Ecco perché i gilet gialli sono destinati a fallire

gilet gialli francia

Il titolo un po’ provocatorio parte da una semplice considerazione che mi auguro di poter meglio sviluppare nel prosieguo dell’articolo, e cioè che quella dei gilet gialli, in Francia, è una forma di lotta spontanea, seppur in nuce auto organizzata, frammentata e priva di sintesi politica, ossia di quell’agire politico la cui base si ritrova in un’idea di fondo (o ideologia, seppur questo termine oggi sia stato triturato e svuotato del succo del suo significato), in un’obiettivo (seppur ideale), nella disciplina politica e in un’organizzazione (seppur rudimentale) in grado di analizzare la realtà, farsi portavoce di una classe e fare sintesi tra le diverse ed eterogenee idee di fondo che animano il malcontento popolare.

Malcontento che è stato inizialmente banalizzato dall’establishment e minimizzato dai media, successivamente additato come ferocia violenta e ingiustificata e, solo oggi, analizzato per quello che è: l’espressione istintiva di una ribellione dovuta alle condizioni di disagio e ingiustizia sociale che ha costretto gli individui ad autoorganizzarsi e a scendere in piazza per esprimere la propria avversione ad un sistema tardo capitalista e neo liberale che, riducendo i diritti e le libertà sociali, ha prodotto nel concreto quella disuguaglianza di cui si parla ormai da decenni.

Il motivo della lotta dei gilet gialli

Il motivo per cui molti francesi delle periferie (con ciò intendendo tutte le realtà sociali lontane dalla civiltà cittadina) hanno deciso di scendere in piazza ogni sabato, ormai da diversi mesi, è, come risaputo, la svolta ambientalista di Macron, il quale ha deciso un aumento consistente dei prezzi del carburante motivando la scelta col fatto che solo una minuta percentuale di parigini utilizza l’auto per gli spostamenti, preferendo i mezzi pubblici. Ma i parigini non rappresentano la totalità dei francesi e in questa scelta l’esecutivo non ha considerato quella moltitudine di gente che vive nei centri minori, nelle campagne e che non ha la possibilità di spostarsi se non con l’auto.

Ma c’è altro

In realtà ad essere messa sotto accusa non è solo la scelta di aumentare il prezzo del carburante, bensì tutta la politica economico-sociale di Macron il quale ha accordato privilegi economici ai ceti più abbienti facendo ricadere i costi sulla collettività. Quindi le varie forme di defiscalizzazione, l’abolizione della patrimoniale, insieme all’abolizione della tassazione progressiva sui redditi e a consistenti sgravi fiscali alle aziende, unita ad una situazione di precarietà del lavoro e di riduzione dei servizi alla collettività (sanità, scuola, ecc.) ha scatenato le prevedibili proteste dal basso. Ecco perché la scelta di non aumentare il prezzo della benzina (accordata da Macron con la speranza di svilire la protesta) non ha sortito gli effetti voluti e, anzi, ha ottenuto l’effetto contrario.

La politica liberista di Macron e le proteste dei gilet gialli

Il punto è che Macron non riesce a comprendere le ragioni della protesta perché lui oggi rappresenta la personificazione di quel liberismo globalista e tardo capitalista che attraverso la politica amplia le libertà individuali (illudendoci di essere progressisti) ma esautora le libertà e i diritti sociali, che è incapace di comprendere le esigenze dei ceti meno abbienti e soprattutto che appiattisce i ceti, le classi, i gruppi e tende a formare masse indistinte di gente, consumiste e, dunque, destinatarie di merci da consumare.

Ecco perché la gente, formata nel gentismo indistinto, senza più alcuna rappresentanza politica e con esigenze ben diverse e più articolate rispetto alla vecchia classe proletaria, si ribella ma la sua ribellione è istintiva, non coordinata, incapace di produrre frutti perché incapace di fare sintesi e trovare un’organizzazione e una prospettiva duratura e quindi destinata a fallire miseramente.

