5 buoni motivi per evitare i centri commerciali

centri commerciali

Alzi la mano chi non hai mai fatto la spesa nei centri commerciali. Ok, ci siamo tutti. In effetti per molti di noi andare a fare la spesa in un centro commerciale spesso diventa il pretesto per farsi una passeggiata, soprattutto domenicale, cazzeggiare, incontrare gente, prendersi un caffè o un gelato e, tra un negozio e l’altro, spendere parte dello stipendio in cose più o meno utili.

Il vantaggio dei centri commerciali è che ci trovi tutto, e anche qualcosa in più. Quelli grandi e moderni, poi, hanno al loro interno negozi monomarca o negozi specializzati (in articoli sportivi, scarpe, abbigliamento, ecc.) che si trovano solo lì, e per questo spesso la visita al centro commerciale diventa una tappa obbligata. Alla fine ti ci abitui così tanto che ogni volta che ti serve qualcosa, non pensi di andare in qualche negozio in centro, magari vicino casa, ti fiondi direttamente al centro commerciale. Non è così?

Personalmente da giovane ci andavo pazzo. Un po’ perché il centro commerciale più vicino a casa mia (che distava circa 30 km) praticava prezzi particolarmente vantaggiosi rispetto al supermarket sotto casa e un po’ perché rappresentava una novità e una comodità assoluta: trovavi tutto, a prezzi vantaggiosi ed era comodo girare col carrello tra vari negozi, per non parlare del wi-fi gratuito, un’altra delle principali attrattive che mi spingeva ad andare lì ogni volta che potevo, in un periodo in cui internet in casa era un lusso per pochi.

Ma poi col tempo qualcosa è cambiato. Se da un lato sono diventato sempre più insofferente ai posti affollati, dall’altro ho consapevolizzato il fatto che ormai i centri commerciali non sono più quelli di una volta, non sono più convenienti, sono diventati fonte di stress (che aumenta con l’aumentare della gente), sono pericolosi per l’ambiente e, soprattutto, sono la prima causa della morìa del piccolo commercio, cioè l’anima dell’economia reale italiana.

Insomma, i motivi per evitare i centri commerciali ci sono. Ne elenco solo 5, quelli che per me sono i principali.

1. I centri commerciali creano ansia e fastidio soprattutto nei giorni prefestivi

folla ai centri commerciali

C’è una regola che pervade la mia vita in fatto di relazioni con il centro commerciale. Se da un lato so che andando lì troverò tutto quello che mi serve (o almeno l’illusione di trovarlo), dall’altro lato so che quando uscirò avrò sicuramente dimenticato qualcosa.

Senza una rigorosa lista della spesa, il rischio che corro ogni volta tra quegli immensi scaffali è di non sapere più di cosa ho bisogno e di prendere cose a casaccio.

In effetti, passeggiando per quei grandi spazi mi avranno nel frattempo rincoglionito tra migliaia di prodotti, offerte speciali, fastidiose luci fredde, il nervoso crescente nel non trovare subito quello che sto cercando e lo stress da folla di gente, che si attenua solo se ci vado nei giorni feriali o negli orari di minore affluenza. Cioè, se ho un lavoro con orari standard, praticamente mai.

L’ingresso

Lì iniziano le bestemmie sin dalla ricerca del parcheggio. Sì, perché appena varchi con la tua auto la soglia del centro commerciale, nei giorni prefestivi o in una qualsiasi domenica, ti accorgi di aver fatto un’enorme stronzata: dal cavalcavia già vedi i parcheggi pieni e preghi iddio affinché ti faccia trovare uno stallo libero vicino all’ingresso. Ovviamente non lo troverai e ti toccherà lasciare l’auto chissà dove, sperando di ricordarti l’impossibile combinazione di lettere e numeri che rappresentano le uniche coordinate per ritrovare la tua auto in quella sterminata radura di asfalto tutta uguale. Dopo 3 minuti di camminata verso l’ingresso ti starai già chiedendo: “ma il parcheggio era il B2 o il P9?”.

Il carrello

I guai non sono certo finiti. Perché è domenica e siamo in orario di punta, in un giorno in cui tutta la città pare essersi riversata nel centro commerciale e chiaramente non ci sono carrelli. L’unico che trovi è quello che tutti hanno snobbato, perché ha le ruote bloccate e fa un rumore così stridulo che ad ogni passo tutti si gireranno a guardarti, mentre inizi a sudare e già non vedi l’ora di andartene via.

Tra un “permesso” e un “mi scusi”, avrai già dato una pedata a un vecchietto e una gomitata ad una tizia che ti guarda con fare infastidito. E siamo solo all’inizio. Se non hai una lista, hai già dimenticato cosa prendere. Allora cerchi di fare in fretta, arraffando quello che ti capita a tiro. Ovviamente non guardi le scadenze dei prodotti, ma ti fai abbindolare dalle offerte. Rinunci anche a fare la fila in salumeria. Il numerino che hai preso ti anticipa che a te toccherà quando sarà ormai orario di chiusura. Meglio prendere gli affettati o i formaggi già imbustati, anche se sai che fanno schifo.

