Partiamo subito da un presupposto. Le buche sulle strade sono l’unica cosa che accomuna l’Italia, da Nord a Sud, Isole comprese. Oddio, ci sono comuni virtuosi, dove la manutenzione del manto stradale si fa, ma sono così rari che io – automobilista incallito che girovaga per l’Italia in lungo e in largo – ho visto molto di rado. La realtà è che le buche sulle strade sono talmente patriottiche da essere l’unico – vero – elemento di comunanza tra – chessò – uno di Catanzaro e uno di Rivoli.

Insomma, le buche ci sono sempre state. Però oggi se ne parla abbondantemente, perché dopo le ultime incessanti piogge, il povero asfalto non ha retto e si sono aperte intere voragini. Certo, quella di Roma è eclatante, ma in tutta Italia si registrano lamentele più o meno colorite in base alle dimensioni delle buche. Vicino casa mia, per esempio, ce ne stanno diverse in cui presumo siano nate anche colonie di pesci, tant’è che mi è venuto il dubbio quando ho visto un simpatico vecchietto, in pensione, di mattina, con il classico cappello da pescatore, mettersi davanti alla buca con la canna da pesca e attendere pazientemente di catturare una trota.

Per non parlare delle povere gomme e sospensioni delle auto. Mi stupisce che i complottisti ancora non si siano sollevati contro la lobby dei gommisti a dar loro la colpa della formazione delle buche. Eppure basterebbe una fake-news costruita ad arte, in cui compare la lobby dei gommisti in combutta con Juncker e i tecnocrati europei, per ottenere migliaia di condivisioni e altrettanti click su pubblicità per ingrossare il pene. Ma vabbè, nessuno ci ha ancora pensato. L’avrei fatto io, se non fosse che la mia morale mi impone di evitarvi la pubblicità su questo blog (e per questo ancora nessuno dei miei 3 lettori quotidiani mi ha ringraziato! Ingrati!).

Comunque l’oggetto dell’articolo non è certo questo. Quello di cui vorrei parlare riguarda, invece, un aspetto normativo che – se applicato – avrebbe dovuto risolvere, almeno in parte, il problema delle buche. L’argomento è: dove sono finiti i soldi?

L’articolo 208 del Codice della Strada, rubricato “Proventi delle sanzioni amministrative pecuniarie”, stabilisce che i proventi delle sanzioni amministrative pecuniarie per violazioni previste dal codice sono devoluti allo Stato quando le sanzioni sono comminate da agenti statali (es. la polizia) e agli Enti locali quando sono comminate da agenti locali (es. i vigili urbani).

Lo Stato li dovrà utilizzare per finanziare il Piano Nazionale di Sicurezza Stradale (che comprende anche la manutenzione delle strade e della segnaletica), mentre gli Enti locali per diverse finalità, vincolando però una certa somma alla sicurezza stradale.

Infatti la norma precisa che gli Enti locali sono obbligati a devolvere il 50% dei proventi a interventi di sostituzione, di ammodernamento, di potenziamento, di messa a norma e di manutenzione della segnaletica delle strade di proprietà dell’ente, ma soprattutto (comma 4 lett. c), al miglioramento della sicurezza stradale, relative alla manutenzione delle strade di proprietà dell’ente, all’installazione, all’ammodernamento, al potenziamento, alla messa a norma e alla manutenzione delle barriere e alla sistemazione del manto stradale delle medesime strade.

Dunque i soldi delle multe dovrebbero andare – in parte – per la messa in sicurezza delle strade. Ma a quanto ammontano i proventi delle sanzioni? Non lo sappiamo, dato che ogni Comune inserisce in bilancio i proventi delle sanzioni spesso senza specificare il vincolo di destinazione, ma soprattutto non rispetta alla lettera l’obbligo normativo in quanto – come accade spesso – non è di facile interpretazione. Insomma, lo spirito della legge è chiaro, ma il dettaglio no. E quindi l’Ente che fa? Ne approfitta per evitarne l’applicazione. Chiaramente a scapito dei cittadini, perché se è vero che la ratio della norma è chiara, è anche vero che, mancando di elementi ferrei nell’applicazione, i Comuni fanno un po’ come cazzo gli pare e quindi mettono in bilancio i soldi provenienti dalle multe senza vincolarli a ciò per cui sono stati pensati: rendere la circolazione stradale più sicura.

In questo quadro di italica incertezza e stentorea interpretazione ad cazzum, una cosa è chiara: molti sindaci si parano il culo dicendo: “per rifare le strade non ci sono fondi”, oppure danno la colpa allo Stato perché ha tagliato i finanziamenti agli enti locali oppure si erigono a paladini dicendo: “è pronto un piano straordinario per rifare le strade, tutto merito nostro!”, quando poi, in realtà, i soldi ci sarebbero e sarebbero destinati per legge. Non sappiamo quanti, perché chiaramente il numero di multe dipende dalla dimensione e dalla politica di un Comune, ma ci sono. Sono vincolati. Peccato che nessuno li vincola. E quindi, come sempre, nonostante la legge che parla chiaro, dobbiamo sentirci rassegnati quando “non ci sono soldi” oppure fortunati e grati quando ci propinano i piani straordinari, frutto della personale bravura dell’amministratore di turno.

L’unica cosa certa in questo mare magnum di incertezze è una sola: Ogni buc’ è pertuso e ogni pertuso va chiuso! Saggezza popolare. Il nonno c’ha sempre ragione…

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3 Commenti

    • ciao, come stai? 🙂
      Ci credo, ci credo…infatti le buche sono l’unica cosa che ci accomuna tutti! E posso dirti che pure in città come Torino o nel nordissimo Veneto ci stanno zone che sembrano bombardate…per non parlare del Salento o della Basilicata…altro che buche, lì ci devi camminare col trattore! 😀

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