni per migliorare il principio di sussidiarietà, richiedendo ampie devoluzioni in capo a soggetti estranei alla PA, in particolare ai Professionisti, in modo da velocizzare e snellire le procedure.

Viene chiesta la reintroduzione dei voucher, l’incentivazione del telelavoro, la detassazione dei premi di produzione, oltre a numerosi interventi volti a defiscalizzare determinati aspetti degli scambi civili, commerciali e societari. Non manca certo la richiesta di ridurre la pressione fiscale, accompagnata dall’immancabile richiesta di valorizzare il patrimonio ambientale, artistico, paesaggistico e culturale per nuovi percorsi di crescita. Ah, dimenticavo pure che – a conclusione del manifesto – c’è l’ovvia richiesta di accelerare il processo di digitalizzazione del Paese.

Insomma, un libro dei sogni, con richieste in parte condivisibili, ma a volte in contraddizione tra loro. Si chiede, per esempio, la presenza dello Stato come sostegno all’economia, chiedendo al contempo la sburocratizzazione e la semplificazione normativa. Oppure una riduzione fiscale accompagnata, però, da massicci investimenti in ogni dove (infrastrutture, sanità, innovazione, imprese, ecc.).

Ma, mi son detto, in questa specie di libro dei sogni, come anche nel dibattito che l’ha generato, manca qualcosa. Vediamo cosa manca.

Dov’è l’autocritica?

Un po’ di autocritica, per esempio. Riconoscere, per dire, che la disparità di trattamento tra Professionisti è dipesa non dal Governo, ma dalle rispettive Casse previdenziali, ognuna delle quali si è comportata in modo diverso. Chiedere alle Casse di attuare misure uniformi per situazioni uniformi sarebbe stato un primo passo in avanti. Sul punto, invece, silenzio totale.

Eppure gli Statuti delle singole Casse previdenziali parlano di solidarietà, welfare, sostegno al reddito dei propri iscritti. Principi che non hanno trovato applicazione oppure solo in parte.

O ancora, discutere francamente sulla questione della giustizia sociale interna agli Ordini.

O infine chiedere al Governo – questa volta sì legittimamente – di impegnarsi nella lotta all’evasione fiscale. Niente, nessun riferimento all’evasione (che da sola vale circa 22 miliardi all’anno).

Nessun ragionamento in termini di differenze sociali tra Professionisti. Come se il piccolo avvocato di un paesino calabrese avesse le stesse esigenze ed opportunità del grande commercialista di un grosso studio contabile di Milano. Come se fosse giusto che l’agente di commercio ha avuto accesso a strumenti di sostegno, a differenza del geometra.

Insomma, nella questione dell’integrazione al reddito le Casse di fatto non hanno collaborato con lo Stato, o hanno fatto da passacarte oppure, in autonomia, hanno deciso forme di assistenza, molto diversificate tra loro (tra poco vediamo meglio come si sono comportate le singole Casse).

Quali sono le differenze tra professionisti? Nel sentire comune è facile identificarle, ma vediamo qualche esempio pratico, in ordine sparso e senza pretesa di completezza. Ma giusto per capire su cosa si dovrebbe incentrare una franca discussione da parte degli Ordini professionali.

Giovani professionisti

Molto spesso il giovane professionista, dopo aver superato l’esame di Stato ed essersi iscritto all’albo, non ha né le risorse né la clientela per potersi permettere di lavorare in proprio. E così, in molti settori (penso a quello degli avvocati, commercialisti, geometri, ecc.) dovrà appoggiarsi presso uno studio già avviato. Qui il titolare gli dirà: apri la Partita IVA, collabora con lo studio e ti passo 500 € al mese. Le pratiche dello studio hanno la priorità, ma nel tempo libero puoi gestire le tue, sfruttando le risorse dello studio.