La cura è peggio del male

Sarebbe impossibile fare un paragone con la stagione socialista che ha coinvolto la classe proletaria sin dai primi del ‘900 come sarebbe storicamente fuorviante paragonare queste forme di protesta a quelle che portarono al rovesciamento della monarchia assoluta, sempre in Francia, alla fine del ‘700. Rispetto ad allora le carte si sono mescolate e la borghesia (da sempre sostenitrice del liberismo) si è liquefatta con la classe operaia, anch’essa mutata radicalmente, per mischiarsi con la classe contadina, diventata cittadina con il fenomeno delle migrazioni e per diventare piccola imprenditoria, anch’essa non più liberista, ma protezionista. In questo quadro di confusione e commistione dei ruoli (o, per dirla meglio, dei ceti) s’innesta quel movimento di antipolitica che in Italia, lo sappiamo, si è tramutato in forza politica, mentre in Francia si sta evidenziando oggi con le proteste di piazza. Del resto non stupisce che una delle richieste dei gilet gialli sia quella di istituire dei referendum di iniziativa dei cittadini, esattamente come vorrebbe fare il M5S in Italia, proprio per la sfiducia che la gente ripone nella democrazia rappresentativa vista, giova ribadirlo, come rappresentanza degli interessi economici internazionali e non come rappresentanza del popolo.

Del resto l’antipolitica, nel corso degli anni che stiamo vivendo, si è trasformata in nazionalismo (e non solo in Francia o in Italia, il fenomeno è chiaramente globale) il quale è il primo, vero, grande ostacolo al globalismo liberista.

I nazionalismi

Ma la cura – ahimè – è peggiore del male

Perché il protezionismo, che è alla base dei nazionalismi, è solo una grande truffa, una reazione di pancia ad un problema che invece andrebbe risolto con la testa, ossia con una lettura storica della realtà e con una riflessione politica capace di porsi in contrasto sia con il liberismo che con il nazionalismo. Una riflessione politica che non etichetti subito le proteste come eterodirette, fasciste o futili ma che le analizzi, perché se è vero che tra i gilet gialli serpeggiano gruppi di estrema destra è anche vero che le stantie etichette politiche ormai sono superate e la gente chiede una soluzione ai propri problemi, indipendentemente dal colore politico di chi gli manifesta accanto.

Dunque il protezionismo e i nazionalismi sembrano essere, per molti, la soluzione. Anche in Italia è accaduto lo stesso fenomeno, solo che, per ragioni storiche e culturali, non si è concretizzato subito in scontri di piazza organizzati e condivisi, come accaduto in Francia con i gilet gialli. Certamente il voto del 4 marzo ha favorito il raffreddamento della ribellione istintiva, ma non è sicuramente grazie al governo giallo-verde che in Italia abbiamo evitato gli scontri di piazza. Sono solo stati congelati.

Una cosa è certa. L’esperienza dei gilet gialli si replicherà in altri paesi europei, ma ogni volta sarà un fallimento, perché le ribellioni istintive non troveranno mai una concretezza operativa politica fin quando non si riuscirà ad analizzare la realtà storica e a canalizzare il malcontento in un organismo politico capace di interpretarla, di idealizzare un obiettivo e di raddrizzare le storture poste in essere dal liberismo e dal suo alter ego, il nazionalismo.

Come lucidare i fari dell’auto con 5 centesimi

lucidatura fari auto

La voglia di scrivere quest’articolo sulla lucidatura dei fari è partita da una mia esperienza personale e ho pensato di condividere con voi, miei quattro cari lettori, questa chicca di vita.

Tempo fa dovevo fare la revisione alla mia auto.

Quatto quatto vado dal meccanico autorizzato e gli lascio la macchina. Nemmeno il tempo di voltare l’angolo per andare al bar (avrei dovuto riprenderla dopo circa mezz’ora), mi chiama e mi dice: “senti barbù, qua la macchina non passa la revisione perché i fari sono troppo opachi”. “E che devo fare?” rispondo io tutto trafelato. “Niente, li devi far lucidare”. Ora, siccome nella mia vita non mi sono mai posto il problema della lucidatura dei fari dell’auto e siccome forse l’arguto meccanico era troppo zelante oppure troppo furbo, mi ha proposto di lucidarli lui per la modica cifra di 25,00 € a faro.

“Madò, 50 euro per lucidare i fari?”. Questo ho pensato mentre gli dicevo: “Aspetta, me la riprendo e la porto altrove”, fiutando inconsciamente l’imbroglio.