Il guanto per la frutta

guanti_frutta

Il peggio, però, non è passato, perché devi prendere la frutta. Lì inizia il bello, già quando proverai a indossare quell’immondo guanto in plastica sulla mano sudaticcia. Romperlo è un attimo e indossarlo una tortura.

L’Italia, chissà perché, è l’unico Paese in Europa che obbliga i supermercati ad avere i guanti in plastica per prendere la frutta, dandoti l’illusione dell’igiene. Quando, per anni (e ancora oggi) palpi la frutta dal fruttivendolo, senza l’obbligo del guanto, sai che mai nessuno ci è morto o ha preso strane malattie, ma se lo fai al supermercato rischi che qualche dipendente ti riprenda, magari sgridandoti ad alta voce, come si fa ad un bambino scoperto con le mani nella marmellata.

La fila in cassa

La fine della spesa segna l’inizio di una nuova fonte di stress: la fila alle casse. Proprio come la fila in autostrada, capiterà sempre di metterti in coda nella cassa che ti sembra meno affollata, ma in realtà, per qualche strano motivo, diventa più lenta di quella accanto, dove c’era più gente. Il cliente che ti precede avrà sicuramente un buono pasto da calcolare, un prodotto che non passa e che bisogna cambiare, oppure difficoltà a contare le monetine. Qualunque sia il motivo, chi dopo di te è andato alla cassa accanto starà già imbustando la roba, mentre tu, ticchettando nervosamente con le dita sul carrello, bestemmi cliente e cassiere che staranno discutendo allegramente infischiandosene di te e della tua fretta.

Certo, qualcuno mi dirà che ci sono le casse automatiche. Sì, solo che lì non ti rendi conto della fila, vedi solo un ammasso di gente, poi per forza di cose ti devi rivolgere al personale, o per una placca antitaccheggio da rimuovere, o perché hai i buoni pasto da usare o perché c’è uno sconto che lo scanner non ha preso e soprattutto perché non è da tutti seguire quella semplice – eppur complessa – procedura che ti porta sempre e comunque a sbagliare qualcosa. Meglio la buona e vecchia cassiera.

L’uscita

Uscito dal supermarket, sempre se ti ricordi da quale ingresso sei entrato (Nord o Sud? Est o Ovest? Boh, mi ricordo che entrando ho trovato la Bata…o forse era la Globo?), non avrai più la forza e il tempo di andartene a spasso per altri negozi. E’ ormai orario di chiusura e tu ricordi vagamente di esserci entrato dopo pranzo, quando ancora fuori splendeva il sole. Dopo aver ritrovato (a fatica) la macchina, ti calerai la mano in tasca e trovando lo scontrino ti chiederai: “come ho fatto a spendere 100 euro per due buste?”. Già.

2. Spesso hanno prezzi più alti rispetto al piccolo supermercato sotto casa

Chi è abituato a fare la spesa seguendo la rigida logica delle offerte da volantino, quindi in grado di frequentare anche due o tre supermercati in un giorno, e mette un po’ di attenzione sui prezzi pieni e non solo sulle offerte, si renderà conto che tra un supermercato e l’altro lo scarto di prezzo è davvero minimo. Se la giocano sui centesimi. Chiaro che questa comparazione non vale tra supermercati e discount. Per i discount, che trattano prodotti sottomarca (ma spesso di qualità uguale alle marche più note) la logica è diversa. Il paragone va fatto tra GDO (grande distribuzione organizzata) dello stesso livello (es. tra Coop e Conad). Quindi se andiamo a paragonare le GDO, scopriremo che molto spesso i prezzi sono uguali, anzi, il piccolo supermercato sotto casa (che spesso appartiene a una GDO) arriva anche a praticare prezzi di poco inferiori rispetto al supermarket del centro commerciale.

Fai una prova

Fai una lista di una decina di prodotti da comparare, stessa marca, stesso peso e di diverso genere (es. pasta, snack, detersivo, vino, olio, ecc.) e vai in un centro commerciale, segna i prezzi e poi vai al supermercato sotto casa. Scoprirai che i prezzi si differenziano di pochi centesimi. Per i prodotti insaccati o venduti a peso è sufficiente calcolare il prezzo al kilo, spesso riportato in piccolo sull’etichetta del prezzo esposto sullo scaffale. Alla fine ti renderai conto che facendo la spesa al supermercato sotto casa avrai fatto un affare: i prezzi sono pressappoco uguali, eviti lo stress da parcheggi, da folla, da fila in cassa e puoi pure scegliere il carrello!

3. I centri commerciali sfruttano i dipendenti

Nota dolente, che è venuta a galla negli ultimi anni quando qualcuno si è reso conto che è inumano far lavorare la gente anche la domenica e i giorni festivi (capodanno, Pasqua, ecc.). I casi di sfruttamento dei lavoratori nei centri commerciali sono all’ordine del giorno. Basta leggere questo interessante reportage dell’Espresso per capirlo. Turni massacranti, aperture straordinarie e diminuzione del personale connesso all’aumento del carico di lavoro rendono la vita in queste moderne cattedrali un vero inferno.