Con un reddito che rasenta i livelli di povertà, il giovane professionista dovrà soddisfare i bisogni relativi all’ambito sociale in cui opera. Dovrà comprarsi un vestito nuovo, un’auto decente, frequentare i locali in cui vanno i suoi colleghi, insomma, vivere in società. Inoltre il tempo trascorso a sbrigare le pratiche dello studio gli ostacolerà la possibilità di svolgere lavori per conto suo o ampliare il giro di clienti. Solo dopo numerosi anni forse potrà staccarsi e mettersi in proprio o associarsi con altri colleghi, anch’essi ex sfruttati.

Poi c’è il grande esercito dei ghost writer, giovani professionisti freelance che curano i testi, gli atti, i documenti dei grossi studi e vengono pagati a cottimo. Ogni atto un tot di euro. Spesso sono costretti a collaborare con numerosi studi, passare intere giornate a documentarsi, fare ricerche, per scrivere un atto (una citazione, un parere, un articolo, un saggio, ecc.) che magari sarà pagato 20, 50, al massimo 100 €.

Questi professionisti che, durante la fase emergenziale, hanno perso gran parte del lavoro, non hanno un reddito sufficiente per starsene a casa o per ripartire. Non hanno bisogno, più degli altri colleghi con studi avviati, di misure di sostegno al reddito? Non hanno la priorità?

Ambito geografico e reddito

Anche dal punto di vista geografico c’è grande disparità tra Professionisti. Ci sono zone, in Italia, dove l’economia è più o meno sviluppata, più o meno orientata verso l’economia di sussistenza o quella industriale e finanziaria.

Un commercialista che vive e opera in Molise, non avrà ovviamente le stesse opportunità lavorative di uno che lavora a Milano, in cui ci sono aziende di ogni dimensione, settori finanziari, intermediari, banche, che danno lavoro continuo.

Anche a parità di reddito, le condizioni saranno diverse. Il professionista molisano magari avrà fatto lo stesso reddito di quello milanese tenendo la contabilità a centinaia di microimprese, allevatori, caseifici, piccole ditte edili. Durante l’emergenza, la crisi che ha colpito le imprese da lui seguite si riverserà, ovviamente, su di lui. Perderà clienti, oppure non lo pagheranno perché pure loro devono campare.

Il milanese, invece, sempre a parità di reddito, magari seguirà poche società finanziarie che hanno continuato a dargli lavoro anche durante l’emergenza. Magari lavorerà di meno, ma, comodamente da casa, scriverà un parere che da solo gli varrà il reddito di un mese.

Entrambi avranno subito perdite, certo. Ma si possono trattare allo stesso modo? 600 euro al commercialista molisano sono indispensabili per continuare a vivere, mentre per il milanese sono un qualcosa in più. Una comodità, certo, ma non un sostegno al reddito vero e proprio.

E’ evidente che questo discorso vale ancora di più se le differenze di reddito sono più elevate.

Evasione fiscale

evasione fiscale

Altro aspetto che avrebbe dovuto essere considerato dagli Ordini professionali è quello relativo all’evasione fiscale. Qualche maligno penserebbe che questo tema non può essere affrontato dagli alti vertici di chi fa dell’evasione una vera e propria arte. Però questo tema è fondamentale per parlare di equità sociale. In un senso e nell’altro.

Primo senso. Evasione borghese vs evasione di necessità

Evadere il fisco può essere un vizio, per potersi – chessò – accattare la macchina buona o farsi la piscina in villa o accumulare capitali da investire all’estero, oppure una necessità. Tutto dipende, come dicevo prima, dalle condizioni sociali e dal reddito (ma anche dall’ambito geografico).

Tornando all’esempio del commercialista molisano, se in questo periodo in cui è calato il lavoro, per non affossarsi ancora di più, non fa una fattura per una consulenza e quindi si fa pagare in nero, è un’evasore? Certo, ma è costretto a farlo. La sua Cassa previdenziale, come vedremo tra poco, gli ha sospeso i contributi, ma al termine del periodo di sospensione dovrà pagarli. Se evade è perché deve mettere da parte i soldi per campare e per riprendere l’attività regolarmente.

