La strategia della sanzione

Con la sanzione amministrative da 400 a 3000 € per l’inosservanza delle misure urgenti contenute nel DPCM 9 marzo 2020 (e successive proroghe) s’intende punire chiunque effettui spostamenti (se con un veicolo, l’importo  minimo è aumentato) per motivi diversi da quelli contenuti nel decreto (spesa, acquisto di medicinali, motivi di salute o di lavoro). Poi i motivi sono stati allargati ad altre fattispecie (uscire col cane, fare passeggiate intorno alla propria abitazione, ecc.), ma pare che le forze dell’ordine a volte siano eccessivamente rigide nel contestare le violazioni. E’ davvero colpa loro? O si tratta di una sottile tattica politica? E come s’innesta l’utilizzo dell’App Immuni in tutto ciò?

Un mio amico, di professione barista, oggi disoccupato perché costretto a tenere chiuso il bar, l’altro giorno si stava recando in ferramenta per comprare un barattolo di vernice. Dato che al momento sta fermo, voleva approfittarne per ridipingere le grate arrugginite della sua casa e fare altri lavori che prontamente trascurava a causa del lavoro.

Lo hanno fermato i carabinieri, dopo essere uscito dalla ferramenta. Ha mostrato loro lo scontrino dicendo: “sono uscito solo per questo. Me ne sto tornando a casa”. Niente, sono stati irremovibili, gli hanno fatto 400 euro di multa. Lui, ovviamente, ha replicato dicendo: “se le ferramenta sono aperte, vuol dire che loro possono vendere e quindi è legittimo che io posso uscire di casa a comprare”. I carabinieri gli hanno risposto che non è una valida motivazione, perché non si tratta di un acquisto di necessità. “Ma come?” ha replicato l’amico “allora che stanno aperte a fare le ferramenta?”. In effetti non ha tutti i torti. Se un negozio sta aperto è perché deve vendere. Se l’amico è uscito da solo, con la mascherina e ha rispettato le distanze di sicurezza, non vedo il motivo per cui sanzionarlo. Lo dice pure il Governo, nelle FAQ che chiariscono quali spostamenti si possono fare e quali no.

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A Livorno la polizia statale ha fermato una famiglia di Grosseto, che stava portando la bimba leucemica ad una visita di controllo a Pisa. Nonostante l’evidente motivo di salute la sanzione è stata fatta. I genitori hanno spiegato il motivo per cui son dovuti andare tutti insieme e hanno illustrato le ragioni di necessità, ma niente, non c’è stato verso. La storia ha però fatto tanto scalpore da costringere il prefetto ad annullare la sanzione.

Due medici ospedalieri salentini, a fine turno (e sappiamo cosa vuol dire oggi lavorare in un ospedale), si stavano recando a fare la spesa. I carabinieri li hanno fermati e sanzionati. I dottori si sono poi rivolti ad una testata giornalistica locale per denunciare il fatto, aggiungendo che – a causa del fermo – hanno pure trovato il supermercato chiuso (oltre il danno pure la beffa). 

A Roma un signore si stava recando a comprare dei prodotti biologici. E’ stato sanzionato, nonostante avesse prontamente documentato la necessità di andare proprio in quello specifico punto vendita. I carabinieri gli hanno detto “questa volta passi”, quasi come fosse un favore. Ma lui, consapevole di essere nel giusto, ha preteso la sanzione, promettendo ricorso.

Nello stesso articolo appena linkato è anche contenuta la storia di un torinese, rider di Glovo, la nota app di consegne food. Sanzionato perché privo di giustificazione, in quanto l’app cancella la prova di consegna subito dopo essere stata fatta (per presunti motivi di privacy). Mancando la prova che il rider stava lavorando (nonostante fossero evidenti, su di lui e sulla bici, i marchi dell’app) i vigili urbani gli hanno comminato una sanzione di 4000 €. Il reddito di più di un anno di sfruttamento.

A Livorno una signora di 65 anni è stata sanzionata dai carabinieri perché portava del cibo ai gatti, nonostante una delle tante deroghe al DPCM sopra menzionato prevedesse anche questa fattispecie. 

Una coppia di Viterbo è stata sanzionata per aver comprato le uova di Pasqua ai bambini. Solo la moglie è entrata nell’ipermercato, mentre il marito attendeva fuori. Non è bastato per fargli comminare una sanzione di 535,00 €

Di 373,00 € è stata la sanzione ad un signore di Villa Minozzo (Reggio Emilia) per aver comprato il giornale, nonostante lo stesso premier Conte, più volte, ha diffuso tramite i media la notizia che l’informazione è una delle condizioni di necessità per cui è consentito uscire. Insomma, comprare il giornale è possibile, c’è anche scritto nero su bianco sul sito del Governo. Eppure la multa c’è stata lo stesso.

Un bancario di Imperia, separato dalla moglie, è stato multato di 535,00 € dai carabinieri per essere andato a vedere il figlio quindicenne. Gli agenti non hanno ritenuto, questa, una motivazione valida. Eppure sul sito del governo c’è scritto tutt’altro. 

