Il 28 marzo 1930 nacque a Parigi Amelia Rosselli, poetessa, musicista, musicologa, sceneggiatrice teatrale e attivista politica.
Il suo nome è legato, direttamente o indirettamente, a grandi nomi della politica e della cultura italiana e la sua biografia (ben scritta qui) ha alcuni tratti simili a quella di Alda Merini. Come accadde ad Alda, anche ad Amelia furono diagnosticati disturbi psichici ed entrambe hanno dato la vita alla poesia, patendo disagi economici.
La poetica di Amelia Rosselli è fortemente caratterizzata dalla ricerca del rapporto tra parole e musica, anche folklorica (merito di Scotellaro), nonché nuove forme metriche (odiava il verso libero, ma non voleva nemmeno tornare alla metrica tradizionale), impegno a raccontare il reale e denuncia sociale. Era appassionata e studiosa di musica, suonava numerosi strumenti e per tutta la vita ha ricercato la musica nella poesia e viceversa. Si dice che quando fu internata, per un breve periodo, in una casa di cura, cercò di inventare una sorta di macchina da scrivere che ad ogni lettera emettesse un suono.
Sin dall’infanzia era trilingue. La madre era inglese, ma la costringeva a parlare italiano in famiglia. Però con le bambinaie doveva parlare in inglese, mentre a scuola studiava il francese. Questo le consentì, da adulta, di assimilare i grandi poeti della lingua inglese (Joyce, Eliot, Yeats, Frost), sperimentare commistioni linguistiche e scrivere sia in italiano che in inglese. Non perse mai, nemmeno da adulta, quella curiosa inflessione linguistica mista a italiano, inglese e francese, che la caratterizzava.
Il padre, il celebre Carlo Rosselli, fu antifascista e amico di Pertini e Turati, con cui fondò il movimento politico Giustizia e Libertà, in cui militò pure Carlo Levi, dal 1931.
Il padre di Amelia fu mandato al confino a Lipari, per poi essere ucciso dai fascisti, insieme allo zio, in Francia, quando lei aveva 7 anni. Fu costretta a migrare continuamente tra Italia, Francia e Svizzera, per evitare le persecuzioni. In più la madre soffriva di problemi cardiaci e morì nel 1949, quando Amelia aveva 19 anni.
Nonostante le importanti parentele (era cugina di Alberto Moravia) e la sua bravura artistica, che la portò a frequentare i salotti culturali romani, passò quasi tutta la vita nella precarietà economica e provava una certa insofferenza nei riguardi della borghesia intellettuale, che lei interpretava come finta, irreale e narcisistica.
Amelia Rosselli, Rocco Scotellaro e Carlo Levi
Decisiva, per la sua maturità artistica e le concezioni politiche, fu la conoscenza di Rocco Scotellaro, il sindaco poeta di Tricarico (MT), che guidò le rivolte contadine per la redistribuzione delle terre. Con lui ebbe una profonda e intensa amicizia, fino alla morte di Rocco, nel 1953, dopo un periodo di ingiusta detenzione a causa delle sue lotte meridionaliste.
A lui dedicò, quell’anno, questa struggente poesia cantilenata, la cui struttura metrica riporta alla mente i canti funebri delle prèfiche.
Dopo che la luna fu immediatamente calata
ti presi tra le braccia, morto
Un Cristo piccolino
a cui m’inchino
non crocefisso ma dolcemente abbandonato
disincantato
Bologna perché t’ho in mente
cosa c’entri
città scadente
cattedrale che dubiti
non c’è chiesa a Matera
monte roccione con la porticina
Sventolo la bandiera e grido
Quanti puttini
sui gironi e
tu puttanone
Mi sforzo sull’orlo della strada
a pensarti senza vita
Non è possibile, chi l’ha inventata questa bugia
Come un lago nella memoria
i nostri incontri
come un’ombra appena
il tuo volto affilato
un’arpa la tua voce
e le mani suonano
tamburelli
Avanti io seppi t’eri spezzato
come un bastone d’oro
la costante prudenza
m’aveva fatta cieca
quasi ignara
e tu che mi musicavi attorno
Tu che sei addormentato
Comprendimi
Ed ora ti sollevi
lesto
e passi via sereno
fuori dalle mura della tua cittadella
Tu che chiarisci le via
La luna
balla
e sospira
per i campi
Rocco morto
terra straniera, l’avete avvolto male
i vostri lenzuoli sono senza ricami
Lo dovevate fare, il merletto della gentilezza!