La stessa sospensione contributiva l’ha avuta pure il caro commercialista di Milano, ma lui non avrà difficoltà, al termine del periodo di sospensione, a tornare a pagarli.

In questo senso suona come un’iniquità il fatto che alcuni enti previdenziali abbiano legato l’emissione del sostegno al reddito alla regolarità contributiva. Ossia hanno detto: li vuoi i soldi? Prima paga i contributi scaduti. Senza fare uno straccio di analisi sul perché quei contributi non sono stati pagati. Ciò alimenta il senso di ingiustizia e quindi la legittimità morale dell’evasione fiscale e contributiva.

Dite che è assurdo pensare che ogni Cassa previdenziale si debba prendere la briga di analizzare le condizioni soggettive di ogni suo iscritto? Eppure lo fanno, solo quando gli fa comodo (vai infra all’analisi sulle misure adottate dalle singole Casse previdenziali).

Secondo senso. Vincono sempre i furbi

In questa lettera, pubblicata sul sito dell’Enpam, un medico giustamente si lamenta del fatto che la Cassa ha versato un bonus di 1000 € per tutti gli iscritti, senza considerare il reddito e quanto un medico versa alla propria Cassa. Dunque, a differenza di quanto ho detto prima, sostiene che chi guadagna di più avrebbe diritto a un bonus maggiore.

Il ragionamento appare ingiusto, ma è sensato, perché riconoscendo un importo uguale per tutti, non si contrasta l’evasione fiscale, abbondante in campo medico. E così chi guadagna tanto, in nero, ma versa poco alla Cassa, prende la stessa cifra di chi guadagna tanto, ma versa tanto, perché fattura tutto.

La risposta da parte del Presidente della Fondazione Enpam è stata di quelle di circostanza (vi invito a leggerla). Senza rispondere minimamente nel merito sollevato giustamente dal medico. Abbiamo dato più o meno lo stesso importo a tutti perché è più corretto così. Poi la coperta è corta, il Ministero poteva dirci di no, e amenità varie.

L’ingiustizia di fondo resta. E gli alti vertici degli ordini professionali non l’hanno minimamente presa in considerazione. Così facendo si alimenta la tendenza ad evadere, a fare i furbi, perché se prendo la stessa cifra del medico che fattura tutto e paga un sacco di contributi e di tasse, sono furbo. Continuo così.

Anche in questo caso, come si risolve la faccenda? E’ giusto o no evadere? E’ giusto o no dare di più a chi versa di più?

Il ruolo di Ordini e Casse previdenziali

Sono domande di difficile risposta, in quanto ad ostacolare una possibile soluzione di questi dilemmi ci stanno dinamiche politiche e sociali irrisolte. Roba che nel rappresentare gli interessi di una categoria appiattita, senza discutere sulle disuguaglianze, si finisce per farlo a vantaggio delle classi sociali più forti. Ciò perché non si intacca minimamente il concetto di proprietà privata e non si attuano i principi contenuti negli Statuti di Ordini e Casse.

Non è chiaro il concetto? Consideriamo che all’interno di un Albo professionale ci stanno persone di ogni estrazione sociale, ogni tipologia di reddito, ogni ambito geografico e ogni condizione sociale e individuale. Persone diverse ma accomunate dalla professione che svolgono. E’ compito dell’Ordine rappresentarli tutti? Certo. In modo uguale? No. Negli statuti c’è scritto, in modo diverso (ma il concetto è sempre quello), che è ruolo dell’Ordine anche favorire la solidarietà e l’uguaglianza tra Professionisti. Mutuando, così, le formule costituzionali che impongono l’uguaglianza non solo formale, ma sostanziale di ogni consociato.

Di fatto, però, gli Ordini non gestiscono soldi. Dettano regole interne e di rilevanza esterna. Chi materialmente può incidere sulla condizione economica dei propri consociati sono le Casse previdenziali. Ma sono private. Alcune godono di ottima salute e fanno utili milionari.

