Questo articolo sullo scontrino elettronico segue l’articolo sulla fattura elettronica che, ovviamente, è una cagata pazzesca.
Come tutti ben sappiamo, dal 1 luglio 2019 scatta l’obbligo di rilasciare lo scontrino elettronico, ma solo per chi ha un volume di affari superiore ai 400mila euro, mentre dal 1 gennaio 2020 l’obbligo verrà esteso a tutte le partite Iva, quindi anche ai piccoli operatori (commercianti, aziende agricole, professionisti, ecc.).
Al posto degli scontrini o delle ricevute fiscali cartacei o in pdf ci sarà l’invio, attraverso il sistema di interscambio dell’Agenzia delle Entrate, di tutti i corrispettivi giornalieri. Al cliente sarà rilasciata solo una ricevuta di cortesia, mentre quella fiscale andrà direttamente al SDI.
In altre parole, dato che l’obiettivo dello Stato è di fare quanta più cassa possibile, si è pensato di estendere il sistema della fatturazione elettronica (per cui siamo gli unici in Europa…) anche ai corrispettivi giornalieri, ciò per stanare tutti quegli operatori economici che operano in nero, anche parzialmente.
Ma perché non piace lo scontrino elettronico?
Lungi da me voler difendere chi lavora in nero, mi preme osservare che oggi, in Italia, operare in nero è fisiologico, ossia è una necessità, in altre parole è l’unico modo per non morire. In pratica se un’azienda non fa un po’ di nero, non campa. Non è questione di voler difendere l’evasione fiscale, ma è mera questione di sopravvivenza.
Oggi viviamo in un quadro neo-liberista, in cui una piccola azienda deve competere sul mercato globale con attività molto più strutturate, molto più finanziate e molto più grosse. Insomma, oggi una piccola azienda è un Davide contro Golia, solo che alla lunga non vince. Chiude.
Perché?
Perché si trova ad operare in un mercato in cui i consumatori chiedono la qualità, ma a prezzi ridotti e il mercato globale è pronto ad offrirli, dando l’illusione della qualità, attraverso martellante pubblicità. La società dei consumi ha creato consumatori incapaci e operatori astuti.
L’Italia offre un sistema fiscale che arriva al 70% di imposizione
In un paese in cui tutto costa di più, persino l’ADSL e che offre servizi pubblici a costi esorbitanti (prova a chiedere ad un’azienda quanto paga di IMU o di immondizia), il nostro piccolo imprenditore si scervella ogni giorno per ridurre i costi, nel mentre il suo concorrente, che magari è un’azienda transnazionale, finanziata da investitori globali (holding e grandi gruppi finanziari), entra nel suo stesso mercato e propone prodotti simili a prezzi più bassi. Talmente bassi da mandare in crisi il nostro piccolo imprenditore, che paga fino al 70% tra tasse e imposte, mentre i concorrenti arrivano a pagare lo 0,005% di imposte, per esempio in Irlanda.
Il nostro piccolo imprenditore che fa?
Taglia i costi: assume lavoratori in nero, compra materia prima dall’estero a prezzi più bassi, evade l’IVA. Lo fa perché è cattivo? No, perché deve, sennò muore. Ma l’azienda concorrente ha un asso nella manica: ha investitori che la finanziano e che sanno che l’azienda sta operando in perdita, ma la finanziano lo stesso perché sanno che non appena avrà sbaragliato tutta la concorrenza, sarà monopolista e potrà alzare i prezzi e fare grandi profitti. E’ ingiusto, vero? In un sistema politico-economico sano, queste pratiche verrebbero bandite, ma oggi sono permesse, anzi, sono addirittura incoraggiate dalle politiche nazionali.
Detto in altri termini, i nostri politici (Lega, M5S, PD, ecc.) se ne sbattono se un’azienda americana o cinese entra nel nostro mercato e danneggia i nostri produttori, se ne sbattono se questa ha gli stabilimenti in Sudafrica o in Colombia e paga una miseria i suoi lavoratori, se ne sbattono persino se paga le (poche) tasse in Lussemburgo o in Irlanda. Mentre fa la voce grossa con le aziende locali, impone un sistema fiscale iniquo e, in questo quadro, dice che deve far emergere il nero, attraverso la fattura e lo scontrino elettronico e intensificando i controlli. Insomma, è come nel medioevo, quando il vassallo imponeva al servo della gleba di dare la decima, anche durante una carestia, e se ne fregava se il raccolto era andato male. Solo che oggi è impossibile nascondere il raccolto quando va bene, poiché i flussi finanziari sono tutti tracciati.
Visto che è costretto ad inviare fatture e corrispettivi all’Agenzia delle Entrate, il nostro piccolo imprenditore si deve adeguare, inizia a dichiarare tutto e alla fine chiude. Non ci sono santi, non c’è ingegno che tenga: può ridurre i costi quanto vuole, ma alla fine è costretto a cedere.
Il sistema è finalizzato ad eliminare i piccoli
I nostri politici, che siano leghisti o pentastellati o piddini, cianciano sempre sulla necessità di tutelare il lavoro o il made in Italy o le piccole e medie imprese. Balle. La realtà è che sono asserviti ad un sistema neo-liberista che premia i grandi operatori, quelli che hanno la sede legale nei paradisi fiscali e gli stabilimenti nelle zone del globo a basso costo e a bassissima conflittualità sociale, dove possono sfruttare impunemente. Insomma, premiano chi non paga un centesimo di tasse e meno di un centesimo di lavoro. Mentre danneggiano chi, in Italia, paga il lavoro, le tasse (altissime) e i servizi (inesistenti). Ed ecco servita la concorrenza sleale. Anzi, la carneficina. Il nostro piccolo imprenditore lavora, lavora tanto, ma non ce la fa, perché non può competere con chi sfrutta tanto e paga poco.
Quale sarebbe la soluzione?
Non certo favorire il nero, né tantomeno imporre di dichiarare tutto in un sistema ad alta pressione fiscale, né, ovviamente, in un regime di concorrenza globale sleale. Volete una soluzione? Vanno tassati i profitti, specie di quelle aziende che operano in Italia ma hanno la sede legale nei paradisi fiscali. E vanno tassati pesantemente. Non lo faranno mai, è chiaro, perché questi politicanti da quattro soldi che (manco per sogno) ci rappresentano, sono schiavi di un sistema economico più grande di loro e fanno i bulli con i piccoli e i molli con i grandi.
Bulli e incompetenti. Ecco chi ci rappresenta, chi impone la fattura e lo scontrino elettronico ai piccoli, in un sistema ad alta pressione fiscale per chi ha sede e opera in Italia e offre gli stessi oneri a chi, invece, ha alti vantaggi fiscali perché opera qui ma ha sede all’estero. Prima gli italiani, disse quello che invece agli italiani, piccoli e indifesi, la butta nel culo.
Par di capire che tu sia un evasore
“capire”, che buffo termine in bocca a uno che non sa nemmeno leggere. Ciao cippa.