Un misero e stonato, ma realistico, componimento sulla condizione dei migranti che faticano per quattro soldi, ma con profonda dignità, rischiando la vita tutti i giorni, come la cronaca, purtroppo, spesso ci racconta. Il componimento è liberamente ispirato a storie vere.

Vago nella notte illune, unto di sudori

e grumi di pomodori appiccicati sulla pelle

su questa bici sgonfia come i miei desideri

di lavoro, casa e dignità.

Torno dai miei fratelli, stipati in lerci giacigli

di quell’umida, vecchia, masseria

che i figli di questa terra hanno abbandonato

e di cui non sanno neanche la via.

Ma io la conosco bene

e torno su strade buie e accidentate

tra auto che corrono veloci

e occhi fissi su schermi luminosi.

Io di luminoso possiedo una torcia a pile

che fioca m’illumina il viso di una luce atroce.

“Ma levati di torno!”

Grida un tizio dall’auto che mi sorpassa

e quasi m’avvolge tra le sue lamiere.

Io pedalo, lungo la via, lento e stanco

e nel cuore lesta m’assale malinconia.

Ricordi da bambino, le mani di mia madre

che dolce m’accarezzava in viso

e vegliava sul mio futuro

sognando per me lavoro, casa e dignità.

Laureato e con un bagaglio ricolmo di sogni,

due soldi in tasca, per i primi bisogni,

m’accolse il caldo agosto di terra pugliese

e il freddo sguardo del mio duro padrone.

Ora pedalo e sogno soltanto

lo scomodo giaciglio lercio

e sonno e riposo tra mosche e zanzare,

tra mille puzze di mille fatiche.

D’un tratto m’accascio.

Copioso esce il sangue dalle mie vene

il mio corpo geme, si duole e tormenta

mentre la mente, sveglia, s’accorge di loro.

“non ci ha visti nessuno, scappiamo!”.

Le auto scorrono veloci e sbadate

quasi urtando le mie membra sfregiate.

Poi quel caldo abbraccio

d’una sconosciuta passante

rammenta ricordi di madre

di quando m’accarezzava e diceva

“stai tranquillo”

e poi la voce concitata

“correte, veloci, un uomo è a terra!”.

e la corsa all’ospedale,

steso su quella barella

nel fragore di sirena tonante

la parola riecheggia come un suono

non m’ha chiamato migrante

m’ha chiamato uomo.

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