Prima di chiedere cose al Governo, risolvi le faccende interne

Se gli Ordini, primi referenti delle Casse, non dicono loro di sforzarsi a realizzare materialmente forme di perequazione, le belle parole negli Statuti restano lettera morta. E se chiedono al Governo di aiutare i Professionisti in una situazione di emergenza, quando il primo soggetto che può farlo, con immediatezza, efficacia ed equità, non viene interpellato, ci vedo l’ennesimo tentativo di scaricare sulla collettività i costi, mantenendo inalterati i capitali privati. E questo non è giusto, visto che tutti i Professionisti versano soldi alle rispettive Casse. Alcuni pure più degli altri (è il caso dei geometri).

Se Casse diverse si comportano in modo diverso, il principio di uguaglianza tra Professionisti va a farsi benedire. Se è vero, com’è vero, che i Professionisti italiani hanno assunto nel tempo profili pubblicistici (vedi, per esempio, il ruolo dei tecnici nell’asseverare fatti, oppure l’avvocato che autentica una firma o, esempio classico, il notaio che redige un atto pubblico, ecc.), dev’essere dunque vero che anche i fatti economici a loro collegati debbano assumere un profilo pubblicistico.

Ma ciò è ostacolato dalla privatizzazione delle Casse. Bella contraddizione, no?

Quindi mi chiedo: perché il Cup, unitamente agli Ordini aderenti all’iniziativa, non ha discusso e poi formulato una richiesta al Governo volta a ripensare la privatizzazione del sistema contributivo dei Professionisti? Questa discussione avrebbe toccato anche il problema delle disuguaglianze all’interno degli Ordini e tra un Ordine e l’altro.

Si è pensato, invece, di chiedere al Governo questo o quello, senza autocritica interna e quindi ritorno all’esempio fatto all’inizio di quest’articolo. Cosa chiedi, se puoi fare tanto per risolvere un problema di evidente ingiustizia?

Le risposte a queste domande, per chi è avvezzo alle dinamiche borghesi, appaiono del tutto scontate.

Come si sono comportate le Casse nella gestione dell’emergenza?

In modo molto diverso l’una dall’altra. Ciò per tre motivi. Il primo lo sappiamo. Sono soggetti privati, quindi decide il CdA o i relativi organi decisionali. Il secondo è che la forza di una Cassa dipende dal numero di iscritti e da quanto versano. La Cassa forense, con più di 240.000 iscritti (e un patrimonio netto superiore a 11 miliardi di euro) ha più risorse della Cassa geometri, con circa 90.000 iscritti (che però richiede contributi maggiori ai propri iscritti), ma non ha fatto più degli altri. Qui arriviamo al terzo motivo. Se nessun rapporto di forza incide sui processi decisionali delle Casse o ne uniforma l’azione, queste fanno di testa loro. Intervengono sulla base di criteri di opportunismo. Chi detiene il rapporto di forza? L’Ordine professionale.

C’è chi ha prorogato il pagamento dei contributi a marzo 2020, chi a gennaio 2021 (bella disparità). Casse che hanno messo a disposizione risorse per gli iscritti colpiti dal Covid-19 o per i loro familiari e altre no. Altre che hanno predisposto misure di sostegno al reddito (come Ensarco) e altre no.

Da questa sintesi già si capisce la disparità di trattamento interprofessionale, che si somma a quella interna. Se sono un iscritto all’ordine dei farmacisti e sono stato ricoverato a causa del coronavirus, posso ottenere 200 euro per ogni giorno di ricovero. Ma se sono un perito agrario, non avrò accesso allo stesso trattamento. Se sono un agente di commercio e ho visto ridurre il mio reddito, avrò 1.000 €. Se sono un avvocato, nisba.

Ora vediamo nel dettaglio le principali misure poste in essere dalle principali Casse previdenziali, senza pretesa di completezza. Premesso che tutte quante hanno gestito il contributo di 600 € previsto dal Decreto Cura Italia. A volte anticipandolo, a volte no.