Sposo nel cielo
ti ho tutto circondato
ma sei tu che comandi
e sono tua sposa d’infanzia
sposa trasparente
Voglio vivere a Matera
rotta spaziata gigantesca
non mi muovo
c’è l’amico morto ieri che tiene compagnia
più che voi città false
ti dubito
gobba sono
ti affidavi ad altri
Poi si gonfierà
il sacco delle lacrime
ma non si spillerà
lo metterò in un vasetto
greco-latino
me lo porterò a casa
trionfante elefante di pena
Bello eri ma troppo fino e troppo caro
bello eri ma troppo fino e troppo caro
ti debbo levar
ti debbo levar
e cercar
la pietra filosofale
Come te cavallo di campagna
sono imbronciata
ignorantissima
ignara
Erba lunga
spianata
per adombrare
terreno marcio
Tu salito nella bruma
ti vedo lontano che ti aggiri
consigliando
che ne è di me e di te ora dopo la morte
tu, sui colli
Ah buca della morte
ah fossa
che lo attendi
Si aprono gli orizzonti
ch’io veda
e possa intrecciare le dita
senza mestizia
Bologna città sciocca
scendetevi dai piedistalli
Si balla a Matera
Ahi piccola notte d’agosto
sei tornata a spezzarmi via la strada
bianca,
lucente
sotto la luna protettrice
E’ toccato a te
a soffiare le nuvole
portarle fino al vicinato
come un caldo lenzuolo
per noi tutti ammalati
E’ dovuto ad una varietà di ragioni
che tu ed io non ci si possa incontrare
fra l’altro le muraglie
I cieli gli spiriti
Lasciatemi
ho il battito al cuore
donna a cavallo di galli e di maiali
Rocco vestito di perla
come il grigiore dei colli vicino al tuo paese
mostrami la via che conduce
non so dove
nuovo anno
arrivi
teneramente
ossequioso
Nello stesso periodo conobbe anche Carlo Levi, con cui ebbe una relazione amorosa, nonostante la notevole differenza d’età.
Levi, torinese, amico e compagno di lotta del papà di Amelia, nonché di Rocco Scotellaro, fu confinato dal regime fascista prima a Grassano (MT), proprio a due passi da Tricarico e poi ad Aliano (MT). La concezione sul meridionalismo di Levi, che poi si riverserà in Cristo si è fermato a Eboli, fu, insieme all’impegno politico-poetico di Scotellaro, decisiva nella formazione artistica e politica di Amelia.
Iniziò, infatti, ad interessarsi alla questione meridionale e dedicarsi all’etnomusicologia. Grazie a questa nuova passione ebbe ripetuti contatti con Diego Carpitella, l’etnomusicologo che accompagnò Ernesto De Martino tra Basilicata e Puglia, nello studio dei miti e dei riti popolari (tra cui il tarantismo), negli anni Cinquanta. Inoltre s’impegnò politicamente nel PCI, iscrivendosi nel 1958 e chiedendo espressamente di effettuare attività di base, per non perdere il contatto con la militanza reale, ossia la classe operaia e contadina.
Amelia, Carmelo Bene e Pier Paolo Pasolini
Nello stesso anno collaborò con Carmelo Bene, con cui curò le musiche del celebre Pinocchio e di Majakovskij. In questa simpatica ed interessante intervista di fine anni Ottanta, Amelia Rosselli racconta il suo incontro poetico-musicale con Carmelo Bene e i lavori preparatori delle due rappresentazioni teatrali.
https://youtu.be/2gC4mK1Gi8U
Nel 1963, anche grazie alla celebrità del Pinocchio e all’interessamento di Bene, Amelia pubblicò, per la prima volta, le sue poesie. Di lei s’interessò Pier Paolo Pasolini, che la convinse, l’anno dopo, a pubblicare la sua seconda raccolta, Variazioni belliche.