E’ nota la vicenda del bagnante di Mondello (Palermo), moderno picaro, collezionista di multe e convinto sostenitore della libertà di prendere il sole da solo, senza pericoli di contagio. Meno nota, ma dai medesimi contorni, quella dell’ingegnere riminese, multato 12 volte, tutte al mare.

Sempre in tema mare, un ragazzo è stato sanzionato perché si trovava a San Cataldo (marina leccese), però a soli 2 km da casa, con cane a spasso e in una località praticamente deserta. 

Stamattina Repubblica ha fatto un resoconto delle sanzioni più “crudeli”, oltre a quelle già elencate, raccontando anche la storia di Federica Torti, presentatrice tv, che s’è vista comminare la sanzione perché andava a fare la spesa in tuta e scarpe da ginnastica. Il detto due indizi fanno una prova è stato diligentemente applicato dalle forze dell’ordine, interpretando il dress code della donna come idoneo univocamente ad una corsetta, forse nella convinzione che a fare la spesa si debba andare in tenuta casual e tacchi moderati. Anche la storia della fedele di Pozzuoli, entrata da sola in una chiesa deserta per pregare e poi sanzionata ha fatto scalpore, dato che sul già più volte menzionato sito del Governo c’è scritto a chiare lettere che l’accesso in chiesa è consentito. 

Peccato che lo stesso articolo di Repubblica, dove con malcelata ironia sono state presentate queste storie assurde di gente sanzionata ingiustamente, sia stata – con altrettanta malcelata imperizia – passata un’informazione errata, ossia che il 5% della popolazione italiana ha avuto una sanzione. In realtà è lo 0,46% e non sono convinto che si sia trattato di un errore. Nonostante la martellante campagna autocelebrativa dei media mainstream che invita la popolazione ad affidarsi solo all’informazione vera, professionale, ci si scorda di controllare le fonti ufficiali. Oppure si tratta, più banalmente, di un puerile tentativo di alzare la posta e preparare la strada per quello che verrà (e che vedremo tra poco).

La strategia della sanzione

Se guardiamo queste notizie con gli occhiali dell’informazione ufficiale, siamo tentati da un lato a provare compassione per quelle povere persone, ingiustamente multate (è il caso, per esempio, della bimba di Grosseto). In questo caso il potere si rende conto d’aver esagerato e si autocorregge. Ma si tratta di pochi casi, isolati. Dall’altro lato le nostre coscienze sono plasmate nel senso di provare disprezzo verso quegli italiani indisciplinati, scorretti, che col loro comportamento mettono in serio rischio la salute pubblica. E quindi cosa si ottiene? Una guerra tra poveri, una caccia all’untore, un’occasione da dare ai media per ingigantire la faccenda e ricamarci settimane di notizie, di dibattiti, di opinionisti sguinzagliati, che sfoderano le proprie teorie antropologiche sull’italiano medio, la sua disobbedienza e italica scaltrezza. 

Ma guardando a queste notizie con uno sguardo più critico, sorgono due interrogativi. Prima di farli, però, occorre una premessa.

Gli abusi di potere non sono frequenti

Nella normalità gli agenti di polizia, siano essi statali o locali, abusano raramente dello strumento della sanzione amministrativa, per tutta una serie di ragioni. La prima delle quali è la paura del ricorso gerarchico. In caso di numerosi ricorsi, vittoriosi da parte dei cittadini, possono scattare anche provvedimenti disciplinari nei confronti degli agenti accertatori e meccanismi penalizzanti interni nei confronti dei rispettivi uffici e servizi. In altre parole, se l’agente abusa del suo potere, e se il Prefetto se ne accorge, ci possono essere problemi sia per lui sia per il suo superiore sia, in generale, per l’amministrazione a cui appartiene. Ciò avviene più di frequente in caso di sanzioni elevate, dove il gioco del ricorso vale la candela.

Detto ciò mi chiedo come mai in questo periodo di gran confusione, gli agenti siano portati, invece, ad abusare del proprio potere (quando invece dovrebbero essere più cauti) ed emettere verbali d’accertamento anche in casi dubbi e anche di fronte a casi di evidenti spostamenti legittimi.

Sarà un abuso da parte del singolo agente? Non credo, visto che i casi elencati (e tanti altri che per ragioni di spazio non ho elencato) avvengono un po’ su tutto il territorio nazionale e da parte di tutti i corpi (polizia locale, carabinieri, polizia di stato). Allora si tratterà di una cattiva interpretazione delle norme? Certo, il tira e molla su cosa si può fare e cosa no, non ha aiutato gli interpreti del diritto a fornire i giusti strumenti agli agenti applicatori del diritto. Ma, come già detto, il sito del Governo offre una serie di FAQ che sciolgono i dubbi interpretativi. Quindi credo che – anche se di fretta – gli agenti siano stati formati sul punto. 