Enasarco (Cassa previdenziale di Agenti e rappresentanti di commercio)

Ha sospeso il pagamento dei contributi fino al 30 giugno 2020.

La Cassa ha previsto erogazioni straordinarie, dal reddito più basso al più elevato, sia per agenti in attività che per pensionati. Anche i familiari dell’iscritto deceduto in conseguenza dell’epidemia Covid-19 possono accedere al contributo. Il reddito non dev’essere superiore a 40.000 € l’anno e la priorità è così stabilita:

  • 8.000 € in caso di decesso
  • 1.000 € in caso di contagio
  • 1.000 € in caso di forte riduzione del reddito

I contributi, specifica l’Ensarco, sono cumulabili tra loro, ma l’erogazione complessiva non potrà superare gli 8.000 euro.

CNN (Cassa notariato)

Ha sospeso il pagamento dei contributi fino al 26 maggio 2020.

Oltre al bonus di 600 € emesso dal Governo, non ha previsto altri sussidi. Ha però concordato con Ubi banca forme di prestito o finanziamento agevolati e ha esteso le garanzie indennitarie del piano sanitario base ai ricoveri a carico del SSN per Covid-19, riconoscendo ai soli ricoverati l’erogazione di un’indennità sostitutiva di 155 € al giorno.

CF (Cassa forense)

Ha sospeso il pagamento dei contributi fino al 30 settembre 2020. Ha sottoscritto con Unisalute una garanzia valida per tutti gli iscritti e con onere a carico dell’Ente, per chi ha contratto il Coronavirus. Prevede una diaria giornaliera così divisa

  • 75 € per ogni giorno di ricovero, per un massimo di 30 giorni
  • 50 € per ogni giorno di isolamento per un massimo di 15 giorni (in caso di quarantena)
  • un’indennità post ricovero pari a 1.500 € nel periodo assicurativo, nel caso in cui sia stato necessario ricorrere alla terapia intensiva

Queste misure non si estendono al nucleo familiare e non sono cumulabili.

Poi ha previsto il riconoscimento di non meglio precisate prestazioni assistenziali straordinarie erogate direttamente dalla Cassa. Sempre per chi ha contratto il Coronavirus. In questo caso le prestazioni sono estese anche a pensionati e superstiti dell’iscritto che sono stati ricoverati in una struttura sanitaria oppure posti in isolamento sanitario obbligatorio.

In caso di decesso dell’iscritto sarà riconosciuto il contributo al coniuge o ai figli conviventi. Questi contributi saranno erogati dalla Giunta Esecutiva sulla base delle domande pervenute e di criteri che terranno conto della gravità delle diverse situazioni (quando vogliono sanno tener conto delle differenze, eh?).

Per tutti gli altri ha previsto solo contributi per l’acquisto di:

  • strumenti informatici avvenuto nel periodo 2019 – 2020
  • rimborso di costi relativi all’attività professionale per il periodo febbraio / aprile 2020 (sono esclusi quelli che hanno avuto i 600 euro)

Infine ha previsto un contributo per gli Ordini Forensi appartenenti alle dieci provincie più colpite dai contagi da Covid-19 alla data del 3 maggio 2020.

E’ curioso osservare che la Cassa Forense è quella che, nel 2019, ha chiuso il bilancio con un utile di 915 milioni di euro e un patrimonio netto che supera gli 11 miliardi di euro. Come si dice dalle mie parti, più so’ ricchi e più so’ tirchi. Anche considerando che gli avvocati non riescono ancora a tornare in piena attività a causa dei blocchi in numerosi tribunali e del braccio di ferro con dipendenti e funzionari della giustizia. Quindi per questa categoria si poteva fare un po’ di più.

CIPAG (Cassa geometri)

Ha sospeso il pagamento dei contributi fino a maggio. Dal punto di vista dell’assistenza sanitaria, ha introdotto ulteriori coperture sanitarie rispetto a quelle già vigenti, che prevedono indennità in caso di ricovero, isolamento domiciliare o degenza per chi ha contratto il Covid-19. Sempre i contagiati possono richiedere un importo comprensivo tra i 1.000 e i 10.000 €, in base alla gravità dell’evento.