Al ché riprendo la macchina e mi dirigo tutto convinto presso il mio carrozziere di fiducia il quale si rende disponibile a lucidare i fari per la cifra più ragionevole di 10,00 € a faro.

Dopo poco meno di un’ora ritorno dal carrozziere e trovo la mia piccola auto tutta bella lucida, con i fari che sembrano nuovi.

“Wow” ho pensato “e chi se l’aspettava di avere fari così fighi?”.

Inutile dire che la macchina ha passato la revisione e che mi sono goduto i fari lucidi per qualche mese, poi, dovendo tenerla sempre parcheggiata fuori, tra caldo, freddo, pioggia e intemperie varie, i fari sono tornati immantinente opachi.

Un giorno, girovagando senza meta sui virtuali lidi di Facebook, mi sono imbattuto in un post del classico gruppo vendo-compro-scambio, in cui un tizio si proponeva come lucidatore di fari a domicilio per soli 15,00 € a faro. Lì ho pensato: “vabbè, 5,00 € in più rispetto al mio carrozziere, ma ci sta, dato che fa un servizio a domicilio”. I numerosi commenti di gente interessata mi hanno indotto a pensare di non essere il solo ad aver avuto l’annoso problema dei fari opacizzati.

Tra l’altro, non essendomi mai posto il problema, ho sempre immaginato che lucidare i fari voglia dire: smontarli, pulirli minuziosamente con chissà quale prodotto specifico e poi rimontarli. Insomma, una cifra che va da 10,00 a 15,00 € a faro (25,00 no, è un furto!) può sembrare ragionevole.

Poi l’altro giorno, sempre vagando tra l’eterea rete e zompettando tra un video e l’altro di YouTube, ho visto che c’è chi sostiene che i fari possano essere lucidati con la coca cola, bevanda che – stando ai tanti esperimenti in rete – funge per tutto tranne che per essere bevuta. Un altro video correlato, invece, sosteneva che i fari possano essere lucidati con il dentifricio.

Ora, siccome sono spilorcio e non ho voglia di spendere 2 euro e 20 per una bottiglia di coca-cola e ottenere un risultato incerto (ma poi sono anche un fiero boicottatore della zuccherosa bevanda) ho pensato che in fondo due dita di dentifricio non mandano in rovina nessuno. E così, armato di tovagliolo, dentifricio e tanta buona volontà, ho spalmato un poco di Mentadent sui fari della mia amata auto. Risultato? In una sola spalmata e in un risciacquo con acqua di rubinetto, sono tornati lucidi come quando l’ho comprata nuova-usata dall’autosalone sotto casa! E mentre risciacquavo e vedevo i dettagli dei filamenti della lampadina alogena, un brivido di piacere mi è scorso lungo la schiena, provocandomi un orgasmo manual-intellettuale che solo la visione di una bella…utilitaria nuova può compensare.

Dunque con circa 5 centesimi complessivi (calcolati a occhio) di dentifricio, tovagliolo e acqua, ho ottenuto lo stesso risultato che con 10,00 (15,00 o addirittura 25,00!) euro…però a faro.

Siccome fuori piove e ho un pessimo rapporto con le fotocamere, non ho voglia-tempo di fare la foto dei fari nuovi-nuovi. Ma vi posso assicurare che il risultato vi lascerà sbalorditi. Provare per credere.

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Lino Banfi all’UNESCO!

Lino Banfi UNESCO.

Lino Banfi è stato nominato dal Governo italiano come membro del Consiglio Direttivo della Commissione Nazionale Italiana per l’UNESCO.

Come stabilito dal Decreto n. 4195 del 24 maggio 2007, i membri vengono scelti discrezionalmente dai vari Ministeri nonché dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri e da Camera e Senato.

Dato il ruolo importante che ha la commissione nella salvaguardia, valorizzazione e promozione del Patrimonio Culturale e Scientifico italiano, i membri vengono solitamente scelti per alti meriti e riconoscimenti nel campo culturale e scientifico.

La Commissione Nazionale Italiana per l’UNESCO, difatti, istituita nel 1950, ha lo scopo di favorire la promozione, il collegamento, l’informazione, la consultazione e l’ esecuzione dei programmi UNESCO in Italia.

Cosa fa l’UNESCO?