Di seguito un paio delle sue poesie raccolte in Variazioni belliche.
la mia fresca urina spargo
tuoi piedi e il sole danza! danza! danza! – fuori
la finestra mai vorrà
chiudersi per chi non ha il ventre piatto. Sorridente l’analisi
si congiungerà – ma io danzo! danzo! – incolume perché
‘l sole danza, perché vita è muliebre sulle piantagioni
incolte se lo sai. Un ebete ebano si muoveva molto
cupido nella sua
fermezza: giro! giro! come tre grazie attorno al suo punto
d’oblio!
sereno il suolo mi rendeva
ogni cupidigia, serena la luna mi porgeva
le sue ansie tributarie. Ma se sereno il sole mi porgeva
la sua candela flaccida, allora sereno mi si porgevano
le ali del
nero vasomotorio dubbio del leone che tanto ingrandì che non più la
sua cellula potè fermarlo.
Successivamente pubblicò Serie ospedaliera (1969) e Documento (1966-1973), ma la raccolta per me più bella è quella di Impromptu (1981), probabilmente ispirata dagli incontri col Carpitella e incentrata sul rapporto tra linguaggio e musica. Amelia disse di averla scritta di getto, in un impeto di ispirazione. Ecco una delle poesie della raccolta.
Perdonatemi perdonatemi perdonatemi
vi amo, vi avrei amato, vi amo
ho per voi l’amore più sorpreso
più sorpreso che si possa immaginare.Vi amo vi venero e vi riverisco
vi ricerco in tutte le pinete
vi ritrovo in ogni cantuccio
ed è vostra le vita che ho perso.Perdendola vi ho compreso perdendola
vi ho sorpresi perdendola vi
ritrovo! L’altro lato della pineta
era così buio! solitario! rovinoso!Essere come voi non è così facile;
sembra ma non lo è sembra
cosa tanto facile essere con voi ma
cosa tanto facile non è.Vi amo vi amo vi amo
sono caduta nella rete del male
ho le mani sporcate d’inchiostro
per amarvi nel male.Cristo non ebbe così facile disegno
nella mente tesa al disinganno
Cristo ebbe con sé la spada e la guaina
io non ebbi alcuna sorpresa.Candore non v’è nei vostri occhi
benevolenza era tanto rara
scambiando pugni col mio maestro
ma v’avrei trovati.Vi amo? Vi amerei? Tante cose
nel cielo e nel prato ricordano
amore che fugge, che scappa
dietro le case.Dietro ogni facciata vedere quel
che mai avrei voluto sapere; dietro
ogni facciata vedere
quel che oggi non v’è.
Negli anni successivi Amelia pubblicò tanto, riprendendo in mano anche le vecchie poesie. Pubblicò Primi scritti 1952-1963 (1980), Appunti sparsi e persi (1966-1977) (1983), La libellula (1985), Antologia poetica (1987), Diario ottuso (1990), Sleep. Poesie in inglese (1992). Come la Merini, anche Amelia Rosselli aveva bisogno di pubblicare per poter guadagnare qualcosa e in un’intervista del 1987, disse che anche un poeta ha diritto a vivere, ma, sempre in quell’intervista, ribadì il ruolo di critica, di racconto della realtà, del reale collettivo, antidoto al consumismo, della poesia, che raramente coincide con la diffusione commerciale della produzione culturale.
Nel 1988 si recò in URSS spinta a chiedere asilo politico a Gorbaciov, per poi tornare in Italia, dove ottenne – a causa delle ristrettezze economiche – una piccola pensione riconosciuta dalla Legge Bacchelli, ancora in vigore, che prevede un fondo a favore di cittadini illustri che versano in stato di necessità.
Con quel piccolo vitalizio riuscì a vivere, in povertà, nella casa di via del Corallo a Roma, in cui si suicidò, gettandosi dalla finestra, l’11 febbraio del 1996. Sotto la sua finestra è stata apposta questa lapide, che la ricorda.
Il 16 febbraio, ai funerali presso la Casa della cultura di Trastevere, Biancamaria Frabotta disse: con Amelia se ne va l’ultima vittima di un secolo divoratore dei suoi poeti. Oggi è sepolta, insieme a John Keats, Carlo Emilio Gadda, Antonio Gramsci e tanti altri grandi personaggi, nel cimitero acattolico di Roma.