E gli altri? Possono richiedere solo un accesso al microcredito, però devono essere in regola con il pagamento dei contributi.

Va detto che la Cassa geometri è quella più esosa, che chiede una contribuzione maggiore. Ciò che emerge da questo documento, pubblicato sul sito del Parlamento.

CNPADC (Cassa dei dottori commercialisti)

Ha sospeso il pagamento dei contributi fino al 31 ottobre 2020.

Per aiutare gli iscritti che pagano il canone di affitto del proprio studio, prevede un contributo fino ad un massimo di 1000 € e per chi fa redditi massimi di 50.000 €.

Ha previsto alcune misure per operazioni di finanziamento dei propri iscritti, nonché convenzioni bancarie e una polizza sanitaria gratuita, applicabile a chi ha contratto il Covid-19.

ENPAB (Cassa dei Biologi)

Ha sospeso il pagamento dei contributi, fino al 30 giugno 2020. Il CdA dell’Enpab, nella seduta del 10 aprile, ha stabilito una decisione di principio per cui ha messo a disposizione più di 700.000 euro per azioni di sostegno ai professionisti iscritti in considerazione delle criticità legate alla crisi del lavoro da Covid-19. Di più non ci è dato sapere.

ENPACL (Cassa dei consulenti del lavoro)

Ha sospeso il pagamento dei contributi fino a settembre 2020 (fino a dicembre solo per gli iscritti che operano nella ex zona rossa). Per gli iscritti che utilizzano la ENPACL Card, hanno previsto forme di rientro del debito più morbide.

Inoltre l’Ente ha sottoscritto una copertura collettiva in caso di decesso, con la Compagnia Cattolica assicurazioni. con decorrenza 1 aprile 2020 e senza oneri per gli interessati. Per gli iscritti che hanno subito un periodo di quarantena o isolamento, l’Ente riconosce un bonus di 3.000 euro, che può arrivare a 10.000 euro nel caso di ricovero in strutture ospedaliere.

Per tutti gli altri ha previsto solo forme di accesso al credito a tassi agevolati.

ENPAF  (Ente Nazionale di Previdenza ed Assistenza Farmacisti)

Non ho trovato info sulla sospensione dei contributi.

La Cassa dei farmacisti ha messo in atto una serie di azioni a tutela dei propri iscritti, dal punto di vista sanitario. Ha previsto un contributo di:

  • 200 € per ogni giorno di ricovero
  • 100 € per ogni giorno di isolamento obbligatorio domiciliare o presso una struttura dedicata
  • 11.000 € in caso di decesso legato al Covid-19

Se l’iscritto ha dovuto chiudere la farmacia in seguito al contagio, gli sono riconosciute 400 € per ogni giornata di chiusura. Non chiede alcuna condizione reddituale. Il contributo è valido per tutti, sia a basso che ad alto reddito.

Tutti i contributi sono cumulabili.

ENPAIA (Ente Nazionale di Previdenza per gli Addetti e per gli Impiegati in Agricoltura)

Ha sospeso il pagamento dei contributi fino al 30 settembre 2020. E’ possibile rateizzare i contributi scaduti. Per i Periti Agrari e gli Agrotecnici la sospensione vale fino al 15 Gennaio 2021. Possono beneficiare della sospensione tutti gli iscritti, anche quelli ad alto reddito.

Non sono previste altre misure di sostegno al reddito.

ENPAM (Cassa Medici)

A parte il bonus di 1000 € (modulato in base alle aliquote contributive) valido per tutti gli iscritti di cui ho parlato poc’anzi, non pare abbia previsto altro. Da questa pagina si evince che le misure poste in essere dalla Cassa dei Medici siano quelle predisposte dal Decreto Cura Italia.