Nel centro commerciale in cui sono andato per anni, per esempio, il personale è passato, in 15 anni, da 120 dipendenti a circa 40, anche a causa dell’introduzione delle casse automatiche. Oggi, su circa 20 casse, solo due sono aperte, tre o al massimo quattro nei giorni prefestivi.

La gestione prettamente familiare dei piccoli supermercati, invece, è certamente più distensiva e rispettosa dei diritti dei dipendenti. Quanti sono i piccoli supermercati aperti anche la domenica? Se lo fanno, probabilmente, è per volontà, non certo per costrizione calata da un lontano e sconosciuto CdA, con cui i dipendenti non possono assolutamente rapportarsi.

4. I centri commerciali sottraggono suolo

Un centro commerciale di medio-piccole dimensioni è grande circa 15.000 mq, ossia un ettaro e mezzo di terra. A Segrate, vicino Milano, sorgerà presto ciò che viene definito il centro commerciale più grande d’Europa, con 185.000 mq, ossia quasi 20 ettari di terra. Moltiplica 15000 mq per 1000 (il numero dei centri commerciali attivi in Italia) e capiremo l’enorme quantità di terra sottratta per creare cattedrali dello shopping di cui, onestamente, possiamo farne a meno. Perché la quantità di terreno sottratto, ossia 1500 ettari (stima al ribasso) sarebbe sufficiente, se coltivata, a sfamare per un anno una Regione grande quanto il Lazio.

Curioso che in Lombardia si saluti con entusiasmo il nuovo centro commerciale (che sorgerà, spero di no, nel 2019), elogiandone la grandezza e il lusso, mentre al contempo il lungimirante Trentino delibera lo stop definitivo a centri commerciali di grandezza superiore a 10.000 mq, per tutelare e favorire il piccolo commercio e la vocazione montana. Il Trentino non è grande quanto la Lombardia, certo, ma dimostra – nel suo piccolo – che la terra è più importante del cemento e che i borghi vanno valorizzati, anche grazie alla vivacità del commercio cittadino.

5. Muore il centro cittadino

Il vero cuore di ogni città italiana sono le attività commerciali del centro che però stanno progressivamente morendo per molte ragioni. Un interessante studio di Confcommercio mostra come dal 2008 al 2015 in Italia, soprattutto al Sud, siano sensibilmente diminuite le piccole attività commerciali del centro contestualmente alla crescita delle attività di ristorazione e del commercio ambulante. Ciò vuol dire due cose: chi prima aveva un negozio molto probabilmente ha optato per l’attività di ambulante, con meno costi (ma più fatica…) e, a causa dell’aumento dei flussi turistici in alcune zone e del conseguente aumento del costo degli affitti, gli unici a potersi permettere un locale in centro sono i gestori di bar, ristoranti e fast food. E’ il caso di Lecce, citato da Confcommercio come città col peggior rapporto popolazione/numero di negozi, ma preda dell’assalto nel centro storico di locali di street food, che esasperano i piccoli commercianti. Ma basta guardare anche il caso di Matera che, come Capitale della Cultura 2019, paradossalmente sta cacciando via attività storiche e librerie per far posto a chi può permettersi affitti da capogiro.

La causa della morìa del piccolo commercio, però, è legata principalmente all’aumento vertiginoso negli ultimi anni dei centri commerciali, che hanno inglobato al proprio interno negozi di ogni genere, costringendo talvolta i negozi in franchising, spesso presenti in centro, a trasferirsi all’interno dei centri commerciali.

Il caso di Trieste

Tuttavia i gestori dei negozi del centro cittadino, spesso aiutati da una lungimirante politica locale, hanno saputo dare una risposta alla morìa del commercio in centro, grazie a innovativi servizi al cliente, tradotti nel concetto di centro commerciale diffuso. Il caso di Trieste è interessante e unico nel suo genere, ma molte città d’Italia – forti della cooperazione tra commercianti e con l’aiuto degli amministratori locali – hanno seguito l’esempio, fornendo servizi tipici di un centro commerciale…ma nel centro città.

Del resto ciò che un centro commerciale, seppur moderno, non è in grado di offrire è proprio il rapporto diretto, e spesso amicale, tra gestore del negozio e cliente: il rispetto delle esigenze del cliente, il servizio pre e post vendita, i consigli e i favori tipici del vecchio rapporto umano basato sulla fiducia, sono elementi che nessun centro commerciale può mai mutuare e che rappresentano la vera forza del negozio sotto casa.

Tra l’altro va sfatato il mito per cui i prezzi dei negozi del centro sono più alti rispetto ai centri commerciali. Al netto di promozioni, sconti speciali e fumo negli occhi, se si guarda bene a fondo, i prezzi non sono poi così diversi, ma l’assistenza, quella sì, non ha prezzo e spesso viene servita gratis dal negoziante sotto casa, insieme agli sconti, che i clienti – in una strana logica di forti con i deboli e deboli con i forti – pretendono dal negozietto del centro ma si spaventano a chiedere nel centro commerciale, anche quando si tratta di un paio di centesimi.