A questo punto ne deduco che – forse – c’è una precisa volontà politica di imporre alle forze dell’ordine di sanzionare quanto più possibile e di non preoccuparsi dei ricorsi. Tanto i ricorsi vinti non hanno efficacia mediatica, le sanzioni sì. Poi, in caso di grossolani errori, rimbalzati sui media, ci penserà il Prefetto ad autoannullare la sanzione e a scusarsi pubblicamente, così rafforzando l’immagine del Governo. Perché sai, siamo umani, il periodo è difficile e si può sbagliare, però siamo bravi, riconosciamo l’errore e tante scuse. 

A parte questi rari casi, presumo che l’obiettivo sia quello di aumentare il numero dei sanzionati, per prepararsi la strada verso un j’accuse nei confronti dell’italiano indisciplinato, untore, cattivo che – in caso di aumento delle infezioni durante la fase 2 – sarà l’unico responsabile. Dare una colpa generica all’italiano medio equivale a scagionare del tutto i responsabili di colpe specifiche. 

In quest’articolo ho evidenziato le finalità, volte a scaricare le responsabilità sull’italiano medio, lasciando immuni i veri responsabili. Qui mi voglio concentrare non tanto sulle finalità, quanto sulla metodologia.

Quindi la sanzione è uno strumento, ma è fallace. Primo perché ci sono pochi agenti in giro, sono quelli che sono e non possono controllare tutta la popolazione. Secondo perché, anche sanzionando h24 7/7, non ce la faranno mai ad ottenere un numero significativo di irresponsabili per poter poi dare corpo alla strategia. Serve qualcos’altro. 

L’App Immuni

L’App, di prossima pubblicazione, è uno strumento finalizzato a tracciare i movimenti delle persone e le distanze sociali. Sarà su base volontaria (ossia non c’è obbligo di installarla) e privacy-friendly. L’obiettivo dell’app è di facilitare la realizzazione della fase 2, ossia la riapertura graduale delle attività finora chiuse e il ritorno ad una libera circolazione della gente, libera ma controllata.

C’è chi vede in quest’app un tentativo di controllare gli spostamenti e violare la privacy degli utenti. In realtà è il secondo strumento della strategia.

Le critiche all’app

Quest’app viene vista da molti come un tentativo di controllare gli spostamenti delle persone e, quindi, influenzare le libertà individuali. Ecco perché in Europa si è subito messo in chiaro che, in caso di utilizzo di strumenti di controllo da parte dei paesi membri, non ci sarà alcuna violazione della privacy e le mappature saranno localizzate tramite bluetooth e non tramite gps o altri metodi di riconoscimento personale. Inoltre i dati personali immessi saranno volontari e l’individuazione del soggetto avverrà mediante un codice univoco temporaneo.

Altre critiche sono andate all’azienda sviluppatrice dell’app, dove compaiono come soci di minoranza tre figli di Berlusconi, oltre a Mediobanca. C’è chi ha visto di cattivo occhio il fatto che un’azienda privata abbia ceduto il codice sorgente dell’app gratuitamente, senza tornaconti. Son tutte critiche giuste, anche perché presumo che i proventi all’azienda arriveranno dagli ormai immancabili annunci in app (detto in soldoni: pubblicità) e, se così non fosse, il database sarà, in qualche modo, merce di scambio.

Ma non è questo il punto.

Tracciare e incolpare

Uno degli obiettivi dell’app è di ottenere un numero cospicuo di download. Se lo scaricano, per esempio, 20 milioni di italiani, si avrà un discreto campione di utilizzatori. E così si potranno tracciare gli spostamenti di un buon numero di persone.

Questo è, più o meno, quello che pensano: Chi se ne frega dei dati personali, non ci importano. Noi vogliamo solo sapere dove va la gente, quanto è vicina ad altra gente, che percorsi fa tutti i giorni. Quando avremo raccolto un buon numero di spostamenti (di prove insomma) e se dovesse nascere l’esigenza, diremo, tramite i media: “oh, guardate che la colpa dell’aumento dei contagiati è degli italiani che si sono spostati troppo, che sono stati troppo ravvicinati” Lo provano le sanzioni e l’app lo dimostra su un numero elevato di utenti. Si dirà così tanto e così tante volte, che tutti ci crederanno e diranno: “qua la colpa è degli indisciplinati!”.

Gli industriali, che continuano a far lavorare in fabbrica i dipendenti a stretto contatto e spesso senza protezioni individuali. O i corrieri che mandano in giro i driver. O le società di servizi che fanno girare h24 i rider per le città, insomma, gli esponenti della classe borghese, i padroni, si sfregheranno le mani, perché nella caccia all’untore loro non ci entreranno. Complici i media mainstream, che non ne parleranno. E la politica, che farà altre norme per limitare gli spostamenti (su indicazione di Confindustria). Perché ricordiamocelo sempre, media, politica, istituzioni, leggi, sono solo sovrastrutture, espressione della struttura. Quale? Del capitale, ovvio. E la colpa, qua – penso si sia capito – non è dell’untore italiano medio, ma del capitalista che costringe i lavoratori ad uscire di casa. Anche quando non è strettamente necessario. Perché il capitalista non se n’è mai fregato della salute della gente, ma – lo dice la parola stessa – solo dell’accumulo di capitale. A scapito mio, tuo e dell’italiano medio.

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