UNESCO logo

In breve ecco cosa fa l’UNESCO:

  • promuove l’educazione e l’accesso ad un’istruzione di qualità come diritto umano fondamentale e come requisito essenziale per lo sviluppo della personalità;
    Costruisce la comprensione interculturale anche attraverso la protezione e la salvaguardia dei siti di eccezionale valore e bellezza iscritti nel Patrimonio Mondiale dell’Umanità;
  • Persegue la cooperazione scientifica per rafforzare i legami tra le nazioni e le società al fine di monitorare e prevenire le catastrofi ambientali e gestire le risorse idriche del pianeta;
  • Protegge la libertà di espressione come condizione essenziale per garantire la democrazia, lo sviluppo e la tutela della dignità umana.

Negli anni l’UNESCO ha dato vita a numerose convenzioni che si sono rivelate utili nella tutela del Patrimonio Culturale globale e nella salvaguardia della diversità culturale, materiale e immateriale. Basti ricordare le numerose Convenzioni che si sono susseguite dal 1954 ad oggi e che si trovano qui.

Dato dunque il ruolo delicato e tecnico che ha la Commissione e data la profonda preparazione culturale e politica dell’attuale classe governante, non stupisce la nomina di Lino Banfi, il quale certamente è un esponente altissimo della Cultura commediografica sexy degli anni ’70 e per chi è laureato all’Università della Vita è chiaramente un punto di riferimento indiscutibile.

Il programma di Lino Banfi all’UNESCO

Detto ciò sono riuscito ad ottenere la bozza del programma che Lino Banfi attuerà presso l’UNESCO e ve la posto in anteprima.

lino_banfi_unesco

  • Aggiornare la Convenzione per la salvaguardia del patrimonio culturale immateriale aggiungendo tutta la cinematografia sexy degli anni ’70, quale elemento imprescindibile per la formazione delle nuove generazioni;
  • Diffondere la cultura di “La soldatessa alle grandi manovre” presso ogni apparato militare internazionale;
  • Diffondere la cultura di “La liceale seduce i professori” e “la ripetente fa l’occhietto al preside” presso ogni istituto scolastico di ordine e grado;
  • Sostituire la dieta mediterranea (Patrimonio Unesco dal 2013) con la più salubre dieta composta da “Spaghetti a mezzanotte” e “Cornetti alla crema”;
  • Proporre l’inserimento nella World Heritage List dell’UNESCO i seguenti elementi culturali materiali: “Bar dello Sport” e “Grandi Magazzini”, in quanto elementi simbolici principali dell’attuale assetto culturale italiano;
  • Aggiungere all’elenco del Patrimonio Immateriale termini quali “madonnasantissimadell’incoroneta” e “occhi malocchio prezzemolo e finocchio” quali espressioni che le comunità, i gruppi e gli individui italici riconoscono in quanto parte del loro patrimonio culturale;
  • Inserire nell’elenco dei siti Patrimonio dell’Umanità Andria e Pomigliano d’Arco (ad adiuvandum) in quanto culla delle più alte espressioni politiche e culturali che l’Italia offre ai nostri giorni.
  • Sostituire tutte le formule scientifiche attualmente adottate dalla Comunità scientifica internazionale con questa formula: “Occhio, malocchio, prezzemolo e finocchio, ego me baptizzo contro il malocchio. [sputare nella vasca] E con il peperoncino e un po’ d’insaléta ti protegge la Madonna dell’Incoronéta; con l’olio, il sale, e l’aceto ti protegge la Madonna dello Sterpeto; corrrrrno di bue, latte screméto, proteggi questa chésa dall’innominéto.”

La realizzazione del programma di Banfi porterà sicuramente lustro all’Italia, che diverrà presto un faro per la Civiltà Occidentale quale espressione di superamento degli stantii e logori concetti scientifici e culturali ormai superati. Perché la Scienza e la Cultura sono cose noiose, mentre Banfi porterà alla Comunità internazionale un nuovo paradigma.

Certo vien da chiedersi come mai Lino Banfi nel 2013 dichiarò di voler votare per sempre Berlusconi “anche se uccide 122 persone” (ma pure Renzi andava bene) e oggi si dichiara grillino. Beh, come direbbe lui stesso “che chezzo me ne frega a me!”