ENPAP (Ente Nazionale di Previdenza ed Assistenza per gli Psicologi)

Ha sospeso il pagamento dei contributi fino al 31 dicembre 2020. Per gli iscritti colpiti dal Covid-19, ha previsto un’indennità di malattia, che però non si sa a quanto ammonti. La possono richiedere anche gli iscritti non in regola con il pagamento dei contributi.

In caso di stato di bisogno dal punto di vista economico, l’Ente ha predisposto un contributo massimo di 10.000 €, modulabile in base ai singoli casi. Al fondo possono accedere tutti gli iscritti, previa esibizione della certificazione reddituale. Devono però essere in regola col pagamento contributivo.

Enpav (Ente Nazionale di Previdenza ed Assistenza Veterinari)

Ha sospeso il pagamento dei contributi fino al 31 maggio 2020. Ha previsto questi bonus:

  • 4000 € per chi è stato ricoverato per positività al Covid–19 in terapia intensiva
  • 2000 € per chi è stato ricoverato per positività al Covid–19, ma non in terapia intensiva
  • 1000 € per i liberi professionisti a cui siano stati prescritti l’isolamento domiciliare obbligatorio o la quarantena.

EPAP (Cassa Dottori Agronomi, Forestali, Attuari, Chimici, Geologi)

Ha sospeso il pagamento dei contributi fino al 30 giugno 2020, con possibilità di rateizzarli, insieme a quelli pregressi. Ha previsto un bonus una-tantum per gli iscritti e i propri familiari che abbiano subito effetti dal contagio del Covid-19:

  • 5.000 € in caso di decesso
  • 2.500 € in caso di ricovero
  • 1.000 € in caso di quarantena obbligatoria

A questi contributi si può cumulare un contributo giornaliero di ricovero pari a 35 €.

Infine ha stipulato un accordo con la BPS per sospendere i mutui, i prestiti e i finanziamenti degli iscritti clienti di quella banca.

EPPI (Cassa Periti Industriali)

Ha sospeso il pagamento dei contributi fino al 15 novembre 2020. In caso di contagio dell’iscritto, pensionato (anche non in attività) o familiari, sono riconosciuti questi bonus una-tantum:

  • 5.000 € in caso di decesso
  • 4.000 € in caso di ricovero in terapia intensiva
  • 3.000 € in caso di ricovero
  • 2.000 € in caso di quarantena obbligatoria

Non sono previsti strumenti eccezionali di sostegno al reddito.

INARCASSA (Cassa Ingegneri e Architetti)

Ha sospeso il pagamento dei contributi fino al 31 luglio 2020. In caso di contagio dell’iscritto, pensionato (anche non in attività) o familiari, sono riconosciuti questi bonus una-tantum (si prescinde dalla regolarità contributiva):

  • 5.000 € in caso di decesso
  • 3.000 € in caso di ricovero
  • 1.500 € in caso di positività

Ha previsto dei prestiti straordinari per gli iscritti e una copertura sanitaria gratuita, ma solo per gli iscritti colpiti dal Covid-19.

INPGI (Cassa Giornalisti e Liberi Professionisti)

Ha sospeso il pagamento dei contributi fino al 31 marzo 2020. A parte il bonus governativo di 600 €, non pare abbia intrapreso altre forme di sostegno agli iscritti.

ENPAPI (Cassa Infermieri, Assistenti Sanitari e Vigilatrici d’Infanzia)

Ha sospeso il pagamento dei contributi fino al 30 maggio 2020. A parte il bonus governativo di 600 €, non pare abbia intrapreso altre forme di sostegno agli iscritti.

Nel caso ci siano inesattezze nell’esposizione delle misure intraprese dalle Casse previdenziali private, vi prego di segnalarlo nei commenti.

1 commento su “Professionisti in Italia. Ordini e autocritica assente”

  1. sono un geometra e posso confermare tutto quello che hai detto nell articolo . secondo me il problema sono le casse e gli ordini professionali e fin quando non si prendera’ atto che sono una casta non si risolvera’ mai niente .

    Rispondi

Lascia un commento